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Sulle droghe va cambiato approccio

L’Italia è ai primi posti in Europa per consumo di cannabis, cocaina ed eroina. Il fenomeno è molto diffuso anche tra i giovani, con conseguenze gravi. Forse è arrivato il momento di rivedere il Dpr 309/1990, depenalizzando alcune condotte.

Le droghe in pandemia

La Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia rivela uno stretto legame tra spaccio e consumo di sostanze stupefacenti e una larga presenza di carcerati con tossicodipendenze, fenomeno in forte crescita tra i giovani sotto i 19 anni. Il mercato delle sostanze stupefacenti, nel periodo post pandemia Covid-19, non ha subito ulteriori diminuzioni. Sembrerebbe che nel nuovo contesto, le organizzazioni criminali abbiano dimostrato una grande capacità di adattamento, utilizzando sempre più di frequente i criptomercati web. Sebbene le restrizioni abbiano condizionato tutto il processo, dalla coltivazione e produzione all’approvvigionamento e manodopera fino ai consumatori finali, i quantitativi di sostanze stupefacenti sequestrati sono aumentati dal 2019 al 2021.

In particolare, pur con una diminuzione delle operazioni effettuate dalle forze di polizia (22.808 nel 2020 contro 21.318 nel 2021), sono stati sequestrati 91.152 chili di sostanze stupefacenti e psicotrope, con un incremento del 54 per cento rispetto al 2020. Il 74 per cento delle oltre 91 tonnellate di sostanze sequestrate ha riguardato i prodotti derivati dalla cannabis, principalmente marijuana, il 22 per cento cocaina e poco meno dell’1 per cento eroina e altri oppiacei.

La diffusione tra i più giovani

Per capire l’andamento della diffusione di consumi di sostanze stupefacenti, la relazione fornisce una visione d’insieme combinando dati italiani di Espad (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs) su studenti delle scuole secondarie di secondo grado di 15-19 anni e lo studio delle acque reflue in alcune città campione.

Nel 2021, quasi il 40 per cento degli studenti italiani, prevalentemente di genere maschile, ha riferito di aver utilizzato almeno una volta nel corso della propria vita una sostanza illegale tra cannabis, cocaina, stimolanti, allucinogeni e oppiacei. L’uso più frequente (figura 1) riguarda la cannabis (oltre il 23 per cento), senza contare un 4 per cento di cannabinoidi sintetici, e quasi il 5 per cento di nuove sostanze psicoattive (Nps).

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Lo studio delle acque reflue, dove le sostanze più rilevate sono la cannabis e i suoi derivati, sebbene con ampia variabilità tra le città analizzate, conferma i risultati dell’indagine Espad.

Nel complesso, tra il 2020 e il 2021 si sono registrati forti aumenti a Fidenza (THC ed eroina), Nuoro (THC e cocaina), Ancona (THC ed eroina), Campobasso (THC, eroina e cocaina), Perugia (eroina) e Trieste (eroina e cocaina). Mentre si sono rilevate riduzioni nei consumi a Belluno, Cagliari e Trapani.

A fine 2021, all’interno degli istituti penitenziari erano presenti 54.134 detenuti, il 35 per cento dei quali per aver commesso reati in violazione del Dpr n. 309/1990. La maggior parte di loro (63 per cento) è stata condannata per reati inerenti alla produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, il 5 per cento per reati inerenti all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e il restante 32 per cento ha commesso entrambi i reati. Nel 2021, su un totale complessivo di 20.797 persone in carico ai servizi sociali minorili, quelle con imputazioni legate a reati per droga erano 3.856 (circa il 19 per cento del totale). Consumo e spaccio di sostanze stupefacenti sono associate a una serie crescente di comportamenti a rischio, tra cui dispersione scolastica, ritiri sociali volontari e cyberbullismo.

Norme da cambiare

Un’adeguata regolamentazione del settore da parte della politica è chiaramente necessaria, ma la raccolta di 607 mila firme per il referendum sulla cannabis, in seguito giudicato inammissibile dalla sentenza della Corte costituzionale (51/2022), ha fatto emergere anche una forte spinta popolare per una revisione della normativa.

Le proposte più concrete riguardano l’articolo 73 del Dpr n. 309/1990 con l’intento di sottrarre all’azione penale sia la coltivazione di cannabis a uso domestico, sia la cessione di basse quantità per utilizzo di gruppo nel caso in cui non vi sia la finalità di profitto.

L’esperienza di altri paesi può servire da lezione, seppur con le dovute cautele, date le diversità istituzionali e culturali. Negli Usa, la marijuana è stata legalizzata da 36 stati per scopi medici e da 14 stati per scopi puramente ricreativi. La legalizzazione ha fatto crescere i consumi? L’evidenza empirica non sembra confermare questa ipotesi, specialmente per quanto riguarda gli adolescenti. Relativamente al tema della comorbidità, altri studi mostrano addirittura una diminuzione del 20 per cento nell’uso di alcool, un calo nei crimini legati a stupri e violenze sessuali e una riduzione delle ospedalizzazioni legate all’alcool. Un altro effetto diretto concerne una diminuzione dei suicidi e del numero di incidenti stradali. D’altra parte, un accesso facilitato alla cannabis potrebbe portare con sé problemi inerenti alla sicurezza sul lavoro. Tuttavia, la legalizzazione della marijuana medica è associata a una riduzione dell’8 per cento della probabilità di assentarsi da lavoro per problemi di salute. I risultati esistenti sono coerenti con la tesi che le conseguenze della legalizzazione della marijuana sulla salute pubblica siano, in genere, positivi. A questo vanno aggiunti i potenziali benefici che deriverebbero dalla sottrazione di un’importante quota di profitti illegali alle organizzazioni criminali, sebbene sia necessaria un’adeguata regolamentazione del settore.

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  1. Andrea

    Non sono d’accordo alla proposta di legalizzazione anche per i giovanissimi.

    E’ confermato che l’abuso di sostanze in giovane età può costituire un trigger, per i soggetti predisposti, a patologie psichiatriche importanti.

  2. Elvira Carola

    Come sono stati valutati gli effetti diretti dell’uso di droghe su suicidi e incidenti stradali?

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