Lavoce.info

Un modello francese per l’Italia

Al nostro paese serve una legge elettorale che abbia un’ottica di lungo periodo e rifondi il rapporto tra elettori ed eletti su basi nuove. Un sistema con collegi uninominali e doppio turno alla francese consentirebbe di migliorare la selezione dei politici e favorire la governabilità.
I DIFETTI DEL PROPORZIONALE
Ci sono almeno due buoni motivi per riformare il sistema elettorale italiano. E per farlo subito, senza ulteriori indugi. Primo: migliorare la qualità della classe politica, anche attraverso un ripensamento del ruolo dei partiti. Secondo: aumentare la governabilità del paese. Si tratta di obiettivi importanti e di lungo periodo, per nulla limitati alla situazione politica contingente. Tuttavia, le ultime elezioni politiche li hanno riportati prepotentemente alla ribalta mostrando sia la disaffezione dei cittadini verso l’attuale classe politica, sia la difficoltà di formare un governo stabile e credibile  in grado di fronteggiare la crisi economica. Quale sistema elettorale, allora, può aiutarci a raggiungere i due obiettivi?
Non un sistema proporzionale, come quello usato sia nella Prima Repubblica sia oggi.
È ampiamente documentato come il sistema proporzionale crei incentivi alla frammentazione tra partiti e alla polarizzazione delle posizioni politiche durante la campagna elettorale. Dopo le elezioni, tuttavia, emerge la necessità di formare coalizioni tra forze politiche, che nella maggior parte dei casi si sono aspramente combattute in campagna elettorale. Più i partiti si polarizzano e si scontrano nell’agone pre-elettorale, nel tentativo di convincere gli elettori, più difficile è formare, e mantenere, coalizioni post-elettorali di Governo, con il risultato di ridurre la governabilità. Anche questo è un risultato noto: il proporzionale favorisce l’esistenza di partiti di nicchia e consente dunque a un ampio numero di cittadini portatori di interessi diversi di essere rappresentati in Parlamento; ma al costo di un compromesso post-elettorale tra partiti che tendono a polarizzarsi in una sorta di “tiro alla fune” per aumentare il loro potere negoziale. Paradossalmente, oggi parte del risentimento dell’antipolitica è riconducibile proprio alla frattura tra le dichiarazioni pre-elettorali e la formazione di accordi post-elettorali.
I VANTAGGI EL DOPPIO TURNO
In mancanza di meccanismi competitivi per la selezione dei politici all’interno dei partiti e con un sistema a liste bloccate, in cui gli eletti in Parlamento sono in larga misura decisi dai capi corrente, l’elettorato teme che i compromessi post-elettorali siano incentrati unicamente su una mera spartizione di poltrone e potere. Un sistema maggioritario può migliorare la situazione? Sia nell’accezione a turno unico che a doppio turno, il sistema maggioritario garantisce più competizione elettorale e più rappresentanza a livello locale. La maggiore competizione elettorale (soprattutto se non ci sono troppi collegi sicuri) consente una migliore selezione dei politici, poiché i partiti hanno un incentivo a ricorrere al miglior candidato al fine di vincere il seggio in palio in ogni (piccolo) collegio elettorale. Inoltre, lo stretto legame con il distretto elettorale aumenta la responsabilità degli eletti verso gli elettori del territorio di riferimento, riducendo in parte il potere dei partiti.
Anche la governabilità diventa più probabile, benché non garantita (soprattutto se i comportamenti elettorali non si aggiustano rapidamente al nuovo contesto). Aggiungere l’elezione diretta del capo dello Stato in uno schema alla francese potrebbe dare un’ulteriore mano in questa direzione, favorendo uno schema tendenzialmente bipolare che potrebbe avere effetti di traino sui voti ai partiti, ma in ultima analisi la governabilità dipenderà dall’evoluzione del sistema dei partiti.
È senz’altro un sistema elettorale con collegi uninominali e doppio turno alla francese quello che ci avvicinerebbe di più a entrambi gli obiettivi di migliorare la selezione dei politici e favorire la governabilità. Come nel proporzionale, le diverse istanze dell’elettorato e i partiti minori sarebbero ancora, almeno in parte, rappresentati al primo turno. Tuttavia, il doppio turno aumenterebbe il livello di competizione con effetti positivi sulla selezione interna nei partiti maggiori. Successivamente, i partiti usciti vittoriosi dal primo turno avrebbero una spinta centripeta, poiché la necessità di attrarre i voti dei partiti “vicini” sconfitti al primo turno favorirebbe la moderazione pre-elettorale. Ciò faciliterebbe anche la costituzione di (eventuali) coalizioni post-elettorali, nel caso di mancato raggiungimento di una maggioranza assoluta a livello nazionale.
In realtà, il mero obiettivo della governabilità potrebbe essere raggiunto anche da un’altra proposta (minimalista) di cui si è discusso in queste settimane: estendere il sistema elettorale oggi vigente alla Camera (il Porcellum con premio di maggioranza su base nazionale) anche al Senato, magari prevedendo che il premio scatti solo per il partito che superi il 40 per cento dei voti per entrambe le camere, in modo da eliminare le anomalie più vistose di un premio secco in un quadro fortemente frammentato. Ciò garantirebbe la governabilità, a patto che si verifichi il vincolo di cui sopra, ma sicuramente non migliorerebbe la selezione dei politici e non ridurrebbe le spinte alla polarizzazione. Di conseguenza, la partecipazione dei cittadini continuerebbe a diminuire.
Solo il ricorso al doppio turno consentirebbe di centrare in un colpo solo sia l’obiettivo della governabilità sia quello di migliorare la qualità dei politici riavvicinandoli agli elettori. È finito il tempo delle riforme elettorali “usa e getta”, disegnate (bene o male) su fattori contingenti e destinate a durare per l’arco di poche legislature. Serve una riforma che abbracci un’ottica di lungo periodo, stabilizzando la transizione infinita del nostro sistema politico e ponendo il rapporto tra elettori ed eletti su basi nuove.

