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L’impatto del Covid sull’istruzione sembra essere stato simile per tutte le fasce sociali

La chiusura delle scuole a causa del Covid, pur avendo avuto un impatto molto pesante sui livelli di apprendimento, sembra aver colpito in maniera piuttosto omogenea gli studenti appartenenti a classi sociali diverse. I risultati di uno studio.

Molti osservatori, noi compresi, hanno sostenuto che la decisione del nostro governo di chiudere le scuole per combattere la pandemia da Covid-19 avrebbe fortemente ridotto gli apprendimenti degli studenti e accresciuto sensibilmente le disuguaglianze di istruzione. Al fine di verificare questa previsione, abbiamo effettuato una valutazione d’impatto del ricorso alla didattica a distanza comparando i punteggi in italiano e in matematica ottenuti nei test INVALSI dai frequentanti la quinta elementare, la terza media e la quinta superiore nell’anno scolastico 2020/21 con i corrispondenti punteggi fatti registrare da quanti avevano frequentato le stesse classi nell’A.S. 2018/19. Gli esiti preliminari di questa analisi non confortano appieno le nostre previsioni. Essi mostrano sì, e in linea con quanto emerso da precedenti indagini, che le perdite nei livelli di apprendimento rilevate tra gli scolari e gli studenti della leva del 2020/21 sono state – con l’eccezione dell’italiano nella scuola primaria – severe e di intensità crescente, passando dagli allievi di quinta elementare, a quelli di terza media e di quinta superiore (Tabelle. 1 e 2). Nello stesso tempo, però, i nostri risultati inducono a ritenere che queste perdite abbiano inciso, entro ciascun grado di istruzione, in misura non troppo difforme tra gli allievi di diversa origine sociale. In altre parole, la contrazione degli apprendimenti causalmente imputabile alla chiusura delle scuole parrebbe essere, alla luce dei dati esaminati, assai simile nei ragazzi appartenenti a quattro distinti strati sociali, individuati con riferimento ai quartili della distribuzione dei punteggi dell’indice Escs (Economic, Social and Cultural Status) messo a punto dallo stesso Invalsi.

Abbiamo espresso in termini prudenziali il senso del nostro studio, perché l’Escs presenta qualche problema di affidabilità, dovuto al fatto di non essere disponibile, a causa di mancate risposte, per una proporzione elevata (27,4 per cento) di studenti delle superiori nel 2018/19. Ed è noto che, in genere, le mancate risposte circa la propria posizione sociale sono più frequenti tra gli strati sociali inferiori. Si deve però anche aggiungere che, nella leva 2020/21, l’incidenza dei dati mancanti si è dimezzata (13,7 per cento) e che le distribuzioni campionarie delle due serie di punteggi appaiono decisamente simili. Questi elementi, congiunti alla specifica procedura adottata per abbinare i soggetti appartenenti alle due leve poste a confronto, dovrebbe aver reso ragionevolmente solida, ancorché non del tutto immune da qualche riserva, la tendenza di fondo emersa dalle analisi.

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Guardando ai risultati, si può innanzitutto sottolineare che, tra gli studenti del quinto anno delle superiori nell’A.S. 2020/21, non è rilevabile alcuna crescita – in italiano (Tabella 1) così come in matematica (Tabella 2) – delle distanze nei livelli di competenza esistenti tra i discendenti dai quattro strati sociali presi in esame. Si potrebbe, anzi, far osservare che le riduzioni degli apprendimenti sono state meno accentuate tra gli allievi di origine sociale inferiore rispetto agli appartenenti a tutti gli altri strati sociali (Tabelle 1 e 2). In quinta elementare si è, addirittura, avuta una diminuzione, sempre in entrambe le materie, delle disuguaglianze intercorrenti tra i ragazzi appartenenti alla fascia sociale inferiore e i loro compagni dei due strati intermedi, senza nessun incremento del loro svantaggio rispetto ai ragazzi dello strato sociale più elevato. Solo nelle medie, la perdita di competenze presenta una relazione pressoché inversa con le origini sociali degli studenti. Si noti, però, che le distanze tra lo strato medio-superiore e quello superiore rimangono sostanzialmente invariate.

