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Realpolitik della Cina in Afghanistan

Pechino cerca di mantenere buone relazioni sia con i talebani sia con l’attuale governo afghano. I suoi interessi sono legati essenzialmente alla Nuova via della seta. Difficile invece che voglia sostituirsi agli Stati Uniti come attore di sicurezza.

Interessi cinesi a Kabul

Alla vigilia del ritiro definitivo delle forze armate statunitensi dall’Afghanistan, mentre le cancellerie europee perdono forza, le relazioni diplomatiche tra Kabul e Pechino si sono intensificate. Il 24 agosto l’ambasciata cinese a Kabul ha ricevuto una delegazione dei talebani, ma già alla fine di luglio, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva incontrato il mullah Abdul Ghani Baradar. Pechino ha una lunga storia di collaborazione sia con i talebani che con l’attuale governo afghano. Oggi cerca di mantenere buone relazioni con entrambi, che pure sono essenzialmente in guerra tra loro, perché si pone il problema della sicurezza degli interessi cinesi nel paese e in quelli limitrofi. Da questo punto di vista, non è una scelta politica incontrare i talebani. La Cina preferisce sempre lavorare con i governi in carica nelle diverse nazioni, indipendentemente dal tipo di regime.

L’interesse della Cina in Afghanistan è duplice. Da un lato, è legato alla sicurezza della sua Belt and Road Initiative (Bri), che attraversa i paesi limitrofi, soprattutto il Pakistan, uno dei più importanti per l’intera iniziativa e grande alleato della Cina. L’Afghanistan è incastrato tra due importanti vie di comunicazione per il commercio cinese verso ovest e verso sud-ovest – l’Asia centrale e il corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec). Di conseguenza, potrebbe diventare una fonte di instabilità per la regione e per tutta la Bri. Per il momento gli interessi diretti cinesi in Afghanistan sono pochi, e non di certo legati alle rotte del commercio, ma ciò non impedisce che possa essere incorporato in futuro nelle rotte della Bri che passano per l’Asia centrale, dando alla Cina un accesso quasi completo all’Iran e al resto del Medio Oriente. Per esempio, una triangolazione delle città che compongono il Cpec che includa anche Kabul è già stata ipotizzata.

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Il secondo motivo di interesse è legato alla possibile connessione tra le minoranze islamiche in Cina e l’estremismo islamico in Afghanistan. All’inizio di luglio, un presunto attacco a un bus di lavoratori cinesi in Pakistan mostrava quanto reale fosse il timore che il crescente potere dei talebani (con cui sono allineati alcuni gruppi jihadisti) potesse rappresentare una minaccia per i progetti cinesi a livello regionale. Secondo Sean Roberts direttore del Programma di studi sullo sviluppo internazionale della George Washington University – sarebbero questi gruppi i più minacciosi, in quanto sempre più indignati dal trattamento degli uiguri in Cina, e non invece i jihadisti uiguri in Afghanistan, un piccolo gruppo che i talebani hanno mostrato di tenere sotto controllo. Mantenere buone relazioni con qualunque governo si insedi a Kabul è quindi prioritario per la Cina.

Nessun intervento militare in vista

Tuttavia, fin dai processi di pace in Medio Oriente, la Cina ha dimostrato più volte di non avere alcuna intenzione di presentarsi come un attore di sicurezza nel mondo, inserendosi là dove la presenza statunitense viene meno. Lo stesso vale oggi per l’Afghanistan, dove ci si può aspettare un intervento militare cinese solo ed esclusivamente nel contesto di un’azione congiunta da parte delle Nazioni Unite. Sebbene le repubbliche centrasiatiche abbiano ripetutamente lasciato intendere che un maggior coinvolgimento cinese nella questione afghana avrebbe trovato ampio supporto da parte dei paesi dell’area, le aspettative di un’azione a leadership cinese sono destinate a restare disattese.

Anche l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione che, agli occhi di molti, rimane l’istituzione regionale più adatta ad affrontare le criticità dell’Afghanistan post-statunitense, ha già mostrato diverse problematiche. Come scrive Mariya Omelicheva – docente di strategia alla National Defense University di Washington DC e autrice di un volume del 2011 intitolato Counterterrorism Policies in Central Asia – gli interessi divergenti e la diffidenza tra gli stessi membri mineranno la capacità dell’Organizzazione di portare avanti un’azione comune, coesa ed efficace in Afghanistan, costringendo i paesi dell’area a una graduale normalizzazione delle relazioni con il governo talebano, al fine di riportare la regione a un qualche grado di sicurezza.

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  1. Ezio Pacchiardo

    Una breve sintesi su alcune considerazioni relative al rapporto tra Cina ed Afghanistan.
    Primo, è l’emergere dell’ISIS-K, i terroristi del Khorasan (regione del Nord Est dell’Iran confinante con il Nord Ovest dell’Afghanistan) che mette l’Afghanistan in una situazione politica molto critica, questo gruppo, dal punto di vista politico, si aggiunge agli altri tre, i talebani, i ribelli del Panjshir, e il gruppo degli Haqqani (situati nel Sud Est del paese) storicamente legati a ISIS e Al Quaeda. La situazione di questi quattro contendenti pone un grave problema di stabilità politica del paese.
    Secondo, oltre alle divisioni politiche esistono anche significative differenze etniche tra Pashtun, Tajiks, Hazaras, Uzbeks che più che favorire l’unità sono facile motivo di conflitto.
    Terzo, i rischi derivanti dallo stato di instabilità dei paesi confinanti, in parte ostili e in parte ospitanti loro malgrado i terroristi.
    Quarto, è stato valutato che il tesoro del sottosuolo afghano è di circa $ 3.000 miliardi, ma per farlo emergere bisogna investire in impianto estrattivi e in costruzione di vie di comunicazione che oggi mancano; la Cina comunica con l’Afghanistan attraverso un corridoio lungo circa 150 km e largo a tratti tra 50 e 90 km che si trova ad una altitudine variabile dai 1.000 ai 4.000 metri; un canale di transito non facile anche perchè povero di strade facilmente percorribili.
    Quinto, gli investimenti precedentemente fatti non hanno dato risultati economicamente soddisfacenti e il comportamento dei Talebani verso i cinesi non è dei migliori, l’attacco fatto in Pakistan al convoglio degli operatori cinesi lo dimostra.
    Sesto, la Cina ha molto interesse a realizzare la BRI ma la via afghana, almeno fino alla stabilità politica dell’Afghanistan, può attendere e nel frattempo la Cina può avviare le vie di transito alternative sollevando così l’interesse dell’Afghanistan a diventarne parte.
    Settimo, il problema più rilevante per l’Afganistan al momento, qualsiasi governo vada al potere, è lo sblocco delle sue riserve valutarie bloccate da Biden, e che ammontano a circa $ 9,5 miliardi, più $ 1,3 miliardi in oro, più $ 450 milioni di aiuti del FMI, forse gli unici finanziamenti che non si fermeranno sono le donazioni fatte dalle Ong ed altri che nel 2020 sono state di $ 6 miliardi, il 30% del PIL afghano.
    Ottavo, anche se meno rilevante al momento ma che potrebbe essere un motivo di avvicinamento all’Afghanistan da parte della Cina è rappresentato dalle terre rare di cui la Cina è già l’unico estrattore al mondo. Queste terre sono indispensabili all’industria elettronica e con questo ulteriore controllo la Cina diventerebbe monopolista di un prodotto molto richiesto dall’occidente; ne conseguirebbe un monopolio cinese in grado di condizionare l’occidente.

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