Il Pnrr compie un miracolo: riporta nell’agenda politica italiana il tema della non autosufficienza. Ci sono sfide ineludibili da affrontare per costruire un sistema di livello europeo, che garantisca servizi di qualità domiciliari e residenziali.
La non autosufficienza nel Pnrr
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza annuncia una “riforma volta alla non autosufficienza […] [che] affronti in maniera coordinata i diversi bisogni che scaturiscono dalle conseguenze dell’invecchiamento, ai fini di un approccio finalizzato ad offrire le migliori condizioni per mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile in un contesto il più possibile de-istituzionalizzato” (p. 45).
Il Pnrr compie dunque un miracolo: riporta nell’agenda politica italiana il tema della non autosufficienza, quasi 25 anni dopo la proposta della Commissione Onofri (1997). Dopo il pesantissimo tributo pagato dagli anziani durante la pandemia, va al governo il merito di avere riaperto il dibattito. Poiché il Pnrr non delinea ancora i tratti fondamentali della riforma, è utile richiamare le sfide ineludibili per dare all’Italia un sistema di long-term care di livello europeo.
Residenze: dobbiamo de-istituzionalizzare?
Qualsiasi sistema long-term care di un paese avanzato presenta un’articolazione complessa di servizi residenziali e domiciliari, oltre a soluzioni intermedie. Per offerta di servizi residenziali il nostro paese, si colloca agli ultimi posti (figura 1).
L’idea di smobilitare (“de-istituzionalizzare”) un settore che è già ridotto all’osso appare pericolosa. In struttura si entra a età avanzata, con ridottissima autonomia, spesso in presenza di demenza e dopo lunghi periodi di cure al domicilio. Il mancato investimento nelle residenze e l’idea di “riconvertire” le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) in alloggi protetti condannerà gli anziani più fragili a ricevere servizi inadeguati, come la pandemia ha purtroppo evidenziato.
Se c’è un ambito del Ltc dove servono investimenti strutturali e tecnologici, questo è il settore delle Rsa. Il Pnrr è un’occasione mancata di trasformarle in strutture più umane, gestite con più professionalità e risorse tecnologiche avanzate. Strutture più piccole e a ridotta intensità assistenziale sono le benvenute, ma non sono equivalenti funzionali delle Rsa.
Assistenza domiciliare: tra sanità e mercato
Le persone anziane che ricevono un servizio di assistenza domiciliare sono in Italia il 6 per cento: un dato che ci colloca in fondo alla classifica internazionale (figura 2).
Il Pnrr prevede un aumento dei servizi di assistenza domiciliare, destinandovi 4 miliardi. È sicuramente un buon punto di partenza. Tuttavia, le risorse vengono interamente destinate allo sviluppo dell’Adi (assistenza domiciliare integrata): un servizio gestito dalle unità sanitarie locali, specializzato in cure infermieristiche e riabilitative per periodi limitati, che non risponde alle necessità di una cura quotidiana e continuativa. La scelta di puntare sull’Adi è contraddittoria, ma comprensibile data la posizione privilegiata di cui la sanità gode nel nostro paese.
L’assistenza domiciliare fornita dai comuni – che offre cura della persona, aiuto domestico, sostegno alla mobilità, pasti caldi, e via dicendo – non è neanche menzionata.
Brillano per la loro assenza anche le badanti, che costituiscono il reale servizio di “assistenza domiciliare” utilizzato dalle famiglie italiane. Più di una famiglia ogni tre con un anziano non autosufficiente impiega una badante. Ma solo il 40 per cento di loro ha un contratto regolare. È urgente far emergere dal nero queste lavoratrici, così come sviluppare azioni per la loro qualificazione.
Oggi prevale in Italia una cura informale-di mercato, lasciata al fai da te delle famiglie, a cui si affiancano, in modo marginale, servizi professionali. La riforma dovrebbe avere alla base un’idea coerente e sostenibile di “cura”, in equilibrio tra informale e professionale, tra prestazioni sociali e sanitarie.
Investire nella riforma
Non esiste riforma senza un finanziamento specifico. Servono soprattutto risorse ordinarie, destinate a durare nel tempo. E serve, come nel caso dell’assegno universale per i figli, un riordino delle misure esistenti.
Attualmente, sono due i canali di finanziamento principali: una quota di spesa sanitaria (12,4 miliardi annui) e una di spesa assistenziale, assorbita in gran parte dall’indennità di accompagnamento (13,5 miliardi annui). Queste risorse sono utilizzate in modo frammentato e poco efficace. Una vera riforma richiede un pooling delle risorse e la creazione di un fondo dedicato, come si è fatto in molte esperienze europee.
In questo quadro, la riforma dell’indennità di accompagnamento è ineludibile. L’assegno mensile (oggi di 522 euro) viene distribuito al 12 per cento degli anziani, senza condizionalità nell’uso, ed è spesso usato per assumere (in nero) una badante. Non prevede alcuna gradualità nell’importo, parificando ingiustamente persone con bisogni assistenziali molto diversi. Il mancato governo di queste risorse priva di fatto i servizi del carburante di cui hanno bisogno.
Peraltro, un incremento delle risorse finanziarie opportunamente orientato all’erogazione di servizi di qualità, sia domiciliari sia residenziali (compresa l’emersione delle badanti), contribuirebbe all’occupazione femminile e alle entrate fiscali, in un’ottica di sostenibilità del sistema di welfare.
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PS
Come potrà esserci ripresa se:
– per fare qualsiasi cosa, costruzione o aprire attività, occorre sempre un permesso della corruzione pubblica?
– i criminali, quando sono comunisti, non pagano mai?
– se uccidi un ladro che timinaccia vieni condannato?
Quanto costa la Corruzione Pubblica in Italia?
Quanto costano i posti pubblici inutili in Italia?
Basterebbero queste due sole verifiche, tagliare il costo totalmente, per portare le tasse al 10% sul reddito netto.
JS
Dovreste commentare le parole dell’on. Sileri, quando afferma che dentro i ministero della salute ci sono funzionari che raccontano BUGIE. Non ha mai ricevuto i rapporti del CTS =comitato tecnico (scientifico?), che Ranieri Guerra non lavorarava a favore dei cittadini italiani.
Enrico
Bell´articolo. Pero´ non e´ chiaro perche´ si aspettino i fonmdi europei per questa riforma di razionalizzazione.
Il sospetto e´ che i fondi verranno usati per tutto, diluendone l´efficacia.
Alice
Cos’è la cura a lungo termine? Qual e’ la componente demografica anziana, con comorbilità, bisognosa di cura, nell’arco dei prossimi 50 anni?