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Posti di lavoro disponibili: quanti sono davvero?

Attraverso la piattaforma Moo i navigator hanno effettuato una capillare ricognizione dei fabbisogni occupazionali in Italia, con numeri di gran lunga più bassi di quelli dell’indagine Excelsior. E la risposta non è solo investire nella riqualificazione.

Un milione di posti di lavoro?

Uno dei temi più dibattuti nel mercato del lavoro è la difficoltà di reperimento di figure tecniche-specialistiche o operaie qualificate. Più ardui da reperire sono, ad esempio, gli specialisti di saldatura elettrica o i tecnici programmatori. Si tratta di un esercito potenziale di nuovi ingressi nel mercato del lavoro, stimato da Excelsior nel 2020 in quasi un milione di opportunità di lavoro, che non si realizzano perché non ci sono candidati oppure perché questi hanno una preparazione inadeguata.

Figura 1 – Entrate totali e relativa difficoltà di reperimento


Fonte: Excelsior Informa, anno 2020

In Italia ci sono circa 2,5 milioni di persone in cerca di occupazione (tra cui inoccupati, percettori di reddito di cittadinanza e beneficiari di Naspi), basterebbe quindi costruire un sistema di academy o di percorsi professionali/Its per colmare il divario di competenze e facilitare così l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Questo è un tema ricorrente, è ormai diventato un leitmotiv delle politiche attive del lavoro.

Tuttavia, prima di investire ingenti somme in formazione professionale, sarebbe opportuno rispondere a una semplice domanda: esiste veramente un milione di posti di lavoro per cui la manodopera è difficile da reperire? In questa sede non si mette in dubbio la bontà dell’indagine Excelsior (oltre 300mila aziende contattate in un anno), qualsiasi indagine quali/quantitativa in merito otterrebbe risultati analoghi, ma c’è una differenza notevole tra rispondere a una rilevazione anonima (dove prevale nelle risposte una sorta di “desiderabilità sociale” da parte dell’azienda intervistata) e la concreta azione di pubblicare, assumere e pagare adeguatamente un dipendente.

Il “censimento” realizzato dai navigator

Infatti, per comprendere il reale fabbisogno occupazionale delle imprese italiane, basta osservare l’attività realizzata dai navigator in questi ultimi sei mesi, attraverso la piattaforma Moo: si tratta di un vero e proprio censimento delle imprese italiane che negli ultimi anni hanno avuto una movimentazione delle comunicazioni obbligatorie. Il dato opportunamente elaborato è stato successivamente confrontato con i registri imprese delle Camere di commercio per verificare se l’impresa fosse ancora attiva.

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Originariamente doveva essere un semplice resoconto dell’interesse da parte delle imprese a essere contattate dai centri per l’impiego per segnalare curriculum in caso di vacancies, ma quasi immediatamente si è trasformato in una vera e propria campagna di marketing territoriale, la più rilevante e importante attività di ricognizione dei fabbisogni occupazionali da parte dei servizi pubblici per l’impiego, in circa sei mesi i quasi 3 mila navigator hanno contattato oltre 310 mila aziende.

Mai nella storia del nostro paese è stata realizzata un’attività così impegnativa di raccolta dei fabbisogni occupazionali, ma a differenza dell’indagine Excelsior, in questo caso i posti disponibili venivano immediatamente pubblicate sui portali pubblici territoriali oppure incrociati con il database dei Cpi, favorendo immediatamente l’attività di incontro domanda e offerta di lavoro, totalmente gratuita per l’impresa.

Purtroppo, da questa attività non emerge un milione di potenziali posti di lavoro, le vacancies disponibili in tutta Italia raccolte dai navigator sono state appena 13 mila, a queste se ne aggiungerebbero ipoteticamente altre 26 mila (tra queste posizioni programmate però alcune sono attività stagionali).

Sicuramente la raccolta di informazioni da parte di Excelsior e dei navigator non ha coinvolto le stesse imprese, tuttavia la differenza tra un milione e 13 mila (o 40 mila nella versione estesa) è notevole. Possiamo ipotizzare che Excelsior ha raccolto fabbisogni occupazionali strategici per l’evoluzione delle imprese in Italia, mentre i navigator hanno fatto una fotografia del mercato del lavoro relativo ai servizi di intermediazione pubblici per l’impego.

Quello della Piattaforma Moo è certamente un quadro non esaustivo, perché bisogna tenere in considerazione una serie di fattori, quali:

(1) mancano all’appello le nano-imprese che sono a netta maggioranza tra le aziende italiane (per una stima sui posti vacanti in Italia si rimanda all’indagine Vela dell’Istat, che nel 2020 ne calcola circa 230mila);

(2) alcune aziende non erano interessate ai servizi offerti dai navigator (dato che si tratta di un progetto sperimentale, il numero di rifiuti può essere stato anche elevato);

(3) il numero di aziende contattate e di vacancy raccolte poteva essere molto più elevato se alcuni contesti territoriali fossero stati più collaborativi;

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(4) probabilmente molte aziende erano già in grado, attraverso altre risorse o canali di reclutamento, di reperire forza lavoro.

