La crisi del Covid ha portato a risposte senza precedenti, come il Next Generation Eu. I suoi fondi promuovono la sostenibilità dei debiti pubblici attraverso la solidarietà. E si riduce il rischio che si crei un circolo vizioso tra banche e stati.
Una crisi anomala
A novembre, si è tenuta la conferenza annuale sul bilancio europeo. Tra i vari temi, si è discusso dell’impatto rivoluzionario del piano di rilancio adottato dall’Unione europea per contrastare la crisi pandemica. Perché Next Generation Eu è così importante? Quali sono gli ulteriori passi avanti che andrebbero fatti?
La crisi del Covid è stata decisamente diversa dalla Grande Recessione del 2007-2009 o dalla crisi dei debiti sovrani in Europa del 2011-2013. In quelle situazioni, le banche e i governi erano, almeno in parte, responsabili dell’incombere della crisi. Nel caso del Covid, invece, è stato uno shock esogeno a colpire l’economia reale, le famiglie e le imprese, sia dal lato dell’offerta – con la distruzione e i ritardi delle catene globali del valore – sia da quello della domanda, con i lockdown e le altre misure di distanziamento sociale.
La gravità della situazione ha portato a risposte politiche senza precedenti. Nell’Unione europea, è stato messo in piedi uno dei piani fiscali più ambiziosi: il Next Generation Eu (Ngeu). Nonostante non sia il primo piano fiscale realizzato dall’Ue, rimane comunque sorprendente da numerosi punti di vista: include un mix di stanziamenti a fondo perduto e di prestiti ed è considerato uno strumento di condivisione del rischio, molto più di altre soluzioni sperimentate in precedenza. Inoltre, il piano è finanziato direttamente tramite l’emissione di titoli di debito europei, risultando così più efficiente rispetto all’utilizzo dei regolari contributi degli stati membri all’Unione nell’ambito del bilancio pluriennale europeo.
L’importanza del Recovery Plan
Ngeu ha anche implicazioni importanti in termini di stabilità economica e finanziaria. In particolare, può essere utile per raggiungere la sostenibilità dei debiti pubblici e per ridurre il rischio di un circolo vizioso tra banche e titoli di stato.
La crisi del Covid ha comportato un innalzamento significativo dei debiti sovrani a causa dell’aumento dei deficit, sommato a forti perdite in termini di Pil. Secondo i dati Eurostat, il rapporto deficit/Pil nell’Eurozona è cresciuto dallo 0,6 per cento nel 2019 al 7,2 per cento nel 2020, con il rapporto debito/Pil cresciuto in media dall’83,9 per cento al 98 per cento nello stesso periodo. I valori più alti si registrano in Grecia (205,6 per cento), Italia (155,8) e Portogallo (133,6).
Nonostante l’aumento significativo del debito, gli spread sono rimasti contenuti. Per esempio, lo spread Btp-Bund tra titoli italiani e tedeschi è oggi intorno ai 120 punti base, mentre durante la crisi dei debiti sovrani è arrivato a toccare i 500-600 punti base. E il rating dell’Italia secondo le agenzie internazionali è addirittura migliorato di recente. Com’è possibile?
Le misure di sostegno pubblico introdotte con il Covid aiutano a spiegare la fiducia dei mercati. In particolare, il Ngeu e il Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp) della Bce hanno mostrato la rinforzata solidarietà tra gli Stati membri, non più confinati nelle proprie politiche fiscali nazionali, almeno in situazioni eccezionali come la pandemia. E, ancora più importante, misure come il Ngeu spingono la crescita, un fattore fondamentale per la sostenibilità del debito, soprattutto se i fondi del piano sono utilizzati per finanziare progetti pubblici produttivi.
Le stime attuali mostrano che Ngeu potrebbe aumentare il Pil reale dell’Eurozona dell’1,5 per cento nel medio termine, con nazioni come l’Italia che raggiungerebbero un +3 per cento rispetto alla crescita senza Pnrr entro il 2026. Per questo motivo, è fondamentale monitorare il modo in cui verranno spesi i fondi e assicurarsi che non vengano usati in modi diversi da quelli previsti, per esempio riducendo il debito o sostituendolo con presiti dal Ngeu.
Ngeu può avere anche un ruolo importante nel garantire la stabilità finanziaria, specialmente nel contenere il rischio di un circolo vizioso della crisi tra banche e titoli di stato. Durante una crisi, le banche rischiano di entrare in sofferenza a causa dell’aumento dello spread, dal momento che detengono una gran quantità di titoli di stato, il cui valore scende quando il rendimento cresce. Inoltre, se le banche vanno in sofferenza, c’è il rischio che lo stato debba intervenire per salvarle iniettando liquidità all’interno degli istituti in difficoltà (bail-out), anche quando si tratti di grandi banche internazionali.
In un contesto di questo tipo, Ngeu riduce il rischio di circolo vizioso eliminando il collegamento tra banche e stati nazionali. Garantisce infatti maggiore sostenibilità del debito, mentre l’emissione di debito a livello europeo promuove la creazione di un titolo europeo sicuro, che offre alle banche maggiori opportunità di diversificare i propri investimenti. In conclusione, Ngeu è un traguardo importante per l’integrazione europea: contribuisce a creare un contesto di solidarietà. Allo stesso tempo, però, richiede ulteriori passi avanti in termini di integrazione, a partire dal completamento dell’unione bancaria e di quella del mercato dei capitali, senza i quali non si potranno mai raggiungere condizioni economiche paritarie su tutto il territorio europeo.
*Tradotto dall’inglese da Massimo Taddei. La versione originale dell’articolo è disponibile qui.
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