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Rafforzare i quadri nazionali per riformare le regole europee*

Non sarà facile trovare un accordo sulla riforma delle regole di bilancio europee. Si può però agire a livello di stati, per costruire incentivi alla riduzione dello stock del debito, aumentando la titolarità nazionale della disciplina di bilancio.

Il dibattito sulla riforma delle regole europee

Mentre si attende la formazione della coalizione di governo in Germania, paese che sarà cruciale nei negoziati sul futuro dell’architettura economica europea post-Covid-19, gli stati membri hanno iniziato a riflettere su quale sarà la propria posizione nel delicato tavolo sulla riforma delle regole di bilancio.

Il dibattito tecnico sulla riforma delle regole, da cui inevitabilmente le posizioni politiche prenderanno ispirazione, è tuttavia antecedente alla pandemia. Nel 2019, la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha incaricato lo European Fiscal Board di effettuare una valutazione dell’efficacia delle regole vigenti, soprattutto a seguito delle modifiche introdotte nel 2011 e 2013 con il “Six Pack” e il “Two Pack”, che hanno notevolmente aumentato la complessità del quadro normativo. Il risultato è stato un rapporto, pubblicato nell’agosto 2019, che ha evidenziato i limiti delle regole attuali, a cui ha fatto seguito la pubblicazione di un altro studio, il Compliance tracker,che raccoglie informazioni sul rispetto delle regole da parte degli stati membri. Oltre alle pubblicazioni, la Commissione ha anche lanciato una consultazione, aperta a esperti, istituzioni nazionali ed europee e singoli cittadini e finalizzata a raccogliere proposte di riforma, sospesa a seguito della pandemia e da rilanciarsi nei prossimi mesi. Sarebbe auspicabile che l’accordo sulla revisione delle regole si trovi prima della loro riattivazione, prevista nel 2023, quando i principali effetti macroeconomici della crisi Covid-19 saranno ragionevolmente esauriti.

In questo quadro, la discussione da parte degli esperti si è concentrata su come riformare le regole a livello europeo. Una prima esigenza, pressoché consensuale, emersa nel dibattito, è la necessità di rendere più semplice e meno contraddittorio l’insieme di regole. Con le riforme che si sono susseguite nel corso degli anni, realizzate per rendere il Patto di stabilità meno “stupido”, le regole sono diventate estremamente complesse, e di conseguenza difficili da spiegare ai rappresentanti politici e alle opinioni pubbliche, generando, soprattutto nei paesi dell’Europa mediterranea, un sentimento di diffidenza nei confronti dell’Unione, se non di aperto euroscetticismo. Accanto a questo, numerosi esperti ritengono opportuno rendere le regole differenziate per gli stati membri, per consentire il disegno di soluzioni mirate nei paesi per i quali raggiungere gli obiettivi di debito introdotti con il Trattato di Maastricht è praticamente impossibile, soprattutto dopo il forte incremento del debito in risposta alla pandemia.

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Il ruolo dei singoli stati

Sebbene si tratti di due posizioni estremamente ragionevoli, trovare un punto di caduta che tenga insieme semplicità e adattamento alle divergenze tra gli stati membri è impresa ardua, e rischia di essere impossibile se, nelle discussioni in corso, ci si sofferma solo su quanto si può fare a livello Ue. Il nostro contributo al dibattito, che abbiamo approfondito nel libro Europa oltre le regole, con la prefazione del commissario Paolo Gentiloni, concentra la propria attenzione su quanto si può fare a livello degli stati membri per dotare l’Europa di regole più condivise e in grado di generare crescita e fiducia.

Prendendo spunto dal contributo di Olivier Blanchard, Álvaro Leandro e Jeromin Zettelmeyer, che propongono di passare dal modello delle regole di bilancio a quello dei cosiddetti fiscal standard, individuiamo una serie di iniziative che possono essere realizzate negli stati membri per costruire incentivi positivi alla crescita e alla riduzione dello stock dei debiti pubblici, aumentando la titolarità nazionale della disciplina di bilancio.

La prima proposta è relativa al ruolo dei fiscal councils nazionali, previsti dalla direttiva 2011/85/Ue e rappresentati in Italia dall’Ufficio parlamentare di bilancio, istituzione che svolge un ruolo cruciale nei procedimenti di bilancio e che è salita alla cronaca nell’autunno del 2018 per non aver validato le previsioni del governo Conte I. Un coinvolgimento più attivo dell’Upb nel dibattito pubblico, come avviene ad esempio nel caso del Centraal Planbureau olandese, può rendere i cittadini più partecipi degli effetti delle scelte politiche onerose sulla finanza pubblica, responsabilizzando l’opinione pubblica e arrivando a un migliore impiego delle risorse dello stato. Va inoltre garantita sempre l’indipendenza – istituzionale e finanziaria – l’autonomia funzionale e l’accesso ai dati per i fiscal councils.

La seconda proposta consiste nel dare seguito alla raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 2016 di introdurre in ciascuno stato membro un National Productivity Board, cosa che in Italia non è ancora avvenuta. Scopo degli Npb è analizzare l’evoluzione della produttività e le sfide sulla concorrenza nello stato di riferimento, stimolando un dibattito pubblico sul tema, e coadiuvare i legislatori a predisporre norme volte a incrementare la produttività.

