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Accesso a medicina: virtù e difetti del sistema francese

Numero programmato italiano e sistema di accesso francese alla facoltà di medicina hanno più affinità di quanto si pensi. Più che concentrarsi sul test di ingresso, sarebbe meglio pensare a percorsi formativi già a partire dalle scuole superiori.

Come funziona il sistema francese

Nel dibattito, per la verità molto sottotraccia, su una eventuale riforma dell’accesso al corso di studi di medicina e chirurgia, il pendolo sembra oscillare pericolosamente fra l’abolizione tout court del numero chiuso (in realtà numero programmato) e il ricorso allo spesso invocato “sistema francese”. La prima delle due soluzioni ha avuto una certa risonanza durante l’ultima campagna elettorale, ma anche la seconda ha goduto di una certa attenzione. Nutro però qualche dubbio che si sia riflettuto abbastanza sul fatto che il sistema francese ha molte analogie con quello attuale vigente in Italia, tanto da aver fatto dire, in passato, che l’unica differenza fra i due è che il test d’accesso francese dura un intero anno, talora anche due, mentre quello italiano dura 90 minuti, almeno stando all’ultimo decreto direttoriale del ministero dell’Università del 30 novembre 2022, cosiddetto Tolc (Test On Line Cisia), che peraltro ha immediatamente sollevato dubbi e critiche.

La prima analogia che emerge, a mio parere estremamente significativa, è che in Francia il numero di posti offerti agli studenti in ognuna delle filiere delle scienze della salute (Ostetricia, Medicina, Odontoiatria, Farmacia), detto “capacità di accoglienza” (capacité d’accueil), viene definito da parte di ogni università attraverso un accordo con le agenzie regionali della salute (Ars). Nessuna differenza dunque col sistema italiano, al di là delle sigle o di alcune peculiarità legate ai posti riservati agli studenti stranieri; nel nostro paese, infatti, il numero degli iscrivibili nasce da un confronto fra le capacità formative degli atenei e il fabbisogno calcolato dalla Conferenza stato-regioni, sentiti vari portatori d’interesse, come ad esempio gli ordini professionali.

In Francia, gli studenti sono però liberi di iscriversi alle varie università scegliendo poi due possibili percorsi iniziali:

1. il Pass (Parcours d’Accès Spécifique Santé) destinato a coloro che sono fortemente motivati agli studi di natura medica (Medicina, Ostetricia, Odontoiatria);

2. il L.As (Licence avec Option Santé) per studenti non ancora orientati con certezza agli studi medici (presenza di corsi di diritto ed economia),

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Gli insegnamenti hanno alcune differenze, ma entrambi i percorsi consentono la prosecuzione su Medicina.

Pur semplificando, mi sembra che con il doppio percorso il legislatore francese abbia voluto intercettare il disagio dello studente davanti a una scelta che potrebbe non essere ancora del tutto maturata, lasciando aperte soluzioni alternative. Tuttavia, le critiche sono state molte, in particolare quelle delle organizzazioni studentesche. Resta infatti il dubbio che la riforma, che avrebbe dovuto permettere la prosecuzione degli studi in caso di insuccesso e favorire gli studenti meno attrezzati sul piano delle conoscenze scientifiche, non riesca a raggiungere gli obiettivi che si prefiggeva.

Ma come avviene la selezione alla fine del primo anno? I parametri sono due:

  • i voti ottenuti dai candidati nei due semestri di formazione. Al termine del primo e del secondo semestre gli studenti sostengono due prove basate su test a risposta multipla, con correzione di tipo automatico/informatico. Le prove riguardano materie propedeutiche, come ad esempio fisica, biologia, chimica, matematica, o materie di tipo sanitario, come anatomia, farmacologia o istologia;
  • due prove complementari (orale e talora scritta) con la finalità di valutare la capacità di riflessione, il progetto professionale, la personalità del candidato.

Gli studenti che hanno ottenuto voti superiori a una soglia determinata passano direttamente alla prosecuzione del corso; gli altri colmano la capacità formativa di quell’ateneo superando le prove complementari. Gli studenti che non sono ammessi, ma che hanno comunque portato a termine con successo l’anno, possono proseguire nel percorso per un secondo anno e poi ritentare una seconda volta la prova. Quelli che non hanno ultimato con successo il percorso devono riorientarsi – anche su studi di natura sanitaria – e non possono più riprovare la prova di ammissione.

Le università calcolano che circa il 30 per cento degli studenti che ambiscono a iscriversi a medicina vi riescono: una percentuale comunque superiore a quella italiana.

Non vi è alcun test o prova a livello nazionale, ma tutto è sviluppato dai singoli atenei, che però devono tenere conto dei numeri forniti dalle agenzie regionali della salute.

L’orientamento alle scuole superiori

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Chi, dunque, propugna l’adozione anche in Italia del sistema alla “francese” non può ignorare che si tratta di un sistema basato sul numero chiuso o programmato. Il filtro francese dà il senso di una democratizzazione dell’accesso, ma il numero finale degli ammessi è comunque più o meno identico a quello del sistema italiano. Certo si evita di non ammettere candidati validi e motivati che dimostreranno durante il corso le loro capacità, anche emozionali, ma a prezzo del rischio di far perdere allo studente un intero anno.

Per questo e per altri motivi, nel nostro paese non è più possibile ignorare il problema dell’orientamento alle scuole superiori: permetterebbe di individuare le inclinazioni dei giovani motivati a intraprendere la strada degli studi delle scienze della vita in generale, e di rafforzarne, durante gli ultimi due anni di liceo, l’impianto culturale sulle discipline che formeranno la base dei loro studi successivi. Non a caso, a proposito dei test di ingresso, Andrea Toscano lamenta l’inopportunità di fissare le date delle due prove ad aprile e febbraio, distogliendo così gli studenti dalla necessaria concentrazione sulla preparazione dell’esame di maturità, ma sottolinea anche il dubbio irrisolto “relativo alle materie e soprattutto agli argomenti concernenti le prove Tolc”. Si dovrebbe dunque puntare su un orientamento quanto più possibile precoce, tanto più se si deve dar credito all’idea del ministero di consentire l’accesso ai Tolc anche al penultimo anno delle superiori). L’indirizzo che il Ministero dell’Istruzione e del Merito sembra voler prendere sul tema dell’orientamento alle superiori è perciò non solo opportuno, ma anche urgente, quanto meno per gli studi medici, dove la lunghezza dell’iter formativo non permette indugi troppo prolungati.

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  1. Enrico Motta

    Tutto sommato il sistema italiano mi sembra migliore, più semplice di quello francese, e non delude chi ha fatto un anno e poi si vede bloccato. Rimane per noi il problema di scegliere quale sia il tipo di test che meglio seleziona i futuri medici: argomenti scientifici o di cultura generale e umanistica?

  2. Rick

    Intanto, complimenti per l’articolo. La mia opinione è che il sistema francese sia migliore.

    Permette di testare le competenze e capacità degli studenti sulle materie e conoscenze necessarie per la professione medica, e con un sistema dove la componente casuale gioca un ruolo molto più ridotto rispetto che a quello italiano.

    Lascia alle singole università e agli enti con cui si confrontano (le regioni, nel caso italiano) massima autonomia nel decidere il numero chiuso. Questo permette alle regioni, se lo vogliono, di aumentare il numero di posti disponibili, sostenendone le relative spese e rispondendo di queste scelte davanti agli elettori.

    Quanto agli studenti, non è vero “che perdono un anno”: gli esami possono venire convalidati su altri percorsi di studi. Tutto questo nulla toglie a quanto sottolineato dall’autore sull’importanza dell’orientamento alle superiori.

    Il problema del sistema francese mi sembra sopratutto la difficoltà, come personale e spazi, per molte università italiane di avere un primo anno di medicina ad accesso libero.

  3. .Scaccabarozzi Umberto

    Sono d’accordo con il commento di Enrico Motta. dott Umberto Scaccabarozzi

  4. Alessandra Magnalbo

    Leggo con estremo interesse l’ articolo.
    Da mamma di una ragazza del 4 anno di scuola superiore che sta studiando per i test di ammissione concordo con quanto espresso dal dott. Motta. Oltre che sui contenuti anche la formulazione dei quesiti dovrebbe essere sempre oggettivamente comprensibile . Il modello francese sembra inoltre più rigido in quanto il mancato superamento dell ‘esame al secondo anno preclude l ammissione .
    . In questo delirio populista nessuno sembra considerare i maggiori costi che le famiglie devono sostenere per l università senza la certezza dell ammissione e il maggiore stress dei ragazzi .

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