La prevalente uniformità degli effetti della chiusura delle scuole attraverso i vari strati sociali da noi rilevata è spiegabile ricordando: i) la semplicità tecnica, il costo relativamente contenuto e l’ampia diffusione degli strumenti informatici occorrenti per seguire le lezioni in rete; e ii) il carattere essenzialmente individuale, non socialmente strutturato, delle possibili reazioni psicologiche all’apprendimento in condizioni di lontananza da insegnanti e compagni.

Anche il diverso grado di similarità degli effetti della pandemia tra studenti di diversa origine sociale, che si nota passando da un livello di istruzione all’altro, può essere spiegato in modi abbastanza semplici. Notoriamente, la scuola primaria è assai più inclusiva della secondaria di primo grado. D’altro canto, gli studenti della quinta superiore sono positivamente selezionati rispetto alle richieste di apprendimento della scuola. Tra di essi, dunque, le disparità di ordine cognitivo e motivazionale collegate alle origini sociali sono di gran lunga inferiori di quelle rilevabili tra studenti che si trovano in fasi precedenti del processo formativo.

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Ecobonus, tra dubbi e certezze – Leonzio Rizzo a L’aria che tira

  1. Luca Cigolini

    È possibile ricavare un confronto tra i livelli d’istruzione del biennio in esame al netto della pandemia?
    Senza Covid ci saremmo dovuti aspettare livelli simili, migliori (grazie all’effetto delle ultime riforme) o peggiori (in seguito alle ultime riforme)?
    Pongo la domanda dopo la lettura di un libello polemico di L. Ricolfi, che già dal titolo sembra propendere per la terza ipotesi: “Il danno scolastico”.

  2. Marco

    Nel balutare la dad vengono spesso tralasciati alcuni aspetti importanti:
    quanto conta l’impreparazione dei docenti nell’utilizzo della dad?
    quanto conta il fattore novità?
    quanto contano le ore o i giorni perai prima di decidere ad iniziare la dad?
    quanto conta la carenza di strumenti, linee affidabili e veloci?
    quanto conta la mancanzza generale di organizzazione nelle scuole e nelle case, soprattutto in momenti delicati che abbiamo passato?
    quanto contano i periodi in cui in molte famiglie é stato presente almeno un contagiato da covid?

  3. Teresa Spadea

    Non mi sento di condividere le conclusioni degli autori, perché credo che i dati molto interessanti che riportano vadano commentati separatamente per i tre diversi gradi di scuola:
    1. nella scuola primaria la DAD si è svolta per meno giorni e ha quindi inciso molto meno rispetto alle scuole superiori; inoltre i bambini di quell’età acquisiscono competenze molto basilari, che permettono meno di discriminare tra classi sociali (a parità di cittadinanza) – lo strano andamento delle variazioni in 5a elementare, peraltro non coerenti nelle due materie, non può secondo me dare grosse indicazioni sull’impatto della DAD per posizione sociale.
    2. in terza media invece si vede una chiara relazione con la classe sociale, con maggiori riduzioni di apprendimento tra le classi sociali più basse, in entrambe le materie, esattamente come ipotizzato.
    3. per quanto riguarda la scuola superiore infine, è noto che c’è una grossa differenziazione sociale sulla tipologia di istituto (licei, istituti tecnici e professionali) mentre all’interno della stessa tipologia di scuola le famiglie sono socialmente molto omogenee – pertanto, l’aggiustamento effettuato per indirizzo scolastico ha ovviamente già eliminato il grosso delle differenze sociali (si tratta cioè di sovraggiustamento) e l’andamento osservato non può essere interpretato come assenza di differenze per classi – per la scuola superiore pertanto i risultati presentati sono secondo me poco indicativi, mentre avrebbe più senso guardare alle differenze per tipologia di scuola, oppure non aggiustare nel modello.

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