La fine del 2021 si avvicina e si può tracciare un bilancio della politica monetaria fin qui condotta dalla Bce. Mentre il Consiglio direttivo del 16 dicembre offre utili indicazioni sulle sfide che si prospettano nel 2022, in una situazione ancora incerta.

Il bilancio consolidato dell’Eurosistema

La fine del 2021 si avvicina e ci sono ormai tutti gli elementi per tracciare un bilancio della politica monetaria condotta dalla Banca centrale europea nel corso dell’anno. E il Consiglio direttivo tenutosi il 16 dicembre dà utili indicazioni sulle sfide che si prospettano alla politica monetaria europea nel 2022.

Il documento sintetico che consente di fare un consuntivo della politica monetaria condotta nel 2021 è il bilancio consolidato dell’Eurosistema, nel quale sono registrate tutte le attività e le passività della Bce e delle banche centrali nazionali dei paesi dell’area dell’euro. Il bilancio viene pubblicato ogni settimana e contiene molte voci. Ai fini della valutazione dell’orientamento della politica monetaria tre sono quelle particolarmente importanti: il totale di bilancio, l’ammontare complessivo di titoli detenuti per esigenze di politica monetaria e quello delle operazioni di rifinanziamento a più lungo termine.

La variazione dei titoli detenuti in portafoglio è determinata soprattutto dagli acquisti effettuati nel quadro del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, Pepp), ma anche quelli effettuati attraverso altri programmi, tra cui i 20 miliardi acquistati regolarmente ogni mese nell’ambito del Programma di acquisto di attività (Asset Purchase Programme, App). Le operazioni di rifinanziamento a più lungo termine negli ultimi due anni sono variate in particolare per effetto dell’uso delle Targeted Longer-Term Refinancing Operations (Tltro) e delle operazioni introdotte per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Longer-Term Refinancing Operations, Peltro).

La figura 1 mostra l’evoluzione del bilancio consolidato dell’Eurosistema nel 2020 e nel 2021 e mette in evidenza che la crescita nel 2021 è stata meno sostenuta rispetto all’anno precedente. Nell’intero 2020 il bilancio è aumentato di 2.323 miliardi contro una crescita di 1.442 miliardi nei primi undici mesi del 2021. Dalla figura si osserva inoltre che il ritmo di crescita è stato meno rilevante nell’ultima parte del 2021.

Non si intende sostenere che la politica monetaria non abbia giocato un ruolo espansivo nel 2021, ma solo che vi è stato un rallentamento degli interventi rispetto ai mesi immediatamente successivi al marzo 2020, quando la Bce varò il Pepp e altre misure di emergenza per importi molto consistenti.

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Il ruolo delle aspettative

Nel fare il consuntivo del 2021 va considerato che i dati di bilancio non tengono conto del fatto che, ormai da molto tempo, la politica monetaria si basa principalmente sugli effetti che ha sulla formazione delle aspettative degli operatori che operano sui mercati finanziari. Sotto questo profilo, nel 2021 la Bce ha tenuto un atteggiamento fortemente espansivo. Ci limitiamo qui a ricordare il ruolo avuto dal Pepp, che fin dalla sua formulazione iniziale prevedeva un’ampia flessibilità, sia per la tipologia di titoli acquistabili che per la suddivisione dei paesi dell’Eurozona. Prevedeva inoltre che gli acquisti avrebbero dovuto protrarsi almeno fino alla fine di marzo 2022 e, in ogni caso, “finché non fosse ritenuta conclusa la fase critica legata al coronavirus”. 

Come ha affermato in più occasioni la presidente Lagarde, per le sue caratteristiche di flessibilità e di estensione temporale, il Pepp ha agito come un circuit breaker che, tramite il suo effetto sulle aspettative, ha contribuito a stabilizzare immediatamente i mercati (quasi come l’ormai passato alla storia “whatever it takes” pronunciato dall’allora presidente Bce, Mario Draghi, nel luglio 2012).

Le prospettive per il 2022

La principale misura prospettata nel Consiglio direttivo del 16 dicembre è il rallentamento degli acquisti nel quadro del Pepp nel primo trimestre del nuovo anno e la sua conclusione a fine marzo 2022. La Bce si è lasciata un ampio margine di flessibilità, in grado di influire sulle aspettative degli operatori finanziari, perché nel comunicato ha precisato che il programma potrebbe essere ripreso anche dopo la sua scadenza per fronteggiare shock avversi legati alla pandemia. Contestualmente, la Bce ha annunciato che, dopo la scadenza del Pepp, verranno incrementati gli acquisti nell’ambito del programma App, portandoli a 40 miliardi nel secondo semestre, a 30 nel terzo per ritornare poi nell’ultimo trimestre agli attuali 20 miliardi. Sulle operazioni di rifinanziamento a più lungo termine non vi sono cifre, ma si afferma che la Bce intende assicurare che contribuiscano al regolare funzionamento dei mercati finanziari.

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Quali indicazioni si possono trarre da queste misure? La prima è che il totale di bilancio indicato in figura dovrebbe crescere nel 2022 a un ritmo inferiore rispetto al 2021, ma senza per questo implicare, a giudizio della presidente Lagarde, aumenti dei tassi di interesse con una dinamica simile a quella prevista per gli Stati Uniti dopo le decisioni prese il 15 dicembre dalla Fed. Nella conferenza stampa che si è tenuta dopo il Consiglio, la presidente della Bce ha fatto ampio ricorso a due termini: incertezza e flessibilità. Ha lasciato intendere che, in relazione all’evolversi della situazione, le misure ora previste potrebbero essere anche ampiamente riviste nei Consigli direttivi che si succederanno nel corso del 2022.

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