Quanto contribuiscono i Pnrr nazionali al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione? Poco, anche in Italia e Spagna dove le risorse destinate alla questione sono più cospicue. Ma nel lungo periodo un effetto positivo potrebbe esserci comunque.

Pnrr e decarbonizzazione in quattro paesi europei

Quanto contribuiscono i Piani nazionali di ripresa e resilienza al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione dei Piani nazionali integrati per l’energia e il clima (Pniec) predisposti dai singoli paesi? Abbiamo provato a rispondere alla domanda per la componente dei Pnrr di Francia, Germania, Italia e Spagna finanziata dalla Resilience and Recovery Facility (RRF) dietro l’assunzione di raggiungimento dei rispettivi target, soffermandoci sui settori di edilizia, energia e trasporti (oltre il 60 per cento delle emissioni nei quattro paesi).

In quanto segue descriviamo gli impatti stimati settore per settore.

Edilizia

L’edilizia è responsabile per il 14 per cento delle emissioni prodotte nei quattro paesi considerati (Eurostat, 2019). Nei Pnrr alla decarbonizzazione degli edifici pubblici e privati viene destinata una quantità significativa di fondi: 15,1 miliardi in Italia, 2,5 miliardi in Germania, 5,7 miliardi in Francia, 6,1 miliardi in Spagna.

Poiché mancano stime comparabili dell’impatto sulle emissioni, ne abbiamo prodotte di nostre utilizzando i target in termini di interventi realizzati (numero di abitazioni per il residenziale o metri quadri riqualificati per il non residenziale). La tabella 2 mostra il risultato dell’analisi e rivela 1) un’eterogeneità tra paesi, che dipende in larga misura dalle dimensioni degli interventi (numero di abitazioni o metri quadrati rinnovati); il fatto che 2) gli interventi consentiranno di conseguire tutto sommato una percentuale molto modesta della riduzione di emissioni settoriali previste dai Pniec al 2030.

In particolare, le nostre stime indicano che gli investimenti del Pnrr porterebbero a una riduzione delle emissioni nel settore dell’edilizia compresa tra lo 0,1 (Germania) e il 5,4 per cento (Spagna) di quella necessaria per raggiungere gli obiettivi dei Pniec. Le stime sono da considerarsi plausibilmente un limite superiore, in quanto dipendenti dalle assunzioni sul risparmio energetico per unità ristrutturata, ignorando che spesso, a posteriori, la riduzione dei consumi risulta inferiore a quella inizialmente stimata con valutazioni ingegneristiche (ad esempio Fowlie et al. 2018).

Rinnovabili e idrogeno

Il settore dell’energia è responsabile per il 22 per cento delle emissioni prodotte nei quattro paesi considerati (Eurostat, 2019). Abbiamo calcolato il contributo offerto dai Pnrr ai target 2030 (superati, in attesa di quelli nuovi europei al 55 per cento) previsti dal Pniec in termini di capacità aggiuntiva a partire da fonti rinnovabili.

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Il piano spagnolo e quello italiano sono gli unici a prevedere misure apposite allo sviluppo delle rinnovabili, fissando come obiettivo l’installazione di capacità aggiuntiva rispettivamente per 3,62 GW e 3,98 GW. Il contributo è modesto come evidenziato in figura 1, pari – rispettivamente – al 7,9 e 9,3 per cento della capacità aggiuntiva richiesta. Ciononostante, in virtù del sostegno esplicito al potenziamento sul lato offerta delle fonti rinnovabili, in Spagna e Italia sembra essere più contenuto il rischio che la produzione dell’idrogeno a partire da queste ultime avvenga ai danni della domanda già presente in altri settori (tra i paesi analizzati, Germania, Italia e Spagna sono quelli in cui la volontà di investire in idrogeno prodotto a partire da fonti rinnovabili è maggiore, mentre la Francia include anche il nucleare nella sua definizione di idrogeno “décarbonè”).

Dati gli obiettivi ambiziosi dei quattro paesi (Germania e l’Italia vorrebbero installare 5 GW di elettrolizzatori entro il 2030, la Spagna 4 GW e la Francia 6,5 GW), una parte dei fondi della Rrf è consacrata allo sviluppo dell’offerta di idrogeno, con la Spagna che punta alla realizzazione di elettrolizzatori per una capacità pari a 500 MW, la Germania 300, la Francia 140, l’Italia tra i 100 e i 150.

