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Reddito di cittadinanza: il contesto spiega i divari territoriali

Cosa si cela dietro la distribuzione eterogenea dal punto di vista territoriale del reddito di cittadinanza? Un’analisi a livello di comune mostra che i divari sono spiegati dalle caratteristiche socio-economiche e dalle differenze di capitale sociale.

Beneficiari del reddito di cittadinanza da Nord a Sud

Il recente dibattito pubblico ha puntato i riflettori sulla distribuzione dei percettori del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza (Rdc/Pdc), tutt’altro che omogenea. Come si può notare dalla tabella 1, i beneficiari di Rdc/Pdc non sono distribuiti uniformemente sul territorio nazionale, ma sono soprattutto concentrati nelle regioni meridionali e nelle isole, dove si trova il 60 per cento dei nuclei beneficiari e il 65 per cento degli individui destinatari del beneficio.

Un’analisi più approfondita mostra che le differenze sono ricollegabili alle disuguali condizioni sociali ed economiche che contraddistinguono le diverse aree del paese (si veda anche rapporto Inps). Per comprendere come le caratteristiche socio-economico locali influenzino la distribuzione territoriale dei percettori di Rdc abbiamo stimato un semplice modello di regressione lineare che considera come variabile dipendente l’incidenza del Rdc a livello comunale (definito come il rapporto tra numero di percettori di Rdc nel periodo che va da aprile 2019 ad aprile 2021 residenti nel comune e popolazione locale al 2020), e quali variabili esplicative una serie di caratteristiche socio-economiche del comune.

Mentre nei comuni del Nord in media circa il 2 per cento della popolazione risulta beneficiaria di Rdc, nei comuni del Meridione la percentuale è di circa il 6 per cento. In un modello di regressione in cui si include solo la dummy Sud si nota infatti una differenza di più di 4 punti percentuali. Tuttavia, una volta che si include tra i regressori la percentuale di contribuenti con reddito inferiore a diecimila euro (o in alternativa l’indice di vulnerabilità sociale e materiale o l’incidenza delle famiglie con potenziale disagio economico, Istat), il coefficiente si dimezza, implicando che la metà del gap è spiegato da differenze Nord-Sud in questa variabile.

La figura 1 mostra tre mappe comunali in cui sono indicate le distribuzioni (in quintili) della percentuale di percettori Rdc (in tonalità di verde), di contribuenti con meno di dieci mila euro (in tonalità di rosso) e di famiglie con potenziale disagio economico (in tonalità blu). I comuni colorati con tonalità più scure indicano una maggior concentrazione di percettori Rdc ovvero di contribuenti poveri o famiglie con potenziale disagio economico: come è evidente, in linea di massima, tutte e tre le cartine mostrano tonalità scure o chiare negli stessi comuni, evidenza di una forte correlazione tra i due fenomeni.

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Si noti che gli indicatori di povertà da noi considerati non tengono conto di eventuali differenze nel costo della vita (indicatori di questo tipo non sono disponibili a livello comunale), né d’altra parte la misura è strutturata in modo da tener conto di queste differenze.

Figura 1 – Incidenza percettori Rdc, dichiaranti Irpef minore di 10mila euro e incidenza famiglie con potenziale disagio economico

Fonte: elaborazione degli autori

La nostra analisi mostra inoltre che l’incidenza del Rdc aumenta all’aumentare del tasso di disoccupazione nel Sistema locale del lavoro di cui il comune fa parte e si riduce invece all’aumentare dell’occupazione e dell’istruzione media della popolazione. Una volta che si tiene conto anche delle caratteristiche del mercato del lavoro, essere residente al Sud non è una variabile rilevante nello spiegare l’incidenza di percettori di Rdc nella popolazione, suggerendo che la differenza Nord-Sud evidenziata nella tabella 1 è del tutto imputabile alle diverse condizioni socio-economiche che contraddistinguono le due aree.

Comportamenti opportunistici e capitale sociale

Anche se l’incidenza dei percettori di reddito di cittadinanza a livello comunale è associata alle condizioni di disagio in cui si trova una parte della popolazione italiana, non bisogna sottovalutare il fatto che può almeno in parte essere influenzata dal comportamento opportunistico, spesso evidenziato dai media, di individui che ottengono il beneficio pur non avendone il diritto. Poiché la letteratura economica ha spesso associato tali comportamenti al capitale sociale, ovvero a quell’insieme di caratteristiche della comunità legate al rispetto delle norme, alla cooperazione tra individui e al senso civico, abbiamo cercato di capire se alcune misure di capitale sociale (partecipazione al referendum del 2011, l’affluenza alle elezioni europee per il periodo 1979-2014 e pagamento canone Rai prima che fosse incluso nella bolletta) fossero associate all’incidenza del Rdc a livello comunale.

Le nostre analisi mostrano che, a parità di caratteristiche socio-economiche, il capitale sociale gioca un ruolo nello spiegare il fenomeno: un aumento del 20 per cento dell’affluenza alle urne (referendum 2011) è associato a una riduzione dell’incidenza dei beneficiari di circa il 7 per cento. Risultati che vanno nella stessa direzione sono ottenuti anche quando si considera la partecipazione alle elezioni europee, oppure il pagamento del canone Rai. I risultati restano validi anche quando, per evitare l’impatto di caratteristiche provinciali inosservabili che potrebbero influenzare sia le nostre misure di capitale sociale che il ricorso al Rdc, si stima un modello a effetti fissi provinciali. La stessa correlazione si evidenzia anche quando si considerano separatamente le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud: le stime mostrano che il capitale sociale ha un ruolo nello spiegare l’incidenza dei percettori di Rdc nella popolazione comunale in entrambe le aree del paese.

