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Dipendenti pubblici: importante assumere i più bravi*

Sull’onda della pandemia e con minori vincoli sul turnover, il governo pianifica nuove assunzioni per rafforzare il pubblico impiego. È però fondamentale capire come attrarre i giovani più capaci e motivati. E come selezionare i profili più adatti.

Nuove assunzioni nel pubblico impiego

La crisi sanitaria sembra accelerare un già timidamente intrapreso cambio di marcia nelle politiche del pubblico impiego in Italia: dopo una lunga fase di ridimensionamento della compagine, vanno ora verso nuove, rapide e massicce assunzioni.

In un precedente articolo avevo evidenziato i principali effetti che le politiche di blocco (parziale) del turnover adottate nell’ultimo decennio hanno avuto sulla dimensione e sulla composizione del pubblico impiego. Lo squilibrio demografico che ne è conseguito, complice una diffusa carenza di appropriate infrastrutture tecnologiche, ha certamente reso più difficile, durante l’emergenza sanitaria, l’adozione di modalità di lavoro a distanza, in grado di garantire la continuità nella fornitura dei servizi.

L’allentamento dei vincoli sul turnover, previsto già a partire dal 2019, consentirà l’inserimento di lavoratori più giovani nella forza lavoro pubblica, ma allo stesso tempo riafferma la necessità di intervenire sulla capacità della Pa di attrarre lavoratori capaci e motivati (“autoselezione”) e di selezionare tra questi i profili più adatti.

L’autoselezione dei lavoratori

L’autoselezione è fondamentale in un sistema in cui è particolarmente difficile misurare la performance, sia a livello individuale che di ente, e quindi disegnare un sistema di incentivi in grado di premiare i lavoratori più meritevoli.

In un lavoro pubblicato nel 2016 avevo analizzato le determinanti della scelta di lavorare nel settore pubblico utilizzando un insieme di domande appositamente inserite nell’Indagine sui bilanci delle famiglie del 2014 svolta dalla Banca d’Italia. In base alle evidenze raccolte, i fattori che inducono a scegliere l’impiego pubblico sarebbero soprattutto di natura non monetaria: la stabilità del rapporto di lavoro, le possibilità di conciliazione vita-lavoro, il contenuto del lavoro in termini sia di utilità sociale (come evidenziato recentemente in un altro contributo), sia di coerenza con il percorso di studi seguito (figura 1). Le prospettive di carriera, per contro, rendono il pubblico impiego significativamente meno attraente del privato, in particolare tra i lavoratori più istruiti e, tra questi, ancor più per i più capaci (qui definiti come coloro che hanno impiegato meno tempo a conseguire il titolo di studio).

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Similmente, in un altro lavoro, avevo mostrato come aspettative di maggiore precarietà nel settore pubblico allontanassero i giovani più brillanti. Ciò avverrebbe soprattutto laddove la durata attesa del precariato è maggiore e le prospettive di stabilizzazione una volta assunti più incerte non solo nella probabilità e nei tempi, ma anche nei criteri di merito.

Agire su questi punti di debolezza – ad esempio con la costruzione di una struttura salariale meno compressa, la previsione di un sistema di accesso agli incarichi dirigenziali che risulti meno legato all’età anagrafica del dipendente, percorsi di ingresso con traiettorie e criteri di passaggio dal tempo determinato al tempo indeterminato chiari – permetterebbe al settore pubblico di attrarre in misura maggiore i giovani più preparati.

Le modalità di selezione

Nel processo di selezione, invece, è urgente individuare le aree e le competenze da potenziare e pianificare un sistema di assunzioni che consenta davvero di reclutare i giovani più capaci e motivati.

Innanzi tutto, quindi, bisogna ricercare profili più specialistici e disegnare prove di concorso effettivamente in grado di premiarli. L’uso di prove incentrate su conoscenze teorico-nozionistiche determina inevitabilmente una forte prevalenza dei profili giuridici tra i dipendenti della Pa (circa il 30 per cento).

Ma è anche importante procedere ad assunzioni con cadenza regolare nel tempo senza ricorrere a “maxi concorsi” una tantum. Questa tipologia di concorsi non è solo più problematica in termini di sostenibilità finanziaria, con il rischio di indurre poi nuove restrizioni alle assunzioni, ma tende naturalmente a prediligere profili generalisti. Soprattutto rischia di escludere molti potenziali candidati che hanno già un impiego o che stanno ancora studiando e non possono dedicarsi a tempo pieno alla preparazione della prova di concorso. Secondo i dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie del 2014, infatti, il costo opportunità di preparare un concorso pubblico è elevato: coloro che ne hanno superato uno hanno studiato in media cinque mesi e quasi metà di loro in quel periodo non ha svolto nessun’altra attività di studio o di lavoro.

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* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autrice e non investono la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza.

