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Le frontiere della politica monetaria

La politica monetaria è cambiata negli ultimi anni. Le banche centrali hanno arricchito la loro “cassetta degli attrezzi” e modificato la loro strategia. Il passaggio alla “nuova normalità” è spiegato in libro. Ecco i temi che affronta.

Il “new normal” della politica monetaria

La politica monetaria è cambiata negli ultimi anni. Le banche centrali hanno arricchito la loro “cassetta degli attrezzi” e modificato la loro strategia. Il libro “Le frontiere della politica monetaria” spiega il passaggio dalla gestione tradizionale della moneta alla “nuova normalità”. In questo articolo i temi trattati nel volume.

La gestione della moneta è stata rivoluzionata in poco più di dieci anni. Le diverse crisi che si sono succedute, da quella dei “mutui subprime” a quella del debito sovrano a quella scatenata dal coronavirus, hanno costretto le banche centrali ad introdurre strumenti nuovi, che sono divenuti noti complessivamente come politiche monetarie “non convenzionali”.

Queste innovazioni sono state introdotte come misure temporanee, per reagire alle crisi in corso. Tuttavia, rispondono anche ad alcune tendenze di fondo dell’economia: per questa ragione, sono destinate a restare permanentemente nel panorama della politica monetaria. Si è venuta così creando una “nuova normalità” (new normal) nella gestione della moneta, che incorpora le nuove tecniche e le affianca agli strumenti tradizionali già a disposizione delle banche centrali.

Quantitative easing

All’origine delle trasformazioni vi è il fatto che lo strumento classico della politica monetaria, il livello dei tassi di interesse, è divenuto un’arma spuntata nel momento in cui esso ha raggiunto, attraverso successive riduzioni, il suo limite naturale: lo zero. A quel punto, le manovre espansive di politica monetaria non potevano più avvenire abbassando ulteriormente i tassi di interesse. Occorreva inventarsi qualcosa di nuovo. La strada fu identificata nelle misure di allentamento quantitativo: nacque così il Quantitative easing. Da allora, un allentamento monetario viene identificato con l’introduzione, ed eventualmente l’espansione, di programmi di acquisto di attività finanziarie (titoli pubblici e privati) da parte delle banche centrali. Per converso, una restrizione monetaria viene attuata in primo luogo riducendo la dimensione di tali programmi (il tapering annunciato dalla Fed) fino ad abbandonarli del tutto. Solo dopo arriva, eventualmente, il rialzo dei tassi di interesse di policy.

Prestiti a lungo termine, comunicazione, tassi negativi

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Un altro strumento innovativo sono i prestiti a lungo termine al settore bancario. Mentre la scadenza tradizionale delle operazioni di politica monetaria era breve (una settimana nell’area euro), nel nuovo assetto, le banche centrali concedono finanziamenti con scadenze lunghe (fino a quattro anni nell’area euro), che spesso includono alcune condizioni per incentivare le banche a girare i prestiti all’economia reale. La comunicazione ha assunto un ruolo centrale nella “nuova normalità” del central banking: mentre una volta i banchieri centrali amavano sorprendere i mercati finanziari e preferivano tenersi le mani libere sulle loro mosse future, oggigiorno fanno di tutto per essere prevedibili e orientare le aspettative dei partecipanti al mercato, attraverso la cosiddetta “forward guidance”. Alcune banche centrali, tra cui la Bce, hanno varcato la soglia dello Zero Lower Bound (Zlb), portando in territorio negativo, seppure marginalmente, i tassi di interesse applicati ad alcune loro operazioni. Tutti questi cambiamenti hanno avuto un impatto profondo sulla gestione operativa della politica monetaria: sugli strumenti utilizzati e sui rapporti tra banca centrale e mercati finanziari.

Revisione della strategia

Tra l’anno scorso e quest’anno, la Fed e la Bce hanno attuato una revisione delle loro strategie. La principale spinta in questa direzione è venuta dalla necessità di ancorare le aspettative di inflazione all’obiettivo prefissato (2 per cento), in presenza di tassi di inflazione più bassi dell’obiettivo per lunghi periodi di tempo e di tassi di interesse prossimi allo Zlb. La convergenza dei tassi di interesse a livelli così bassi è legata ad alcune tendenze di lungo periodo dell’economia mondiale, che vanno sotto il nome di “stagnazione secolare”. Il recente ritorno dell’inflazione su livelli mai visti da molti anni è stata una sorpresa, che sta mettendo a dura prova la strategia e la capacità di comunicazione delle banche centrali, strette tra due esigenze contrapposte: da un lato evitare una stretta monetaria prematura, in presenza di forti incertezze sull’evoluzione della pandemia, dall’altro scongiurare il pericolo che i tassi d’inflazione osservati negli ultimi mesi entrino stabilmente nelle aspettative degli operatori economici. 

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Politica monetaria verde, moneta digitale

Le nuove frontiere della politica monetaria sono la sostenibilità ambientale e la moneta digitale. I massicci investimenti fatti con le operazioni di Qe hanno portato le banche centrali a detenere ampi portafogli di attività finanziarie, emesse da soggetti privati oltreché dal settore pubblico. La composizione di questi portafogli ha un rilievo per l’ambiente: può essere sbilanciata verso il finanziamento dei settori produttivi più inquinanti o, al contrario, può essere mirata a sostenere attività che favoriscano la transizione verso una economia carbon free. L’inclusione dei temi ambientali nelle considerazioni che guidano la politica monetaria (greening monetary policy) è senz’altro destinata a occupare un posto rilevante nel dibattito di policy.

