L’introduzione dello Sna e la riforma delle valutazioni sono passaggi positivi nel disegnare un welfare per gli anziani unitario e più semplice. Ma tradurre in pratica le nuove disposizioni sarà complesso. E resta aperta la questione delle risorse.
Un sistema unitario per la non autosufficienza
Nel suo ultimo Consiglio dei ministri, il Governo Draghi ha approvato il disegno di legge delega sulla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e attesa da oltre 20 anni. Ora la parola passa al nuovo Parlamento e al nuovo Governo. Vediamo, intanto, a che punto siamo arrivati con il testo appena ratificato.
L’assistenza pubblica agli anziani non autosufficienti è oggi suddivisa in tre filiere ben poco coordinate: le politiche sanitarie, quelle sociali e i trasferimenti monetari dell’Inps. Ne derivano lo spezzettamento delle misure disponibili e una babele di regole e procedure da seguire, che disorientano anziani e famiglie. Inoltre, la frammentazione esistente limita la possibilità di fornire interventi appropriati.
Il testo approvato, invece, introduce il Sistema nazionale anziani non autosufficienti (Sna), che ha il compito di programmare e monitorare in modo integrato l’insieme dei servizi e degli interventi del settore. In concreto, l’uso delle diverse risorse per la non autosufficienza sarà pianificato congiuntamente dai vari soggetti responsabili, a ogni livello di governo: stato, regioni e territori. Tramite lo Sna, si vogliono creare i presupposti per assicurare agli interessati risposte unitarie e appropriate.
Viene anche rivista la pletora delle valutazioni delle condizioni degli anziani, che determinano gli interventi da ricevere. Oggi ve sono troppe (5-6) e non collegate tra loro, duplicando così gli sforzi degli operatori e rendendo assai complicato il percorso delle persone coinvolte. Inoltre, alcuni strumenti valutativi – in particolare quelli statali – sono inadatti a comprendere in modo puntuale lo stato degli anziani. Con la riforma, le valutazioni diventano due soltanto: una di responsabilità statale e una di competenza delle regioni, tra loro collegate (la seconda partirà dai risultati della prima). Quella statale sarà realizzata con un nuovo e moderno strumento valutativo, più adatto a cogliere le esigenze degli interessati.
Il Ddl richiede vari aggiustamenti tecnici, ma l’introduzione dello Sna e la riforma delle valutazioni sono passaggi positivi e coerenti nel disegnare – l’uno a livello di sistema, l’altro di percorsi individuali – un welfare per gli anziani unitario e più semplice. D’altra parte, proprio il carattere innovativo di queste disposizioni rende molto complesso tradurle in pratica. La loro “messa a terra” costituirà, dunque, la parte più difficile.
Risposte adeguate alle esigenze degli anziani
Insieme alla predisposizione di un sistema unitario, l’altro asse portante del testo consiste nella revisione dei vari interventi disponibili, per renderli meglio rispondenti alle necessità degli anziani e dei familiari a cui sono destinati. Bisogna qui ricordare che la titolarità dei servizi è di regioni e comuni e che, pertanto, il ruolo dello stato consiste nel fornire poche indicazioni, cercando di toccare i punti chiave.
Per alcuni interventi viene delineata una decisa linea di miglioramento. È il caso dei servizi domiciliari, per i quali si prevede una durata commisurata alle esigenze dell’anziano: oggi, invece, gli interventi vengono erogati in prevalenza per due-tre mesi, proprio perché non sono specificamente ideati per la non autosufficienza, stato della vita che si prolunga per anni. Inoltre, si prevede di offrire risposte integrate tra comuni e Asl, superandone l’attuale separazione.
La strada è tracciata anche per la riforma dell’indennità di accompagnamento: non più un contributo economico di 529 euro uguale per tutti, bensì importi graduati in base al fabbisogno assistenziale dei diversi anziani (dare di più a chi sta peggio). Inoltre, s’introduce la possibilità di decidere se percepire il contributo senza vincoli d’uso, come oggi, oppure se impiegarlo per ricevere servizi alla persona (da badanti regolari o da soggetti organizzati); quest’ultima opzione comporta una maggiorazione dell’importo, per sostenerne l’utilizzo più appropriato.
Su altri aspetti, invece, manca un progetto di sviluppo convincente. È il caso delle strutture residenziali, che vanno rafforzate per metterle in grado di garantire risposte adeguate a una popolazione residente che versa in condizioni sempre più complesse (ad esempio, gli ultra-85enni con demenza grave). In che modo lo stato possa sostenere le strutture e promuoverne la qualità non è ancora chiaro. È poi ancora assente una riflessione d’insieme sul mondo delle badanti, che richiederebbe di ragionare compiutamente su come collegarle alla rete del welfare pubblico, incentivarne le condizioni di lavoro regolari e promuoverne le competenze professionali.
Complessivamente, la parte sui singoli interventi richiede ancora un rilevante lavoro, nel quale l’elaborazione dei contenuti e il reperimento delle risorse non sono questioni separabili. Nel campo della non autosufficienza, infatti, qualunque azione di miglioramento dell’offerta – che sia o meno già indicata – richiede nuovi finanziamenti, ma la delega non li ha sinora previsti. Trovarli rappresenta una sfida chiave per l’immediato futuro.
Le prossime tappe
Numerose indicazioni della delega (tra cui lo Sna, le nuove valutazioni e la riforma dell’accompagnamento) si rifanno alle proposte del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, che raggruppa la gran parte delle organizzazioni della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani. L’esecutivo uscente – in particolare i Ministri Orlando e Speranza, e il Presidente Draghi – ha avuto, dunque, la capacità di ascoltare le istanze della società civile.
Ora la parola passa al nuovo Parlamento e al nuovo Governo, chiamati a un impegno significativo perché, se è vero che la recente approvazione rappresenta il raggiungimento di un primo traguardo, è altrettanto certo che siamo solo all’inizio del percorso della riforma. La sfida è duplice. Da una parte, migliorare e rafforzare il testo del Ddl entro il marzo 2023, data ultima per l’approvazione finale della delega fissata dal Pnrr. Dall’altra, iniziare a reperire i nuovi finanziamenti necessari, che sono un aspetto decisivo. Benché la congiuntura attuale non offra ampi spazi, definire un percorso pluriennale di crescita graduale delle risorse sembra possibile. Come sempre accade, però, i finanziamenti si trovano solo se un tema diventa una priorità politica.
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Emanuela Roveda
Non credo si giusto ed equo dare l’accompagno solo su un fabbisogno assistenziale in quanto credo che di anziani e non ma disabili milionari ve ne siano ben pochi anzi pochissimi con ausili e badanti molto care