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  1. Savino

    E invece si preferisce qualche gaffeur a fare il Commissario alla sanità calabrese perchè ha la tessera di partito o è barone universitario trucca.concorsi o bisogna garantire un dopolavoro ad un generale. Capite da soli perchè l’Italia non va avanti, perchè ha tromboni e trombati da sistemare. Nella mega fascia di età 25-55 anni c’è tutta la nostra potenziale classe dirigente inutilizzata, inascoltata, sottovalutata e sottopagata tra ricercatori, scienziati, medici, giuristi, economisti, ingegneri, architetti, politici, sociologi, filosofi, artisti ecc.

  2. Marcello

    E se cominciassimo a parlare anche di numeri? Qual è il numero di dpendenti pubblici al netto del settore sanitario educativo, miltare e della sicurezza? Perchè non ci domandiamo se una paese di 60 mln di abitanti può funziionare con un numero così basso di lavoratori pubblici? Facciamo un paragone tra i dipendneti pubblici impiegati nelle strutture amministrative dello stato, regioni, comuni e quelli degli altri paesi europei? Cosa scopriremmo? che i paesi modello hanno multipli di 3, 4 o più volte. Cosa dire dell’informatizzazione della PPAA? Andate in unqualsiasi ministero e guardate con quale hardware e software operano i dipendenti pubblici. Infine le assunzioni e le retribuzioni. Era il 1977 ed erouno studente liceale e ricordio ancora i decreti Stammati che introducevano il blocco delle assunzioni e quella iattura del principio della “spesa storica” nel bilancio delle PPAA. Quanti sono i dipe pubblici x 1000 lavoratori privati? Quando introdurremo quella rivoluzione che è lo zero based budget? Ogni anno in Italia si dottorano circa 9 mila dot. di ricerca, vogliamo cominciare a offrire delle mansioni a queste eccellenze? .Vogliamo offrire un’opportunità ai nostri laureati? L’università ha perso oltre il 25% degli studenti che il settore privato arretrato non li vuole. Vogliamo dargli degli stipendi e delle carriere decenti? E’ come la legge per Roma Capitale tutti la vogliono ma nessuno la fa e allora giù con l’anedottica da avanspettacol

  3. Firmin

    Attenzione a non inserire persone “troppo” dinamiche e brillanti in una struttura obsoleta. Si rischia di perdere in pochi mesi oppure di stressare una macchina già al collasso. Sarebbe come mettere Hamilton alla guida di un taxi malandato nel traffico di Napoli. Se non si riformano norme, procedure e controlli ho l’impressione che i giovani più brillanti faranno bene a stare alla larga dalla PA.

  4. Leo

    Le buone prassi per assumere persone valide e motivate sono note a tutti purché lo si voglia.
    Personalmente per indurre un circolo virtuoso inizierei con l’abolizione della pratica della stabilizzazione; se si elimina questa pratica si elimina automaticamente anche il grosso del precariato nella Pubblica Amministrazione.
    L’attuale numero di precari nella Pubblica Amministrazione è del tutto immotivato ed è funzionale alla “penultima stabilizzazione” prima dell'”ultima stabilizzazione”.

  5. Maria Cristina Migliore

    La P.A. ha bisogno non solo di competenze diverse da quelle giuridiche, ma anche di personale aperto alla collaborazione, all’innovazione, alla creatività. Come valutare questo tipo di competenze? Le imprese private cercano le soft e social skill. E la Pubblica Amministrazione? Il Formez o altri enti si stanno occupando di capire come selezionare il personale più adatto a rendere un servizio che deve essere di tutela dell’interesse pubblico in un mondo che cambia velocemente?

  6. stefano Guffanti

    mi occupo di p.a. prima nel privato e poi nel pubblico da circa 25 anni e sento sempre gli esperti oscillare tra 2 posizioni: chi da un lato vorrebbe selezionare ogni posizione lavorativa attraverso concorsi pubblici (con i noti problemi in parte evidenziati dall’autrice e con altri problemi noti a chi lavora nella p.a.) e chi vorrebbe una sorta di spoil system. Non pensa che si potrebbero introdurre meccanismi di quasi-mercato che riducano al minimo i concorsi pubblici (uno per entrare nella pa come funzionario e uno per diventare dirigente) agendo sulla mobilità ? Oggi se un dipendente pubblico non viene valorizzato nell’ente in cui lavora non può “mettersi sul mercato” perchè il suo trasferimento dipende dal parere positivo dell’ente e spesso resta ostaggio di questa situazione perdendo ogni motivazione. Se si stabilisse invece che un lavoratore di un comparto pubblico (Regioni enti locali, Sanità, Ministeri etc…) abbia diritto al trasferimento in un ente diverso se questi è disposto pagarlo meglio si creerebbe un mercato virtuoso che, più dei troppo discrezionali e inefficienti meccanismi di valutazione, potrebbero premiare il merito guadagnato sul campo (non sempre i migliori laureati sono i migliori sul lavoro) . I dirigenti dovrebbero “conquistarsi” i lavoratori migliori e chi scegliesse incapaci o raccomandati perderebbe i lavoratori competenti che, come avviene nel privato, sarebbero liberi di cercare opportunità presso altri enti.

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