Leggi anche:  I rischi dell'autonomia differenziata

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Quando la geografia istituzionale frena lo sviluppo dei territori

Precedente

Il Punto

Successivo

Quella ricchezza che arriva da lontano

11 commenti

  1. gmn

    sono d’accordo sui vantaggi dell’uninominale a doppio turno per il parlamento
    è indispensabile che sia accompagnato dal presidenzialismo?
    potrebbe portare ad un premier eletto direttamente ed un presidente eletto dal parlamento?
    cosa rispondete alle obiezioni di repubblica che il presidenzialismo è una scorciatoia e che quello che non funziona sono i partiti?

  2. antonio

    Analisi pacata verosimile e condivisibile.

  3. Andrea

    Dalla costituzione però, precisamente dall’articolo 57, è previsto che il senato abbia una ripartizione diversa dei voti, non a base nazionale ma regionale, quindi l’idea di estendere il Porcellum anche al senato non è fattibile infatti è il motivo per cui il presidente Ciampi rimandò la legge alle camere per cambiarla.

  4. Federico B

    Mi è molto piaciuto l’editoriale, di cui condivido le proposte, come primo passaggio verso un moderno assetto istituzionale del paese (servirebbe anche maggiore “political accountability”).

  5. matte1207

    Una domanda per gli autori. Come si può conciliare una riforma della legge elettorale in senso maggioritario con collegi uninominali (a doppio turno o a turno singolo) con l’art. 57 della Costituzione per cui il Senato viene eletto a base regionale?
    Non trovate che esista una discrasia tra la Costituzione vigente e queste proposte di riforma? La Costituzione del ’48 fu scritta da persone intelligenti che pensarono di adottare una legge elettorale superproporzionale coerente con il dettato della carta e quindi anche con il suddetto art. 57 che di fatto è quasi un blocco alla possibilità di introdurre un sistema interamente maggioritario.
    Ora, si è già visto che il Mattarellum non garantisce governabilità e non risolve la frammentazione (oltre al fatto che è incomprensibile per l’elettore medio) e questo depone a sfavore di sistemi misti con prevalenza del maggioritario. Quindi si torna lì: è davvero possibile modificare in senso interamente maggioritario la legge elettorale senza toccare la Costituzione?