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La terza proposta riguarda il rafforzamento degli strumenti e della cultura dell’analisi di impatto ex ante e, soprattutto, ex postdelle politiche pubbliche, nei quali l’Italia è molto manchevole. Se infatti non ci sono studi che mostrano gli effetti a breve e lungo termine delle politiche pubbliche adottate in precedenza, risulta molto difficile impostarne di nuove in modo efficiente ed evitare sprechi di denaro pubblico. La normativa sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quale il decreto-legge 77/2021, introduce interessanti novità da questo punto di vista, ma tali misure vanno rafforzate e rese strutturali anche una volta terminati gli investimenti e le riforme del Pnrr. L’Unione europea potrebbe, a tal fine, farsi promotrice di linee guida comuni da attuarsi negli stati membri, promuovendo anche le migliori pratiche già presenti in quelli più virtuosi.

Grazie alle innovazioni nei quadri nazionali si può contribuire al raggiungimento degli obiettivi del debito introdotti a Maastricht attraverso incentivi positivi e non solo attraverso il rispetto di regole numeriche. Un tale sistema consentirebbe inoltre di rimarginare la fiducia tra gli stati membri, necessaria al fine di raggiungere un accordo non solo sulle regole di bilancio, ma anche sulla creazione di una capacità di bilancio permanente di cui la zona euro ha assoluto bisogno, per poter realizzare investimenti comuni e superare al meglio le prossime crisi economiche, evitando gli errori commessi nel 2010 e costruendo sugli auspicati successi del programma Next Generation EU.

* Le opinioni espresse sono personali e non impegnano l’istituzione di appartenenza.

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  1. Savino

    Con l’attuale assetto costituzionale abbiamo a disposizione un quadro interregionale variopinto più che un quadro nazionale. Molte politiche pubbliche ed in molti settori delicati, sanità e welfare in primis, vanno spostate su una capacità di bilancio più ampia geograficamente e contabilmente. Sul tema concorrenza è il cittadino utente da mettere al centro piuttosto che il potenziale di produttività.

  2. Carrellata interessante delle strutture esistenti e futuribili di inquadramento delle politiche di bilancio nazionali. Più che nuovi parametri statici del Patto di Stabilità e Crescita conteranno infatti probabilmente i criteri di avvicinamento ad obiettivi e la condivisione europea delle politiche nazionali. Gli autori potevano evitare il gergo inglese superfluo. Che un organo come l’upB, che per definizione esprime pareri non vincolanti, deve essere indipendente, separato dal governo e dalla maggioranza e avere accesso ai dati è forse un’affermazione un po’ banale. Sarebbe più importante chiedersi COME garantire tali condizioni di credibilità e di autorevolezza. Qual è stata nel 2018 la conseguenza della bocciatura delle previsioni governative da parte di upB e Bankit? Vale anche per un possibile organo futuro di monitoraggio della produttività: bisogna chiedersi come assicurare o favorire l’autorevolezza dell’agenzia attraverso la professionalità, l’indipendenza e la neutralità politica. Si potrebbe addirittura trasformare il Senato in organo consultivo a-politico e autorevole per migliorare la qualità, la coerenza e la convergenza europea dell’intera produzione normativa soprattutto legislati. Affrenate invece che “L’Unione europea potrebbe, a tal fine, farsi promotrice di linee guida comuni da attuarsi negli stati membri, promuovendo anche le migliori pratiche già presenti in quelli più virtuosi” mi sembra un po’ ingenuo e poco responsabile, perché nessuno vieta oggi come 20 o 30 anni fa all’Italia di copiare di sua iniziative i modelli più virtuosi degli altri paesi. Per questo bisogna conoscere gli altri paesi, le loro lingue e i loro sistemi legislativi, studiare e comparare normative specifiche e cercare di costruire in questo modo il proprio modello nazionale. Il gergo inglese pomposo e, scusate, ignorante e la replica cieca di modelli altrui allontana dagli obiettivi prefissati.

    • Savino

      D’accordo totalmente con Henri Schmit nel metodo e nel merito, tanto nelle osservazioni quanto negli appunti critici.

    • Federico Bonomi

      Gentile dott. Schmit, il nostro contributo vuole sollevare un punto politico nel dibattito tuttora in corso sulla riforma delle regole di bilancio europee – che attualmente è prevalentemente incentrato su come cambiare i meccanismi europei – vale a dire che è altrettanto importante lavorare sulle istituzioni nazionali. Nel merito delle sue risposte, se si guarda alla storia dell’UPB si vede che l’accesso ai dati è stato solo gradualmente ottenuto, e quindi è importante ribadirlo. Per quanto riguarda l’indipendenza politica, essendo in corso la procedura di rinnovo del Board, abbiamo preferito non affrontare in dettaglio l’argomento, essendo politicamente molto delicato. Sul ruolo del Senato, questo va assolutamente oltre la nostra analisi, che si limita a un tema molto più specifico. Per quanto riguarda l’adozione di migliori pratiche da altri paesi, non ci sembra che il nostro approccio sia quello di una “cieca” adesione a modelli di altri paesi. Bisogna però tenere a mente, come la storia della creazione dell’UPB insegna, che in questi casi l’Italia difficilmente riesce a migliorare autonomamente le proprie istituzioni. Se le interessa le posso girare via email il mio lavoro di ricerca al riguardo. Infine, sul gergo inglese, abbiamo cercato quanto più possibile di limitarlo, ma in alcuni casi questo non è stato possibile. Cordialmente, FB

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