I trasferimenti perequativi agli enti locali avvengono sulla base di modelli statici che utilizzano variabili “vecchie” di quattro anni. Il sistema mostra i suoi limiti nel caso di cambiamenti improvvisi e strutturali come quelli dovuti alla pandemia.

Il Covid e la perdita di gettito dei comuni

Le misure di contenimento introdotte per ridurre la diffusione dell’epidemia da Covid-19 hanno inciso marcatamente sull’equilibrio dei bilanci dei governi subnazionali, come ha evidenziato anche l’Ocse. Quanto l’impatto sarà congiunturale e quanto, invece, si tramuterà in strutturale è al centro del dibattito relativo alla adeguatezza dei sistemi perequativi e di finanziamento degli enti locali.

Per quanto riguarda gli effetti economici prodotti dalla pandemia sui territori italiani, l’analisi condotta nell’ambito del Rapporto Data for Italy (D4I) del Politecnico di Milano offre tre evidenze importanti per i comuni. In primo luogo, mostra come la variazione di mobilità registrata durante i lockdown possa essere considerata un indicatore dell’impatto economico diversificato prodotto dalla pandemia a livello locale. In secondo luogo, segnala come, per molti territori, sia ragionevole pensare che gli effetti socio-economici della pandemia possano diventare strutturali e protrarsi anche nel medio-lungo periodo. In terzo luogo, come riportato nella figura 1, il Rapporto mette in evidenza una forte relazione tra le perdite di gettito comunali registrate nel 2020 e, appunto, la variazione di mobilità osservata nei territori.

Figura 1 – Perdita di gettito 2020 e variazione di mobilità, comuni delle regioni a statuto ordinario

Nota: i comuni sono aggregati in 25 sottinsiemi (bins), fit quadratico e intervallo di confidenza al 95 per cento. Le perdite di gettito delle entrate proprie comunali corrispondono alla stima effettuata dal tavolo tecnico istituito in seno al ministero dell’Economia e Finanze dall’art. 106 del Dl. n. 34/2020; la variazione di mobilità è registrata tra il pre-pandemia e la ripresa al termine del primo lockdown con l’indicatore «grado pesato» di fonte Data for Good di Facebook; l’analisi è effettuata su un campione di 2.286 comuni.

Fonte: Rapporto Data for Italy

Un ritardo di quattro anni

È probabile che la variazione dei flussi di mobilità nei territori più colpiti dagli effetti socioeconomici della pandemia si riveli persistente. E se la riduzione di mobilità comporta la riduzione delle entrate locali, tutto ciò impone una riflessione sulla adeguatezza delle attuali fonti di finanziamento dei comuni.

In sistemi perequativi come quello adottato in Italia dal 2015, soprattutto a livello comunale, la valutazione e la ripartizione dei trasferimenti intergovernativi dipende dalla differenza tra i fabbisogni standard e le capacità fiscali dei vari enti, grandezze a loro volta misurate con metodi statistici più o meno sofisticati. L’adozione dei metodi statistici ha il pregio di minimizzare la discrezionalità nell’assegnazione dei trasferimenti, garantendo così maggiore equità ed efficienza nella redistribuzione. Quando però le determinanti dei modelli econometrici sono legate a variabili socio-economiche passate, gli effetti di shock asimmetrici e improvvisi, come quelli generati dalla pandemia, potrebbero riflettersi nel sistema redistributivo con notevole ritardo, soprattutto se i cambiamenti sono strutturali e imprevisti. 

Leggi anche:  Piano strutturale di bilancio, un tema ancora da svolgere*

Per i comuni delle regioni a statuto ordinario (6.565 enti) i trasferimenti perequativi per il 2022 sono erogati in base alla capacità fiscale e ai fabbisogni standard valutati con riferimento a variabili socio-economiche del 2018: il rischio è, quindi, di avere una perequazione tarata su una realtà pre-covid, mentre alcuni territori potrebbero ora essere teatro di cambiamenti strutturali, anche alla luce degli effetti positivi attesi dall’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. 

Nei prossimi aggiornamenti metodologici dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali, quelli per il 2023 ad esempio, bisognerà interrogarsi sull’adeguatezza di un ritardo di quattro anni nella rilevazione delle variabili inserite nel calcolo. Per alcune variabili determinanti della spesa standard – si pensi per esempio a quelle legate alla demografia che, come rilevato in OpenCivitas, ne generano oltre il 24 per cento (162 euro per abitante) – bisognerebbe riflettere se utilizzare valori il più possibile vicini al 2023. Lo stesso vale per le variabili legate al reddito, da cui dipende una quota importante della capacità fiscale (circa un terzo, pensiamo ai 2,7 miliardi di addizionale Irpef standard e ai 4,5 miliardi di entrate standard extratributarie): in questo caso, andrebbe presa in esame anche l’ipotesi di considerare dati in tempo reale. 

In un articolo dell’Economist del 23 ottobre 2021, dal titolo “The real-time revolution, How the pandemic reshaped the dismal science”, si mette in evidenza come con la pandemia si sia accelerata la transizione verso la “third-wave economics”, ovvero lo sviluppo di analisi sempre più basate su dati che misurano fenomeni sociali ed economici in tempo reale.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Piano strutturale di bilancio: resta una visione di corto respiro