Per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, il Pnrr di Draghi è assai diverso da quello di Conte. Prevede, infatti, la riforma nazionale attesa da decenni. Era la principale richiesta delle tante associazioni raccolte intorno alla proposta del Network.
Da Conte a Draghi
In una società contrassegnata dal progressivo invecchiamento della popolazione, l’assistenza agli anziani non autosufficienti dovrebbe rappresentare una questione centrale. Ancora manca, invece, la riforma nazionale necessaria per rafforzare e razionalizzare questo ambito del welfare, di cui si discute dalla fine degli anni ’90. La tradizionale disattenzione dello stato italiano in materia si ritrovava anche nella versione del Pnrr elaborata dal precedente governo. Infatti, all’assistenza agli anziani non autosufficienti erano lì dedicati investimenti limitati e frammentati ma – soprattutto – non vi era alcun progetto per il suo futuro.
Il Piano licenziato dal governo Draghi, invece, è nettamente diverso. La novità fondamentale è proprio la previsione della realizzazione della riforma nazionale del settore. Si tratta di una riforma organica, che comprende l’insieme degli interventi esistenti, appartenenti sia alla filiera delle politiche sociali sia a quella socio-sanitaria. Tale atto sarà finalizzato all’introduzione di livelli essenziali delle prestazioni rivolte agli anziani non autosufficienti. Si stabilisce, inoltre, che la riforma dovrà essere introdotta – attraverso un’apposita legge – entro il termine naturale della legislatura (primavera 2023), un passaggio di particolare rilievo perché la Commissione europea verificherà il rispetto delle scadenze indicate nel Piano. Il Pnrr delinea gli obiettivi della riforma in termini generali: il suo valore aggiunto, dunque, consiste nell’offrire un’opportunità storica di cambiamento e la capacità di coglierla dipenderà dall’effettivo disegno della norma (si vedano Ranci e Da Roit).
Gli investimenti – l’altra componente del Piano – sono stati incrementati rispetto alla versione precedente, in particolare con il passaggio da 1 a 3 miliardi per i servizi domiciliari. Inoltre, è cambiato l’approccio: viene ora viene dichiarato l’obiettivo dell’integrazione tra sociale e sanitario. Nonostante i passi in avanti, gli investimenti rimangono troppo limitati nelle risorse stanziate così come negli interventi previsti, concentrati sulla sola domiciliarità. In ogni modo, è nelle riforme che il Pnrr può fare la differenza.
Perché nasce la proposta
A gennaio, dopo aver constatato la debolezza del Piano presentato dal precedente governo, il Network Non Autosufficienza ha deciso di elaborare una propria proposta, sostenuta da un’ampia coalizione di soggetti sociali. L’obiettivo principale consisteva nello sfruttare l’opportunità offerta dal Piano per avviare la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. L’altro obiettivo risiedeva nell’ampliamento degli investimenti, tanto nei fondi quanto nelle misure previste.
Tre motivi hanno spinto alla scrittura della proposta e alla successiva campagna per promuoverla. Primo, era paradossale che un Piano nato per rispondere alla pandemia dimenticasse proprio coloro i quali ne hanno pagato il prezzo maggiore, cioè gli anziani non autosufficienti. Secondo, si percepiva un’occasione, o una finestra di opportunità (nel linguaggio dei politologi). Si aveva, infatti, l’impressione che proprio a seguito di ciò che essi hanno vissuto con il Covid, una mobilitazione diffusa in favore degli anziani non autosufficienti avrebbe potuto trovare ascolto da parte delle istituzioni. Terzo, si riteneva il Pnrr uno strumento di policy particolarmente adatto: i suoi impegni vincolanti e i tempi prestabiliti a livello europeo ne facevano una possibilità unica per la riforma di un settore molto debole politicamente e assai complesso sul piano attuativo.
La domanda sociale e la tecnica
Alla base dell’azione per cambiare il Pnrr vi è stata l’aggregazione della domanda sociale. La proposta è stata inizialmente promossa e sostenuta da nove organizzazioni, alle quali successivamente si è unita un’ulteriore ampia e articolata platea di soggetti della società. L’ultimo appello a favore della proposta è stato firmato dalla maggior parte delle associazioni di anziani, di familiari, di operatori e di erogatori presenti in Italia. Mai, in precedenza, questo ambito del welfare aveva visto manifestarsi una domanda sociale così estesa e composita. Il mutuo sostegno tra i soggetti coinvolti, nondimeno, è andato oltre gli aderenti. Lo dimostra la costante collaborazione tra i sostenitori della proposta e i sindacati dei pensionati. Consapevoli di mirare allo stesso obiettivo (l’avviamento della riforma), utilizzando strumenti differenti, ci si è ripetutamente confrontati e si è agito in modo coordinato.
Inoltre, si è puntato sull’approfondimento tecnico come leva per acquisire credibilità nei confronti delle istituzioni. Si è, dunque, cercato di preparare un documento piuttosto dettagliato nei suoi contenuti operativi, che risultasse uno strumento utile ai decisori qualora fossero stati interessati a farlo proprio. Si è anche articolato il testo il più possibile nelle medesime voci previse dal Piano, così da incrementarne la fruibilità.
L’ascolto delle istituzioni
Il lavoro di pressione e sensibilizzazione, condotto attraverso canali formali e informali, è stato intenso. Il trascorrere delle settimane ha visto crescere i segnali nella direzione sperata, per esempio i numerosi riferimenti alla proposta contenuti della relazione sul Pnrr del Senato e alcune dichiarazioni pubbliche del ministro del Welfare di apprezzamento verso il documento. Alla fine, la principale richiesta avanzata – la riforma – è entrata nel Piano.
Venendo al ruolo delle istituzioni, tre sono gli elementi che ne hanno contraddistinto l’azione. Primo, la capacità di ascoltare una richiesta proveniente dalla società civile, per poi valutarla positivamente e agire di conseguenza. Secondo, il superamento dei propri confini interni. Nella non autosufficienza, infatti, è decisivo l’accordo tra i ministeri del Welfare e della Salute, abitualmente non semplice da raggiungere: questa volta lo si è fatto. Terzo, se è vero che alcune parti della proposta non sono state prese in considerazione nel Pnrr, è pur vero che il suo impianto riformatore è più solido di quello suggerito.
Nella narrazione prevalente, le istituzioni sono rappresentate lontane dalla società. In questo caso non è stato così.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Lascia un commento