In Italia uno stesso dispositivo medico può avere un costo molto diverso a seconda dell’ospedale che lo acquista. Spuntano i prezzi migliori le stazioni appaltanti più grandi. Mentre i prezzi di riferimento avvantaggiano solo quelle meno competenti.

Un mercato da 120 miliardi

Il mercato europeo dei dispositivi medici (dai più semplici, come le siringhe, ai più complessi, come stent e protesi) vale circa 120 miliardi di euro nel 2018. Nel sistema sanitario pubblico italiano l’acquisto di questi dispositivi è decentrato a livello di singoli ospedali e Asl, oppure è delegato a centrali uniche d’acquisto regionali. Si verifica dunque spesso che due acquirenti diversi paghino un prezzo differente per lo stesso dispositivo. Per alcuni prodotti la variabilità nei prezzi è molto elevata, e già in passato ciò ha alimentato discussioni e polemiche (qui) che si sono riproposte più di recente con l’emergenza Covid-19. In quest’ultimo caso, il problema è stato anche amplificato dalla scarsità nell’offerta di alcuni dispositivi di fronte al picco di domanda.

Quanto contano grandezza e competenza

In un recente lavoro (qui) abbiamo studiato la distribuzione dei prezzi pagati da singoli ospedali e Asl in Italia per l’acquisto di dispositivi medici standard (bende e siringhe) nel 2013. Per esempio, come illustra la Figura 1, il prezzo medio pagato per un particolare tipo di siringa risulta molto diverso a seconda della stazione appaltante che lo acquista.

Figura 1 – Distribuzione media dei prezzi unitari d’acquisto nelle gare pubbliche d’appalto per un particolare tipo di siringa, 2013.
Fonte: elaborazione degli autori su dati Anac.

Per contrastare la variabilità nei prezzi e razionalizzare la spesa sanitaria sul territorio nazionale, il 1° luglio 2012 vennero introdotti i “prezzi di riferimento”, consistenti in un limite superiore al prezzo unitario di acquisto di alcuni dispositivi medici. I limiti vennero poi eliminati il 2 maggio 2013 dal Tar di Roma (per essere poi reintrodotti nel 2016). La discontinuità nell’applicazione dei prezzi di riferimento in Italia tra il 2012 e il 2013 consente di confrontare l’efficienza delle stazioni appaltanti nel riuscire a ottenere un prezzo d’acquisto migliore in presenza o in assenza degli stessi.

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Con i dati a nostra disposizione, riferiti all’anno solare 2013, stimiamo il costo marginale dei dispositivi medici e individuiamo le stazioni appaltanti che acquistano gli stessi a prezzi sistematicamente più vicini o lontani dal costo marginale: in questo modo definiamo “competenti” le stazioni appaltanti che concludono efficientemente gli acquisti, comprando a prezzi vicini al costo marginale.

I nostri risultati mostrano che le stazioni appaltanti che riescono a risparmiare di più sono quelle più grandi e quelle con più alte competenze tecnico-amministrative. Con un’analisi di regressione, che tiene conto – tra le altre cose – delle caratteristiche osservabili delle stazioni appaltanti e delle quantità acquistate, abbiamo quindi studiato l’impatto della politica dei prezzi di riferimento sul costo delle gare. Per una tipica gara dal costo di 20 mila euro effettuata nel 2013, mostriamo che, in media, l’introduzione dei prezzi di riferimento ne riduce il costo di quasi 800 euro (pari al 4 per cento del suo costo).

Come mostra la Figura 2, si osservano però rilevanti differenze tra le stazioni appaltanti a seconda della competenza misurata. Infatti, il prezzo di riferimento è capace di ridurre il costo della gara di ben 3.600 euro (pari al 18 per cento del costo totale) nel 25 per cento delle stazioni meno competenti (Q1, quelle che mediamente acquistano a prezzi più alti); negli altri casi la riduzione di costo è inferiore o scompare, o registra un’inversione con un incremento di costo pari a 1.700 euro (pari all’8,5 per cento del costo) nel 25 per cento delle stazioni più competenti (Q4).

Figura 2 – Variazione del costo di una tipica gara pubblica d’appalto, per quartile di competenza della stazione appaltante (le linee verticali riportano gli intervalli di confidenza delle stime).
Fonte: elaborazione degli autori su dati Anac.

In generale, riscontriamo dunque un effetto positivo della politica dei prezzi di riferimento, che porta a una riduzione del costo medio delle gare e a un calo nella dispersione dei prezzi. Ne pagano però le conseguenze le stazioni più competenti, che vedono salire i propri costi di acquisto come risultato dell’ancoraggio ai prezzi di riferimento.

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Dai nostri risultati emergono due principali implicazioni. La prima si riferisce al fatto che la dimensione e la competenza della singola stazione appaltante si traducono direttamente in riduzioni di prezzo d’acquisto dei dispositivi medici standard. Questo dà sostegno alla creazione di centrali uniche di acquisto a livello regionale che concentrino competenze per la gestione di appalti di beni e servizi sanitari.

La seconda si riferisce al fatto che i prezzi di riferimento determinano una minore discrezionalità della stazione appaltante nel gestire la gara d’appalto. Dai nostri risultati si ricava che mentre questa politica ha effetti positivi per le stazioni appaltanti meno competenti, aumenta invece i costi per quelle più capaci. Ciò suggerisce che, per esser efficace, tale politica dovrebbe essere applicata in modo differenziato, ovvero dovrebbe esser imposta in modo stringente alle stazioni appaltanti meno performanti mentre si dovrebbe lasciare discrezionalità alle stazioni appaltanti che hanno dimostrato maggiore efficienza nella gestione delle precedenti procedure di gara.

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