Figura 1 – Contributo dei Pnrr alla diffusione delle rinnovabili e confronto con il target 2030 in termini di capacità aggiuntiva da fonti rinnovabili (Fer-E) ex-Pniec

Fonte: Eurostat (capacità 2019); SolarPower Europe e fonti nazionali (dati 2020); Commissione europea (obiettivi Pniec e divario 2030); Annex to the Proposal for a Council Implementing Decision on the approval of the assessment of the recovery and resilience plan for Germany, Spain, France and Italy (investimenti Pnrr).

Trasporti

I trasporti generano il 25 per cento delle emissioni prodotte nei quattro paesi considerati (2019). Tra gli investimenti rivolti al settore dai Pnrr spiccano quelli in infrastrutture di ricarica. La tabella 3 evidenzia le differenze in termini di numero e tipologia che i singoli paesi prevedono di installare con le risorse dei Pnrr. I punti di ricarica pubblici e veloci – importanti per la diffusione delle auto elettriche, soprattutto nei centri urbani densamente popolati – sono i più costosi e il trade-off tra numero di installazioni e quota di installazioni pubbliche e veloci si intravede anche nelle scelte dei singoli governi.

Nel caso degli investimenti in infrastrutture, una variabile fondamentale per stimare l’impatto sulle emissioni è la quota di passeggeri che passa dal trasporto via auto a quello su rotaia (shift modale). Il trasporto passeggeri su strada è responsabile, infatti, di quasi il 50 per cento delle emissioni generate dal settore (Iea, 2019). La nostra stima è che uno shift modale di un punto percentuale – pari a quello occorso in media nel periodo 2005-2019 nei paesi qui considerati – non basterebbe a invertire il trend di aumento delle emissioni annuali dei trasporti di qui al 2030 nemmeno nel caso dello scenario ottimistico di crescita della domanda indicata dall’International Transport Forum (scenario “Reshape+”, figura 2). Il risultato non cambierebbe qualora si assumesse uno shift modale pari a quattro punti percentuali nel comparto interurbano, il target indicato nel Pnrr italiano. L’abbattimento sarebbe maggiore qualora, con la stessa entità di shift modale, avesse luogo nel comparto dei trasporti urbani, poiché a parità di mezzo le emissioni sono più elevate in questo comparto (Iea 2021).

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Figura 2 – Scarto percentuale tra il livello di emissioni annuali nel 2018 e nel 2030 (MtCO2) nel settore del trasporto terrestre passeggeri in base alle differenti ipotesi di shift modale dall’automobile alla rotaia

Fonti: Itf Outlook 2021 (https://www.itf-oecd.org/itf-transport-outlook-2021); Iea (2019) (https://www.iea.org/data-and-statistics/charts/ghg-intensity-of-passenger-transport-modes-2019).
Nota: i calcoli si basano su: 1) i dati più recenti (2018) sul trasporto terrestre passeggeri (passeggeri-km) nei singoli paesi per modalità di trasporto (rotaia, automobile, autobus) (Itf-Oecd database), 2) i dati (2015) sulla distinzione “urbano/non-urbano” del trasporto terrestre passeggeri per modalità di trasporto a livello mondiale (Itf Outlook 2021), 3) i dati (2019) sulle emissioni CO2 (grammi per passeggero-km) per modalità di trasporto e “urbano/non-urbano” (Iea), 4) le previsioni di crescita della domanda di trasporto terrestre passeggeri per l’Area economica europea per scenario di riferimento (Itf Outlook 2021).

Un impatto a lungo termine

L’analisi mostra come la riduzione delle emissioni di gas serra direttamente attribuibile ai Pnrr potrebbe essere di entità modesta, anche in Italia e Spagna dove le risorse sono più cospicue. Tuttavia, l’impatto positivo potrebbe estendersi oltre l’orizzonte della loro esecuzione se i piani riuscissero ad accelerare lo sviluppo di settori chiave per l’innalzamento strutturale del tasso di riduzione delle emissioni (per esempio quello della riqualificazione energetica profonda degli edifici) o che presentano benefici anche dal punto di vista dell’economia reale (per esempio l’agri-solare, del quale è stato dimostrato l’impatto positivo sulla produttività dei diversi tipi di terreni agricoli).

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