  6. henricobourg

    Sono “d’accordissimo” con gli autori. La legge elettorale deve assolvere almeno due compiti, 1. creare una rappresentanza equa (ritenuta legittima da chi vota) e capace di prendere decisioni (legiferare) e 2. garantire la possibilità di partecipazione ai cittadini (suffragio universale, voto libero, uguale, personale e segreto, elezione diretta e accesso libero e uguale alle candidature). Il Porcellum non garantisce nulla di questo, ma garantisce altro, ossia l’onnipotenza dei corpi intermedi, non tutelati dalla costituzione tranne nella loro libera formazione. Tutti i sistemi di lista obbligatoria (o quasi) violano il secondo principio, quello delle libertà elettorali attive e passive. In Francia l’uninominale a doppio turno è comunemente considerato legittimo (tranne da movimento come FN) e tende a creare maggioranza capaci di decidere. Esistono però anche altri modelli elettorali meno “drastici”, cioè sistemi con collegi plurinominali piccoli, per esempio con tre seggi, che permettono l’elezione di candidati con il 25% o meno dei consensi; con il voto ordinale si tratta del sistema irlandese; con un doppio turno si permetterebbe in più a (tre) candidati di coalizzarsi prima delle elezioni o fra i due turni con l’obiettivo di ottenere il 50% dei consensi e essere eletti tutti i tre insieme. Sarebbe questa la soluzione perfetta per l’Italia, ma la cultura dell’ingegneria elettorale è ormai troppo regredita per permettere al paese e ai suoi numerosi esperti di considerare soluzioni di questo tipo. Personalmente mi accontenterei dell’adozione del sistema francese, basta che i politici in carica non ci mettano la loro zampa per “adattare” alla realtà cisalpina; dopo 20 dai referendum elettorali quasi non oso più sperare.

  7. Carlo Erminero

    Cari amici, condivido le vostre proccupazioni per la legge elettorare. E’ da fare subito. Il Presidenzialismo non è sicuramente una priorità e per come se ne discute, sembra piuttosto un diversivo.
    Sono anche d’accordo con le preoccupazioni di chi (Gust Zagr) di inserire in Presidenzialismo in un Paese affetto da un così alto tasso di corruzione. Non condivido invece l’opposizione “a priori” al Presidenzialismo che fa parte delle soluzioni che una democrazia può ragionevolmente accettare. La soluzione presidenzialista sarebbe certamente utile, almeno per tre motivi:
    Basterebbe garantire che con la soluzione Presidenzialista si prevedessero certe garanzie, non difficili da immaginare. Perché non provarci?
    Ma torno al punto. Perché sarebbe meglio che il Presidente della Repubblica fosse eletto dai cittadini? Conosco tre motivi:
    1. Perché l’elezione da parte del “parlamento” allargato così come prevista dalla nostra Carta non funziona bene. Non c’è competizione (non ci sono candidati), non c’è un dibattito pubblico sui pro e sui contro (se ne parla nei “corridoi” del Palazzo) né sul profilo ideale, si sceglie fra soggetti molto diversi (Gabanelli, Rodotà, Napolitano, Prodi,… cos’hanno in comune?) e non si capisce quale sarebbe la differenza fra i nomi in lizza (in lizza sì, ma nessuno si dichiara candidato né può parlare di quello che farebbe se fosse eletto). Tutto molto opaco e misterioso
    2. Perché l’elezione popolare, se fosse a doppio turno, toglierebbe molto potere ai partiti e alle segreterie
    3. Perché avremmo una guida più sicura sulla scelta dei governi e sul loro programma, anche se i poteri del Presidente non dovessero essere “rinforzati” (un po’ lo sarebbero, ma quanto è appunto da discutere.

