Le risorse necessarie per finanziare il Superbonus hanno raggiunto livelli insostenibili. Il governo ha perciò cambiato le modalità di fruizione dell’agevolazione, finendo però per favorire i redditi più alti. Erano possibili soluzioni più eque.
Come si è creata un’emergenza finanziaria
Nell’ultima audizione della Commissione Finanze e Tesoro, il direttore generale delle Finanze ha riportato una previsione di fabbisogno necessario per il Superbonus pari a 61 miliardi. Circa 25 miliardi in più rispetto a quanto programmato. Ci troviamo chiaramente di fronte a un’emergenza finanziaria, visto che attualmente è stato ristrutturato solo il 2 per cento del patrimonio immobiliare. A suo tempo, Giuseppe Pisauro aveva stimato che se tutto il potenziale patrimonio edilizio avesse fruito del bonus 110 per cento, sarebbero stati necessari circa 2 mila miliardi per rimborsare i crediti.
È evidente che l’operazione non è finanziariamente sostenibile. Con il decreto legge emanato il 16 febbraio, il governo ha eliminato la possibilità di fruire dell’agevolazione di tutti i bonus fiscali, compreso il Superbonus, tramite lo sconto in fattura o la cessione del credito. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha tranquillizzato i cittadini dicendo che il governo non elimina la possibilità di avvalersi dell’agevolazione prevista, ma interviene solo sulla modalità con cui se ne fruisce e sono comunque esclusi dalla novità gli interventi già avviati.
In realtà, eliminando la possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito si circoscrive la possibilità di giovarsi della misura ai soli contribuenti cosiddetti capienti. Infatti, il decreto legge prevede che si possa fruire unicamente della detrazione (attualmente del 90 per cento delle spese per il Superbonus) spalmata su quattro anni (legge di bilancio 2022 art. 1 comma 28). Tutti coloro i quali hanno reddito bassi e pagano poche imposte non riuscirebbero a scontare le proprie spese e quindi a beneficiare dell’agevolazione.
In questo modo, sicuramente si limita l’entità delle risorse necessarie a finanziare il Superbonus, ma a scapito dei contribuenti a basso reddito, contribuendo a diminuire il livello di progressività del sistema fiscale. Ad esempio, con una spesa di 50mila euro, per essere capienti per l’intera detrazione spettante da suddividere in quattro anni, nel caso di un lavoratore dipendente, è necessario avere un reddito almeno pari a 43 mila euro. Quindi solo il 9 per cento dei lavoratori dipendenti sarebbe in grado di fruire pienamente della detrazione. Il rimanente 91 per cento ne perderebbe una parte. Nel caso di lavori pari a 100 mila euro, il reddito necessario per fruire della detrazione piena, sempre per un lavoratore dipendente, sale ad almeno 69 mila euro. In quest’ultimo caso, solo il 4 per cento potrebbe fruire della detrazione piena, mentre il restante 96 per cento ne perderebbe una parte. Peraltro, i nostri due esempi risultano inferiori alla spesa media registrata per le case unifamiliari, che al 31 gennaio 2023 era pari a 113 mila euro, secondo Enea.
Soluzioni migliori
L’ammontare straordinariamente elevato di risorse necessarie a finanziare il superbonus è dovuto non solo alla possibilità di fruirne da parte degli incapienti, ma anche al fatto che quasi l’intera somma spesa possa essere ripagata dallo stato. Ciò ha generato un incremento incontrollato dei prezzi dei lavori: c’è stato un incentivo ad aumentare la domanda senza alcun controllo sul prezzo da pagare.
Una misura più equa rispetto a quella varata dal governo potrebbe consistere nell’abbassare immediatamente la percentuale di spese detraibili, portandole dall’attuale 90 per cento al massimo al 65 per cento, come tra l’altro previsto dalla legge di bilancio del 2022, benché solo a partire dalle spese sostenute nell’anno 2025. Si potrebbe poi lasciare la possibilità per i non capienti di ottenere il rimborso della parte di detrazione che non riescono a utilizzare perché non hanno abbastanza imposte da pagare: una sorta di imposta negativa limitata solo al superbonus. Così si eliminerebbero i problemi generati finora dal farraginoso meccanismo di cessione del credito. Se anche così il meccanismo risultasse troppo oneroso, allora la scelta potrebbe essere quella di privilegiare i meno abbienti, modulando la quota di spese da portare in detrazione in modo inversamente proporzionale al reddito.