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Risultati che vanno nella direzione attesa si ottengono anche quando si considerano come variabili dipendenti l’incidenza delle domande respinte sulla popolazione locale e l’incidenza di quelle revocate, indicando che nelle aree a più basso capitale sociale c’è una maggiore tendenza a tentare di ottenere il beneficio anche quando non si posseggono i requisiti, nonché una maggiore presenza di comportamenti irregolari certificati.

Le diverse caratteristiche sociali ed economiche dei comuni sembrano quindi spiegare gran parte della distribuzione territoriale dei percettori, mentre il capitale sociale locale è correlato ai comportamenti impropri di chi se ne avvantaggia senza averne diritto. In un’ottica di rivisitazione delle modalità organizzative del Rdc, sarebbe quindi auspicabile rafforzare il ruolo svolto dai comuni, che dispongono di informazioni più accurate sullo stato di bisogno della popolazione. Ad esempio, le amministrazioni comunali potrebbero ridurre sensibilmente il tasso di domande revocate o respinte a causa di requisiti meramente anagrafici. Inoltre, rispetto alle domande respinte per margini esigui rispetto alle soglie, potrebbero porre in atto iniziative alternative di sostegno.

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Il Punto

  1. Michele

    Bell’articolo, grazie. A proposito di “Comportamenti opportunistici e capitale sociale” ho voluto confrontare storicamente i grafici delle figura 1 con quelli del referendum fra repubblica e monarchia del 1946 e coincidono sostanzialmente con le vostre analisi.
    Qui il grafico del referendum 1946 sul mio cloud di Google:
    https://drive.google.com/file/d/1lfpveO8jL3udIEEIXcGTR0Br5brFt2Dw/view?usp=sharing

  2. Giusepppe

    Sono disoccupato e non riesco a trovare lavoro perché considerato anziano a 61 anni . Ho finito la naspi e mi danno 79 € al mese di rdc con 5000,00 di isee corrente come faccio a vivere?ditemelo voi io non so piu cosa fare,vi sembra giusto?

    • Mahmoud

      Per chi vive situazioni di forte disagio, considerando ovviamente anche il capitale accumulato degli altri tra cui eventuali immobili di proprietà, i servizi sociali offrono una vasta rete di supporto. Chi è inabile al lavoro riceve, inoltre, un assegno di invalidità (di certo purtroppo molto baso dato che in troppi ne usufruiscono, alle volte non correttamente). Per guadagnare in via generale siamo una Repubblica fondata sul lavoro, che il comunismo l’ultima volta che ho controllato ancora non aveva democraticamente vinto.

    • Henri Schmit

      Dovrebbe esistere una regola che permette a coloro che perdono il lavoro (verso la fine della loro carriera professionale) di ottenere per cinque anni il rimborso delle tasse pagate nei cinque anni precedenti, a prescindere dall’ISEE.

  3. bob

    personalmente sono contrario a forme di finanziamento a pioggia come il reddito di cittadinanza che a mio avviso equivalgono ai finanziamenti ( molto più onerosi) che vengono elargiti soprattutto a specifici settori “produttivi” ( leggesi produttori di vino, trasporti etc) dove ci sono aziende che vivono solo di aiuti soprattutto in certe zone del Paese.

  4. Giuseppe Swmoli

    Il reddito di cittadinanza è l’oppio del sud e le votazioni lo dimostrano, Giuseppe Semoli

    • Giulio De Santis

      Tipica osservazione di chi parte dalle proprie conclusioni e poi va a cercare le prove. Vivendo a Napoli è evidente che il numero di famiglie che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese è alto, tra amici stretti e non: manca un mercato del lavoro disposto ad accogliere gli individui senza sfruttarli ed umiliarli, e non si tiene conto neanche dell’effetto della pandemia, per cui ad esempio i miei genitori pur lavorando (due lavori diversi) non riuscivano a portare avanti la barca; motivo per cui ho dovuto iniziare a lavorare, rallentare i miei studi universitari per dare una mano a casa e potermi permettere di curare ansia, depressione, ed altri problemi di salute che avevo rimandato per troppo tempo. Io ho avuto la fortuna di trovare un lavoro pagato bene ma se non fosse stato per la terapia non sarei riuscito neanche ad uscire di casa per un colloquio. Con un mercato del lavoro sano – che permette alla gente di avere una prospettiva di vita sul lungo termine e non la sopravvivenza giorno per giorno – vorrei proprio vedere chi metterebbe a repentaglio la propria fedina per avere un misero gruzzoletto(ma grande per chi non ha nulla) di, in media, neanche 600€ al mese.
      Senza contare il fatto che l’Italia è il paese in europa dove è più difficile creare impresa ma nonostante ciò è strapieno di imprese. Se gli italiani hanno tutta questa voglia di rischiare nonostante le enormi difficoltà che comporta mi chiederei quale sia la condizione del lavoratore dipendente e mi concentrerei leggermente di più sull’evasione fiscale dei fortissimi e bravissimi imprenditori piuttosto che di un manipolo di furbetti per i quali a quanto pare vale la pena far cadere in rovina migliaia e migliaia di famiglie. A quanto mi ricordo eravamo in condizioni pessime ancora prima dell’RdC, poi per carità, magari sarò io che soffro di demenza giovanile.

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