Resta comunque che un numero così basso di posti disponibili raccolti dai navigator è sintomo di malessere economico e pone tutta una serie di considerazioni sui fabbisogni occupazionali, quali:

– la necessità, se possibile, di inserire nell’indagine Excelsior domande dedicate a quanto “investono” le imprese nell’attività di reclutamento e selezione e altre domande dedicate alle retribuzioni (la difficoltà di reperimento di manodopera qualificata da parte delle imprese potrebbe essere causata anche da offerte economiche troppo basse);

– se è presente un gap di competenze, per evitare investimenti in formazione professionale che non producono esiti occupazionali certi, sarebbe opportuno e fondamentale attivare progetti di co-finanziamento tra l’attore pubblico e il privato.

– Sarebbe opportuno che Anpal o il ministero del Lavoro pubblicassero i risultati della rilevazione sui fabbisogni occupazionali ottenuti dalla piattaforma Moo, uno dei pochi successi dalla Fase II del reddito di cittadinanza e che tale attività abbia anche una continuità nel tempo.

Infine, un numero di vacancies così ridotto solleva non pochi dubbi sul fatto che l’alternativa a forme di sostegno al reddito possa essere rappresentata solo dal leitmotiv “riqualificazione/intermediazione” (verso quale domanda di lavoro?), mentre sarebbe necessario integrarli con strumenti di creazione diretta del lavoro e per i soggetti più istruiti o motivati forme di mobilità occupazionale (al momento in Europa ci sono 2.6 milioni di posti di lavoro disponibili), tutto questo in attesa di investimenti in sviluppo economico grazie al Recovery Fund.

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12 commenti

  1. Savino

    E’ una nazione per vecchi con una mentalità da vecchi. Dobbiamo dare una mano ai nostri giovani, non abbandonarli sulle tastiere dei pc e sui divani di casa, orientandoli su scuola, università e formazione, orientandoli sulle scelte del futuro nel mercato del lavoro. I genitori e i nonni, invece, pensano solo a fare soldi, a fare truffe e a prendere tangenti.

  2. Manuel

    Da considerare il limite del primo contatto telefonico senza una adeguata campagna informativa con il rischio di essere scambiati per operatori “call-center”.

  3. Enrico D'Elia

    Mi meraviglio della meraviglia dell’autore. Da parecchi anni anche l’ISTAT fa delle rilevazioni sulle vacancies, che oscillano da tempo attorno all’1% degli organici, che corrispondono a circa 180.000 dipendenti. Si tratta di cifre non lontanissime da quelle dei navigator (tenuto conto anche che questi indagano solo il settore privato) e molto più modeste di quelle riportate da Excelsior, che probabilmente segnala le aspirazioni delle imprese più che i loro reali bisogni. Pianificare la formazione in base ai dati Excelsior sarebbe dunque molto imprudente, oltre che costoso. Se c’è davvero bisogno di particolari competenze, lasciamo che siano le imprese a formarle a fronte di sgravi fiscali. Ma non mobilitiamo la scuola pubblica per creare professionalità che probabilmente tra pochi anni saranno già obsolete.

    • Lemmy

      Scusate ma forse le differenze rilevate sono nel concetto di vacancies: stiamo parlando di teste o di contratti. Credo che si stia parlando di questi ultimi… ovvero delle opportunità di lavoro attivate. I comunicati INPS relativi ai contratti attivati nel 2019 (Osservatorio sul precariato) parlano più di 6 milioni di assunzioni… il numero è assai elevato perché comprende anche le trasformazioni di contratto, ma al netto di queste credo che i numeri siano compatibili con le ricerche che parlano dei flussi di attivazione. La fonte COB del Ministero del Lavoro parla di 8,7 milioni di assunzioni nel 2019 anche qui con un campo d’osservazione dissimile. Ci sono le piccole imprese ed i contratti a tempo determinato.

  4. bob

    è una analisi monca. A mio avviso di posti di lavoro ce ne sono molti più di un milione. Senza linee guida di una politica di sviluppo industriale e territoriale, ma soprattutto senza una riforma fiscale rivolta al tema delle assunzioni non si va da nessuna parte. Un milione di posti di lavoro li darebbe solo il comparto dell’edilizia, ma provate a verificare quanto costa un muratore ad un azienda. costi che in minima parte vanno nella tasca del muratore stesso.
    Indico il comparto edile perchè l’esigenza di “ristrutturare” il Paese ormai non si può rimandare.
    Dire che mancano figure professionali così esposto è uno slogan

  5. Davide

    Ma non saranno un po’ troppe queste rilevazioni? Comparare pseudo censimenti con indagini campionarie non credo sia la cosa migliore da fare e l’articolo un po’ mi sorprende. Al di la delle stime e delle dichiarazioni di intenti il vero problema è la carenza di domanda. La formazione fatta a vuoto, senza la garanzia di un posto di lavoro per chi ne usufruisce, non ha mai funzionato e mai funzionerà. Abbandoniamo il fallimentare concetto di occupabilità e poniamo l’attenzione sull’occupazione, sembra banale ma dopo 20 anni di fallimenti delle Politiche Attive è ora di cambiare rotta.

  6. luciano Forlani

    Bisognerebbe conoscere i dettagli dell’indagine MOO ma mi pare un contributo utile. Indipendentemente da chi le conduce (Unioncamere, Istat) ho sempre diffidato dei risultati delle indagini sui fabbisogni di personale delle imprese. Meglio, molto meglio analizzare ex post quantità e modalità del reclutamento di cluster di imprese. Cio’ dovrebbe valere sempre e ancor più in una fase di grande incertezza come quella attuale

  7. Luca

    Mi sembra di capire che Anpal paga unioncamere (circa 10 milioni di euro?) per fare l’indagine Excelsior e poi paga i navigator per fare un’altra indagine sullo stesso problema e lei rileva che uno dei due soggetti non dice la verità? Ho capito bene il suo pensiero?

    • alessandra navigator

      NO non ha capito affatto. L’indagine UnionCamer è previsionale ed è effettuata su di un campione di circa 9.000 imprese. I navigator contattano le imprese (tutte) una ad una e chiedono sia la disponibilità di loro offerte di lavoro sia della loro previsione di piani occupazionali, ovvero delle loro esigenze future. la prima è una indagine campionaria, la seconda è una rilevazione puntuale

  8. Lemmy

    I dati ufficiali dell’INPS parlano di 6,6 milioni di assunzioni nel 2019 https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=53338#
    e i dati Cob di 8,8 milioni di assunzioni… sono dati che includono anche le trasformazioni, ma al netto di queste gli ordini di grandezza mi pare siano compatibili. Ci sono i contratti a tempo determinato e quelli non di natura dipendente, nel complesso le imprese con dipendenti in Italia sono 1,3 milioni…6 milioni complessivamente.

  9. Stefano

    Non credo che Moo possa essere definito un censimento: ha sicuramente un lodevole obiettivo che è quello di raccogliere i fabbisogni delle imprese, ma come affermato dai gestori, lo fa in base alla maggiore propensione alle assunzioni sulla base delle comunicazioni obbligatorie passate. Questo è una buona cosa per ottimizzare il costo contatto ma intuitivamente mi viene da pensare che, se questa propensione è misurata sulle assunzioni passate, probabilmente si rivolge alle imprese più strutturate (grandi) che sono una ristretta minoranza (in Italia ci sono 6 milioni di imprese). Se si guarda il comunicato INPS sul 2018 (https://www.inps.it/NuovoportaleINPS/default.aspx?itemdir=52451&lang=IT) si legge “…Nel periodo gennaio-dicembre 2018, nel settore privato, le assunzioni sono state 7.424.293…” e quello sul 2019 (https://www.inps.it/NuovoportaleINPS/default.aspx?itemdir=53338&lang=IT) “…Negli undici mesi del 2019, nel settore privato complessivamente le assunzioni sono state 6.666.609…” e ancora nel 2020 (https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=54789) “…Le assunzioni nel settore privato nei primi dieci mesi del 2020 sono state 4.347.094…”. Qui si parla di assunzioni in termini di attivazioni di contratto, anche a tempo determinato forse di brevissimo periodo e per tutte le imprese, se si restringe alle assunzioni più stabili si arriva a numeri certamente inferiori ma sempre nell’ordine dei milioni non delle centinaia di migliaia.

  10. Renato Miceli

    Grazie per l’attenzione riservata al lavoro dei Navigator. Poiché sono tra coloro che sta portando avanti il progetto MOO, non posso che condividere le linee generali della sua analisi, precisando che il lavoro è partito meno di cinque mesi fa e sconta le difficoltà legate alla cattiva percezione della figura dei Navigator (ma anche dei CpI) presso le imprese. Molti sono stati i rifiuti, tante le difficoltà legate allo scarso aggiornamento dei dati iniziali, che ha portato via molto tempo ai Navigator impegnati a “mettere in qualità” le schede aziendali, prima di passare all’indagine. In generale concordo con il gap tra posti di lavoro teorici e reali (questi ultimi sono meno di un milione), ma sono convinto che dare continuità al progetto potrà fornire risposte sorprendenti. In positivo.

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