  8. giorgio

    tutte condivisibili le argomentazioni degli autori. Occorre però uscire dall’equivoco, alimentato da alcune forze politiche e da qualche organo di informazione, che una legge elettorale uninominale a doppio turno possa funzionare solo con il semipresidenzialismo. Sono due cose del tutto indipendenti e la riforma della legge elettorale potrebbe farsi già adesso, mentre sorprende tutto questo improvviso interesse per il semipresidenzialismo. E’ curioso che tutti ,politici e studiosi, siano critici nei confronti della legge elettorale attuale, ma che non la si riesca a cambiare ,mentre si sta inspiegabilmente allargando il consenso sulla riforma della Presidenza della Repubblica, una delle poche istituzioni che tutti riconoscono aver funzionato bene e che quindi, ad essere logici, sarebbe saggio non modificare. Giorgio Ponzetto

  9. henricobourg

    Sono perfettamente d’accordo con gli autori, anche sul semi-presidenzialismo; comprendo però le perplessità di chi dubita che possa funzionare in un paese dove un terzo dell’elettorato non ha scrupoli di votare ripetutamente per qualcuno che secondo gli standard in tutti gli altri paesi europei è per lo meno impresentabile. La legge elettorale deve rispondere a due attese: 1. deve garantire l’equa rappresentanza (il corpo elettorale deve accettare gli eletti come legittimi rappresentanti) e la capacità del corpo legislativo di prendere decisioni (la questione della maggioranza) e 2. deve garantire la partecipazione dei cittadini attraverso la garanzia dei diritti elettorali sanciti dalla costituzione (fondamentali per la democrazia rappresentativa): suffragio universale, elezioni dirette, voto libero, uguale, personale e segreto, e il libero e uguale accesso di tutti alle candidature, senza per altro mettere in dubbio il divieto del mandato imperativo. La 270/2005 non garantisce nulla di tutto ciò (tranne il suffragio per tutti e il segreto dell’urna); ma garantisce un’altra cosa, l’onnipotenza dei partiti, creata dalla legge elettorale, dal voto di lista e rinforzato dalle liste bloccate, mentre la costituzione li prevede solo come libertà assoluta di associazione; la versione liberale dell’articolo 49 è merito di Togliatti, contro le mire di Mortati e della DC. Il doppio turno francese può garantire tutto, ma non è meccanico, NON basta l’abito per fare il monaco. C’è solo da sperare che i politici in carica, tutti nominati, non snaturino con piccoli adattamenti la versione cisalpina del modello transalpino. Non ci scommetterei. Un comitato di 24 esperti nominato da un governo in disaccordo su tutto non può che produrre un compromesso, cioè un mostro. “Dio ha creato il cavallo”, dicono gli arabi, “il cammello è stato fatto da un comitato”. In assenza di un proponente convinto e convincente come De Gaulle, servirebbe un movimento civico per proporre un sistema elettorale netto, individuale, di candidati, non di liste. La scelta vera è quella: voto individuale o voto di lista, non fra uninominale e proporzionale: anche un sistema plurinominale (tre seggi) a voto ordinale (Irlanda) o a doppio turno (Zanardelli 1882) può dare ottimi risultati, secondi i criteri di cui sopra, ma sicuramente non c’è tempo per sperimentazioni. Henri Schmit

  10. Piero

    L’attuale carta costituzione non può permettere di più di quello che abbiamo, ok sulla modifica delle liste bloccate a per il resto occorre cambiare tutto capire prima che repubblica si vuole attuare poi si decide che legge elettorale attuare per la stabilità ecc.
    Non si può acquistare la frusta prima del cavallo, in ogni caso, oggi non è la principale preoccupazione degli italiani, abbiamo dal 2011 prima un governo tecnico poi un governo politico di larghe intese che hanno una maggioranza bulgara in parlamento, non possiamo parlare di governabilità, non possiamo dire che i Premier succeduti siano ignoranti (Monti e poi Letta), se questi non prendono provvedimenti forti e perché oggi la politica non si a più in Italia ma in Europa e se non è chiara la posizione dell’Italia che è costretta ad allearsi per contare di più, ricordo a tutti che non vi è l’Europa politica, ma vi è un’europa contrattuale e nei rapporti contrattuali comanda il più forte che in questo momento e la Germania.

  11. Francesco Capraro

    Del tutto d’accordo con gli autori – dopotutto è, questo, un discorso che parte da [url=http://archivio.lavoce.info/commenti/013-281003094.html]”lontano”[/url] : )

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén