Gli italiani percepiscono un’alta disuguaglianza, che corrisponde in larga misura ai dati. Le idee sono meno precise sul livello relativo del reddito. Ma quello che ci differenzia dagli altri paesi è la scarsa fiducia nell’uguaglianza di opportunità.
Perché la percezione è importante
Nel dibattito pubblico sulle politiche volte a contrastare disuguaglianza e povertà, spesso le percezioni sembrano contare più dei dati oggettivi. Per esempio, il confronto sul reddito di cittadinanza è spesso motivato non solo da questioni di principio e da un’analisi sul suo reale funzionamento, ma anche da considerazioni soggettive sulla sua efficacia e rilevanza.
Una chiave di lettura drastica porterebbe a dare scarsa rilevanza a tutte le percezioni e opinioni, declinandole nel campo dell’irrazionalità. Tuttavia, la ricerca, in economia come in altre discipline, dimostra come le opinioni siano frutto di una combinazione complessa di fattori. Comprendere come le disuguaglianze sono percepite e interpretate può aiutarci a capire meglio il supporto – o l’avversione – alle politiche pubbliche. Un recente rapporto dell’Ocse fornisce un’analisi comparativa delle percezioni della disuguaglianza economica da cui emergono interessanti risultati per l’Italia.
Le disuguaglianze economiche preoccupano gli italiani
I cittadini Ocse sono preoccupati dalle disuguaglianze di reddito all’interno dei loro paesi: secondo gli ultimi dati disponibili dall’International Social Survey Programme e dall’Eurobarometer, l’80 per cento è d’accordo nel ritenere che siano troppe ampie, con poco meno del 40 per cento che si dichiara “fortemente” d’accordo. La preoccupazione è maggiore in Italia, dove circa il 90 per cento si trova d’accordo. La percentuale dei “fortemente d’accordo” ha raggiunto un picco durante la crisi finanziaria internazionale del 2008-2011 – arrivando a quasi il 70 per cento, un livello ben più alto della media Ocse – per poi ritornare alle percentuali già elevate registrate alla fine degli anni Ottanta.
Spesso si ritiene che dietro la forte preoccupazione vi sia una sopravvalutazione dell’effettiva intensità delle disuguaglianze. In un’ottica comparativa, l’Italia in realtà non spicca in termini di disparità percepite, quanto meno tenendo conto dell’elevato livello di disuguaglianza effettivamente registrato dalle statistiche disponibili. Secondo i dati di una indagine condotta nel 2020, Risks that Matter, in media la quota percepita di reddito che va al 10 per cento delle famiglie più ricche è solo leggermente più elevata rispetto alla media Ocse (53 contro 52 per cento). L’Italia si posiziona in modo analogo se ordiniamo i paesi rispetto agli indicatori ufficiali di disuguaglianza, anziché al percepito (figura 1): sia l’indice di Gini che l’effettiva quota di reddito che va al 10 per cento più ricco sono vicine alla media Ocse, che si attesta su valori piuttosto elevati in quanto trainata da alcuni paesi ad alta disuguaglianza, come Cile e Costa Rica.
Figura 1 – Gli italiani hanno scarsa fiducia nell’uguaglianza di opportunità
Panel A. Indicatori oggettivi
Panel B. Percezioni
Nota: Le medie Ocse si riferiscono ai paesi disponibili per ogni indicatore. Gli indicatori di disuguaglianza si riferiscono all’ultimo anno disponibile; le percezioni del top 10 per cento e della quota di bambini poveri che rimangono tali sono relative al 2020; gli altri dati si riferiscono al 2009.
Fonte: database Ocse sulla distribuzione dei redditi e A Broken Social Elevator? per i dati oggettivi; Does Inequality Matter? Capitolo 2 per le percezioni.
La fiducia nell’uguaglianza di opportunità è bassa
L’Italia si contraddistingue invece per una scarsa fiducia nell’uguaglianza di opportunità. Gli italiani ritengono che le famiglie ad alto reddito tendano a rimanere tali nel corso delle generazioni, come d’altra parte suggeriscono anche gli indicatori oggettivi (ad esempio l’elasticità intergenerazionale dei salari). Secondo i dati dell’indagine Issp 2009, gli ultimi disponibili per un vasto numero di paesi, in Italia la percezione che avere genitori ricchi giochi un ruolo importante per avere successo nella vita è largamente condivisa, con un 39 per cento di italiani che lo ritiene molto importante (26 per cento in media Ocse).