L’altra sfida deriva dalla tecnologia: in particolare, dalla diffusione di monete digitali private (cripto-currencies e stable-coins) e di servizi di pagamento innovativi. Per adeguarsi alla digitalizzazione dell’economia, le banche centrali stanno lavorando all’introduzione di una moneta digitale pubblica: la central bank digital currency (Cbdc). Aprirebbe nuove opportunità, consentendo a chiunque di detenere un conto presso la banca centrale, mentre finora questa era una possibilità riservata alle banche. Tuttavia, la Cbdc potrebbe anche comportare alcuni rischi, a partire dalla disintermediazione del sistema bancario.

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Calais: cronaca di una crisi che si poteva evitare

  1. Vito

    La questione e’ se il mondo e’ cambiato o solo le politiche monetarie.
    Forse il futuro ci dara’ una risposta.

    • Francesco Silva

      L’articolo pone in chiara evidenza due fatti molto importanti. Il primo è che le banche centrali sono diventate l’istituzione ( accentrata e non democratica ) che più di ogni altra ( decentrata ) ha il controllo dell’andamento delle economie, controllo che ora si estende anche all’orientamento degli investimenti. Il secondo è che con il quantitative easing si sono avventurate in un mondo tutto sommato “ignoto”, in cui non valgono le regole precedenti. E’ un po’ come passare da un mondo in cui vale la legge di gravità in un altro in cui non vale, o vale meno. Se si aggiunge il problema della digital currency ci si rende conto che i fattori di instabilità ( o incertezza ) crescono. Vedi il problema del controllo dell’inflazione.

      • Emanuele

        Caro Francesco, lei dimentica che i governatori delle banche centrali sono scelti con vari procedimenti diversi da paese a paese comunque dal governo del momento o da loro rappresentati: quindi la sua accusa di “non democratica” è certamente fuori luogo. Per altro, nella letteratura economica, uno dei pochi punti fermi ormai accettato da tutti, è nella separazione netta della banca centrale dal potere esecutivo, o governo. Lei forse è troppo giovane, o magari poco informato per ricordare i gravi problemi creati dalla commistione tra politica monetaria e politica fiscale degli anni 70; la sottovalutazione dell’inflazione degli anni 70 è spesso venuta proprio dal controllo da parte del potere esecutivo della propria banca centrale.

  2. Emanuele

    I suoi scritti professore sono sempre fonte di grandi spunti letterari. Sono un Keynesiano, e credo che l’economia si debba formare su di una psicologia sociale che non si può non scontare quando si parla di politica economica. Partiamo dalle certezze: i tassi di interesse non riescono più a pilotare le variabili funzionali macroeconomiche in una gestione straordinaria della politica monetaria; al meglio si riducono ad un fine tuning nei periodi di “normale amministrazione”. Di questo parlava Keynes con la sua trappola della liquidità, ripresa da Hansen nel 1938 che ne fece la base per la sua teoria sulla “secular stagnation”; argomentazioni in tal senso si ritrovano anche in Wicksell con la sua incompatibilità tra risparmio ed investimento dovuto all’operare destabilizzante del settore bancario. La butto lì: e se la pratica di sorprendere i mercati finanziari preferendo le mani libere sulle mosse future da parte dei banchieri di una volta rispondesse ad una precisa finalità di politica monetaria? Una politica monetaria che diminuendo le certezze determinava paradossalmente più stabilità, perchè scontava dei possibili costi che gli operatori non vogliono sostenere. Oggi la forward guidance pilotando le aspettative porta gli operatori a scontare i tassi nelle proprie decisioni; la cosa funziona a meno di shock esogeni che facciano saltare quella forward guidance. Siamo tornati al punto di partenza: il sistema funziona in normale amministrazione ma non risponde più in caso di “straordinaria amministrazione”. Attenzione, perchè tutti quei nuovi strumenti di politica monetaria (non convenzionali) potrebbero presto essere incorporati nelle aspettative e quindi nelle decisioni degli operatori economici: questo è quello che ci dice la teoria delle aspettative razionali, teoria per altro più volte messa in discussione. A quel punto serviranno nuove misure non convenzionali. Il problema a mio avviso è che in presenza di “informazione perfetta” e di “strumenti noti” da parte dei policy maker, gli operatori si formano aspettative autocorrelate: a quel punto gli strumenti “non convenzionali”, nel mentre divenuti “convenzionali” non funzionano più. Oggi a mio avviso siamo in presenza di un’evidente dicotomia inconciliabile tra forward guidance ed una gestione di politica monetaria per mezzo della leva dei tassi d’interesse. In assoluto a mio avviso la politica monetaria sconta evidenti asimmetrie informative: a fronte di “informazione perfetta” da parte delle banche centrali abbiamo degli operatori privati che incorporano tali strumenti e tali informazioni nelle proprie decisioni posizionandosi su posizioni borderline a scopi non economici: a quel punto l’economia monetaria perde di efficacia. Forse verrebbe più equilibrato tornare ad aver la possibilità di poter sorprendere i mercati.

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