Se in Italia si utilizzassero di più bancomat e carte di credito, il sistema economico ne trarrebbe importanti benefici: dalla riduzione dell’economia sommersa a migliori prospettive sulle finanze pubbliche e sul quadro macroeconomico generale. Quello che dovrebbero fare la politica e le banche.
MONETA DI PLASTICA: UN CONFRONTO ITALIA-USA
La diffusione di bancomat e carte di credito è un fenomeno che finora ha caratterizzato principalmente gli Stati Uniti. Se si intensificasse anche in Italia si avrebbero importanti benefici in termini di riduzione dell’economia sommersa, con migliori prospettive sulle finanze pubbliche e sul quadro macroeconomico generale. Ciò assumerebbe particolare importanza in un momento critico come quello attuale.
L’ultimo ventennio è stato caratterizzato da un crescente utilizzo della moneta di plastica. Negli Stati Uniti, la percentuale di pagamenti effettuati tramite carta di credito o di debito sul numero totale di transazioni è cresciuta da circa il 28 per cento del 1998 a oltre il 56 per cento del 2008; nello stesso periodo il numero di transazioni pro capite effettuate con la moneta di plastica è cresciuto da 70 a 190 circa.
In Italia la diffusione è stata minore: nel 2008 si è avuto un 40 per cento di pagamenti senza contante e 25 transazioni pro-capite tramite carta. I dati di Banca d’Italia mostrano che la percentuale di famiglie italiane che possiedono un bancomat è cresciuta dal 42 per cento del 1993 al 64 per cento del 2008; nello stesso periodo il possesso di carte di credito è passato dal 13 al 32 per cento circa (grafico 1). Negli ultimi anni, con l’avvento della crisi economico-finanziaria, le quote sono rimaste sostanzialmente stabili.
Il trend crescente delle ultime due decadi non ha tuttavia consentito di colmare il gap con gli Usa: la differenza riguarda in particolare il possesso delle carte di credito (78 per cento nel 2008 negli Stati Uniti) e in misura meno significativa quello del bancomat (80 per cento nel 2008), strumento utilizzato in Italia prevalentemente per il prelievo del contante.
Grafico 1 – Possesso di bancomat e carte di credito in Italia (% delle famiglie)
Fonte: elaborazioni degli autori su dati Banca d’Italia
I FATTORI ESPLICATIVI PER LA DIFFUSIONE DELLE CARTE
In un nostro recente studio abbiamo riscontrato come nel periodo 1993-2008 la probabilità di possesso e utilizzo della moneta di plastica in Italia, in maniera similare a quanto avviene negli Stati Uniti, dipende significativamente dal livello di istruzione, dall’età, dalla macro-area geografica di appartenenza, dal reddito e dal consumo di beni non-durevoli. (1) Le evidenze trovate indicano che il progresso tecnologico non sembra aver avuto effetti significativi sulla probabilità marginale di possedere e utilizzare la moneta di plastica, rispetto ai fattori socio-demografici considerati. Ciò segnala che le nuove tecnologie Ict hanno prodotto effetti sull’offerta piuttosto che sulla domanda. Inoltre le nostre stime mostrano che le famiglie italiane più indebitate hanno una più elevata propensione a possedere le carte di credito, perché queste rappresentano anche uno strumento di finanziamento, particolarmente utile in periodi di crisi economica come quello attuale.
Dunque, la più bassa propensione delle famiglie italiane a indebitarsi e la differente distribuzione in termini di età, reddito e livello di istruzione potrebbero spiegare, almeno parzialmente, la minore diffusione di bancomat e carte di credito che osserviamo in Italia rispetto agli Stati Uniti.
I dati più recenti supportano la nostra analisi:
– la propensione all’indebitamento delle famiglie italiane è molto più bassa rispetto a quella delle famiglie americane: tra il 2007 e il 2008 la quota di famiglie indebitate era pari a circa il 76 per cento negli Usa contro il 28 per cento in Italia;
– la popolazione italiana è più anziana: 56 anni di media in Italia contro i 37 negli Usa;
– il reddito medio è più basso in Italia: nel 2007-2008 era pari a circa 60mila euro negli Usa contro 32mila euro in Italia;
– il livello di istruzione risulta più elevato negli Stati Uniti.
Altro fattore che ha limitato la diffusione delle carte di pagamento in Italia è poi la vastità dell’area di evasione fiscale, in particolare nel settore del commercio.
QUALI POLITICHE PER LO SVILUPPO DELLE CARTE DI PAGAMENTO?