Viceversa, l’Italia si classifica fra i paesi dove l’impegno è ritenuto meno determinante (solo il 63 per cento lo ritiene molto importante per avere successo, contro il 74 per cento in media Ocse e il 96 per cento negli Stati Uniti). La percezione dell’importanza di avere genitori ricchi è ulteriormente cresciuta nell’ultimo decennio, arrivando nel 2019 al 47 per cento di persone che lo ritiene veramente importante.
Gli italiani sembrano invece essere relativamente più ottimisti riguardo alla mobilità nella parte inferiore della distribuzione del reddito. In media ritengono che, su 100 bambini provenienti da una famiglia povera (il 10 per cento più povero), 53 rimarranno poveri una volta adulti, contro 56 su 100 in media Ocse. Ciononostante, l’Italia è l’unico paese – insieme al Cile – dove i giovani tra 18 e 34 anni sono molto più pessimisti riguardo la mobilità intergenerazionale (figura 2). Le aspettative negative sono verosimilmente influenzate da una reale frattura intergenerazionale: secondo gli ultimi dati Ocse, il 18 per cento dei giovani con meno di 26 anni è povero, rispetto all’11 per cento degli over 65 – una situazione speculare a quella della metà degli anni Ottanta. Gli alti livelli di povertà tra le fasce più giovani della società riflettono l’endemica disoccupazione giovanile che contraddistingue il nostro paese: a ottobre 2021 il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni si è attestato al 28 per cento.
Pochi italiani si identificano tra i ricchi
La ricerca sottolinea inoltre come la preoccupazione per le disuguaglianze economiche rifletta in larga parte motivi individualistici e sia perciò inferiore fra coloro che si ritengono più benestanti. Secondo i dati degli utenti che utilizzano il webtool Compare Your Income, gli italiani sembrano però avere una percezione distorta del livello relativo del loro reddito. Anche se in tutti i paesi Ocse la maggior parte degli utenti tende a collocarsi nella classe media, in Italia vi è una minore propensione a considerarsi fra coloro a reddito elevato anche quando lo si è effettivamente. Solo il 30 per cento degli utenti nel quintile più alto della distribuzione di reddito (cioè con un reddito familiare al netto delle tasse superiore ai 60 mila euro per una famiglia di 4 persone) percepisce correttamente la propria posizione, rispetto a una media Ocse del 44 per cento.
In conclusione, non sembra che gli italiani percepiscano, in media, un mondo molto lontano dalla realtà, almeno in termini comparativi: alta disuguaglianza, unita a un basso livello di mobilità sociale e di eque opportunità. In parte, però, tendono a non valutare correttamente la propria posizione relativa nella distribuzione dei redditi, in particolare i più ricchi che in genere si ritengono più vicini alla classe media di quanto siano effettivamente. Tutto ciò contribuisce a determinare la maggiore preoccupazione per la disuguaglianza osservata in Italia. In un prossimo intervento discuteremo di come questi fattori soggettivi si traducano (o meno) in sostegno alle politiche volte a ridurre la disuguaglianza.
*Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente agli autori e non investono la responsabilità delle organizzazioni di appartenenza.
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Luca Cigolini
Come si dovrebbe percepire, secondo voi, un uomo con famiglia e con stipendio da insegnante in Lombardia?
Il giochino “Compare your income” dice che sarei nel 20% più ricco.
Sopra di me solo il mio idraulico, il parrucchiere, il meccanico e il farmacista!!!
(L’articolo invece mi pare interessante, grazie!)
Emanuele Ciani
Grazie per l’attenzione e l’interesse per l’articolo. È difficile valutare l’esempio che lei fa sullo stipendio di un insegnante in assenza di altri dati (reddito familiare disponibile – al netto delle tasse – e dimensione del nucleo familiare), ma consideri che il tool Compare Your Income usa esattamente quei dati (come inseriti dall’utente) per valutare la posizione nella distribuzione della distribuzione dei redditi a livello nazionale (non di una specifica regione). Il tool si basa sul confronto con dati statistici oggettivi (Income Distribution Database dell’OCSE) ed è in linea con quanto pubblicato anche da altre istituzioni (e.g. Eurostat). Ovviamente siamo consapevoli che i dati statistici hanno delle limitazioni, per esempio la difficoltà di catturare bene i redditi molto elevati e il fatto che gli aggiustamenti per la composizione familiare sono frutto di convenzioni metodologiche. Se le interessa, nel capitolo 2 del rapporto Does Inequality Matter? (link sopra nell’articolo) può trovare una discussione più approfondita di queste questioni.
Alessandro Sebastiani
Buongiorno, mi chiedo se più diseguaianza porta a più povertà. Ci sono dati al riguardo?