La minore diffusione della moneta di plastica in Italia non può essere combattuta in maniera immediata andando ad agire sugli aspetti relativi ai fattori socio-demografici, in quanto questi ultimi sono strutturali e non possono essere modificati nel breve-medio periodo. Nel breve periodo, i responsabili della politica economica possono tuttavia agire sui fattori di offerta, ad esempio promuovendo la diffusione dei Pos nelle aree dove sono meno diffusi, come nel Sud Italia, oppure attraverso la leva fiscale. Nella giusta direzione va per esempio il decreto varato dal Governo Monti a fine 2011, che introduce nuove limitazioni all’uso del contante, anche se la soglia di tracciabilità scelta (mille euro) tende a escludere le transazioni economiche di valore più contenuto che spesso caratterizzano la micro e piccola impresa italiana.
Anche il circuito bancario potrebbe offrire un contributo allo sviluppo della moneta di plastica, agevolando e accentuando l’efficacia delle politiche economiche. Un primo passo è stato compiuto con la scelta di minimizzare i costi e i rischi relativi alla gestione del contante tramite la promozione e lo sviluppo dei pagamenti elettronici. Le ultime indagini condotte da Banca d’Italia sui costi sociali dei servizi di pagamento sostengono la bontà di questo obiettivo. (2)
L’industria bancaria, però, dovrebbe compiere sforzi maggiori, soprattutto per ridurre le commissioni e i costi connessi con l’utilizzo delle carte di pagamento. Per ottenere questo risultato è fondamentale che aumenti la concorrenza, così come anche evidenziato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in alcuni suoi provvedimenti che hanno riguardato sia le carte di credito che il servizio PagoBancomat.
Infine, un contributo potrebbe derivare anche dallo sviluppo delle nuove tecnologie. Seguendo quando già avviene negli Stati Uniti da alcuni anni, inizia a diffondersi sul mercato italiano il fenomeno della “commodizzazione” dei terminali Pos, che permette ad esempio di effettuare pagamenti tramite smartphone o tablet. (3)
GLI EFFETTI BENEFICI SULL’ECONOMIA ITALIANA
Le politiche di stimolo alla diffusione della moneta di plastica possono avere benefici considerevoli sulle finanze pubbliche italiane. Esiste infatti una relazione inversa tra economia sommersa e diffusione di bancomat e carte di credito, spiegata dal fatto che l’evasione fiscale risulta facilitata laddove le transazioni avvengono tramite denaro contante. Le nostre stime a livello regionale mostrano che in Italia un incremento di 10 punti percentuali nella diffusione della moneta di plastica ridurrebbe il tasso di lavoro irregolare di circa 0,5 punti percentuali.
Gli incentivi all’utilizzo di bancomat e carte di credito comporterebbero dunque una riduzione del sommerso e consentirebbero ai policy maker di mettere in campo politiche fiscali più espansive: ciò porterebbe benefici significativi in un paese come l’Italia, coinvolto in una profonda recessione, caratterizzato da un debito pubblico ben oltre i limiti consentiti dai Trattati europei e fortemente penalizzato sui mercati finanziari dei titoli di Stato.
* Le opinioni espresse nell’articolo appartengono esclusivamente agli autori e non sono quindi attribuibili alle società di appartenenza.
(1) Di Giulio D. e Milani C. (2013), “Plastic money diffusion and usage: an empirical analysis on Italian households”, Economic Notes – Review of Banking, Finance and Monetary Economics, Banca Monte dei Paschi di Siena, Volume 42, Issue 1, p. 47-74.
(2) Secondo le stime di Banca d’Italia l’utilizzo del contante costa complessivamente al nostro sistema economico circa 8 miliardi di euro, pari allo 0,52 per cento del Pil (contro lo 0,4 per cento della media europea) ovvero 133 euro pro capite (Banca d’Italia, “Il costo sociale degli strumenti di pagamento”, Tematiche Istituzionali, novembre 2012).
(3) Seguendo iniziative che negli Usa si stanno diffondendo già dal 2009, è nato nel 2012, tramite una startup, il device “made in Italy” che trasforma smartphone e tablet in Pos.
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jorge
Il dato sull’età media della popolazione italiana è da correggere: 56 anni è un valore chiaramente esagerato. Il dato corretto è poco più di 43 anni.
Vedi per esempio:
http://www.tuttitalia.it/statistiche/indici-demografici-struttura-popolazione/
Giulio Primo
l’autore dell’articolo nomina solo “en passant” della inesistenza ed indisponibilità di POS e terminali di pagamento tramite carta di credito: nella mia esperienza ho rilevato un’enorme numero di esercizi che non li possiedono, non li fanno usare, adducono malfunzionamenti degli stessi, a partire dagli esercizi pubblici più vicini al cittadino (Comuni, poste, ecc.). Sono convinto che obbligando tutti gli interessati a disporre di tali mezzi, il numero delle transazioni elettroniche aumenterebbero in maniera esponenziale ma, in un’Italia in cui tutti parlano e pochi agiscono, il segnalare le disfunzioni resta comunque e sempre una semplice esercitazione letteraria!
Rino Ruggeri
Giustissimo, inoltre se per esercitare un pubblico esercizio o un’attività si obbligasse ad avere il POS il gioco si completerebbe. Infatti perchè è obbligatorio avere la abilitazione alla distribuzione di alimenti e non avere il POS giusto per fare un esempio? E poi c’è anche il minor rischio di scippo usando la plastica
Ivan Banfi
Considerate la carriere di questi due professionisti, saldamente legate all’associazione bancaria italiana e all’ambiente bancario e finanziario internazionale, direi che il loro parere è ben poco disinteressato a favorire la diffusione dei pagamenti elettronici al fine di ridurre l’evasione fiscale quanto piuttosto ad aumentare gli introiti per i loro datori di lavoro.
Costoro si guardano bene dal parlare degli introiti che deriverebbero per le banche dalle commissioni che si pagano per ogni transazione elettronica e edl controllo ancora maggiore che verrebbe fatto su ogni cittadino e sul flusso dei suoi consumi e spese quotidiane.
Sebastian Cortese
Prima di esprimere tesi dalle solidità economico-politica e di benessere sociale (nel senso paretiano del termine) alquanto discutibili, dovresti consolidare le ipotesi affichè la ricetta possa definirsi incontrovertibile.
Ti basti sapere che il tasso di pressione fiscale in Italia è al 47% tra i più alti d’europa e del mondo, con un cuneo in crescita, mentre nelle economie più virtuose decresce. Una correlazione positiva sussiste in funzione al grado di evasione, erosione ed elusione.
Chiamasi effetto moltiplicatore. Se evadi paghi più tasse ed hai meno servizi e viceversa. Ma dietro quel viceversa ci stanno tutti i fondamentali usati per la comparazione fra Italia e USA, per es.
Ma non è solo questo, è piuttosto questione di politica economica che un paese vuole adottarsi, in funzione della propria cultura, del grado di asimmetrie informative che intende tollerare e dal beneficio (reale o presunto) che intende lasciare alla mano invisibile dell’economia sommersa.
Fiumi di libri, teorie, ricette sono state definite nella branchia dell’economia conosciuta come “scienze delle finanze”. Costrutti tanto sofisticati quanto lo sono le strategie di deviazione da un “gioco” per nulla collusivo.
Basterebbe questa breve dissertazione per confermare la bontà delle intenzioni degli autori, i quali ragionano da economisti ed in quanto tali perseguono il raggiungimento di quel miglioramento delle condizioni generali della collettività, altrimenti noto come social welfare e che in quanto tale minimizzi le sacche di perdita secca. Delle quali riteniamo irrisorie le comissioni ed i profitti eventualmente ottenibili dagli istituti di credito. I quali, se insistono in un contesto efficiente e trasparente, sono l’unico veicolo che consente l’incontro tra proprensione all’investimento e disponiblità di moneta.
Tò guarda, l’innesto della crescita che porta alla ricchezza!!
Jorge Pirola
A mio avviso la ragione della minor diffusione delle carte di credito in Italia è prettamente culturale: il minor livello di fiducia, soprattutto al Sud, in qualsiasi cosa non sia di diretto controllo proprio o della propria famiglia.
I fattori che ci differenzierebbero dagli Stati Uniti citati nell’articolo non mi sembrano così rilevanti, anche perché il dato della età media della popolazione in Italia non è corretto: siamo intorno a 43 anni, non 56.
Frank
Finchè l’utilizzo di moneta di plastica viene premiato dal governo con una tassazione (vedi ad esempio imposta di bollo sopra i € 100,00 di utlizzo) converrà usare i contanti
Luca
Quello che gli ipocriti non ci dicono è che le commissioni pagate dagli esercenti stranieri sono frazioni di quelle che chiedono quelle italiane. Un commerciante deve pagare in media il 2% sul transato, più i canoni di noleggio del pos anche se non utilizzato. Dopodiché sappiamo anche che la lotta all’evasione è soltanto un pretesto per monitorare tutti i pagamenti e per cosa dei pesci piccoli, mentre politici e grossi delinquenti potranno sempre evadere con società off-shore… Ridicolo!!!