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Filippo
Mi permetto solo di aggiungere al ragionamento del dott. Rizzo che considerato il nuovo parametro reddituale per accedere al superbonus (il reddito di riferimento comma 8-bis. 1, art. 119 del Decreto Rilancio non sia superiore a 15.000 euro) i titolari di redditi bassi sarebbero gli unici (o i pochi) destinatari del beneficio statale, ma di fatto, per via dell’incapienza fiscale, il beneficio sarebbe nullo. Non sarebbe stato meglio prolungare il periodo di detraibilità dei crediti fiscali da 4 a 10 anni come per gli altri bonus edilizi?
Raffaele
Credo che il calcolo sul reddito necessario non si dovrebbe fare su 10 anni
maria pia savarese
Non dimentichiamoci che per avere diritto alla possibilità di accesso al superbonus 2023 esiste il vincolo del tetto di 15,000€ di reddito complessivo per i singoli e via via a salire, quindi difficilmente i capienti con redditi così alti possano rientrarci. Trovo che come al solito in Italia la credibilità sia una chimera.
B&B
Non mi pare una buona idea il rimborso a chi non ha reddito.
Si riproduce il solito sistema corruttivo.
Suggerisco invece la detrazione fiscale per tutti (partite iva e dipendenti) di tutte le spese necessarie per vivere. Compreso l’eventuale acquisto, costruzione e manutenzione della prima casa, spese di acquisto e manutenzione di una vettura media a famiglia, la detrazione fiscale delle spese per il periodo di ferie.
Eliminazione di tutte le spese pubbliche inutili e frutto di superprivilegi politici e sindacali che la costituzione non ha previsto.
Roberto
Non mi capacito di come sia stato possibile approvare una legge come quella del superbonus 110%. In quel periodo mi mancavano solo gli impianti elettrici , idraulico e piastrelle per completare una ristrutturazione e vidi i prezzi raddoppiare se non triplicare nello spazio di 6 mesi. Potendo usufruire della detrazione 50% in 10 anni mi sono potuto salvare ricorrendo all’ acquisto diretto dei materiali e contattando artigiani in minimum tax o pensionati con ancora partita iva. Frequentando studi tecnici sono rimasto sgomento dalla frenetica bramosia da assalto alla diligenza assunta da professionisti e alcuni impresari che alla vista delle mie umili scartoffie mi liquidavano accompagnandomi alla porta con un sorriso di sufficienza. Non poteva durare. Dura minga.
VILLA ENRICO
Sig. Roberto, ha raccontato una storia simile alla mia. Sono impazzito inseguendo artigiani per la ristrutturazione di due piccoli bagni! Prezzi alle stelle con poca o nessuna possibilità di trovare il materiale e la disponibilità ai lavori. Troppo presi dal superbonus! “…assalto alla diligenza…” Proprio così!L’ingordigia riferita nel mio commento. Saluti.
Stefano Mei
Il problema della soluzione proposta, cioé la percentuale al 65%, non risulta vantaggiosa per i meno abbienti perché dovrebbero comunque corrispondere direttamente il 35 % dell’importo dei lavori e, francamente, trovo difficile pensare che chi ha basso reddito abbia liquidità sufficiente per poter pagare direttamente questa percentuale dei lavori. Su un lavoro di 100.000€ é necessario avere liquidità per 35.000€. Altrettanto difficile per un basso reddito poter accedere a finanziamenti bancari per coprire queste cifre, che siano sostenibili e che abbiano le dovute garanzie per le banche. I lavori che verrebbero eseguiti riguarderebbero solo importi minori non in grado di realizzare un effettivo miglioramento energetico e sismico del nostro patrimonio immobiliare ed i lavori maggiori rimarrebbero sempre e solo appannaggio dei redditi maggiori, in grado di avere idonea liquidità. Per i redditi bassi le percentuali di detrazione dovrebbero gioco forza rimanere alte (almeno 90%) mantenendo sconto in fattura e cessione del credito, per poi andare a diminuire con l’aumento del reddito disponibile, eventualmente eliminando cessione del credito e sconto in fattura per i redditi più alti. É quello che avrebbe dovuto essere fatto fin dall’inizio. In più vanno tolti i prezzari perché sono i prezzari che hanno portato all’aumento dei prezzi. Come fai a mettere in concorrenza due ditte che comunque conformano i loro prezzi ai prezzari, esattamente quello che é successo con il Superbonus? Lo stato deve indicare i massimali detraibili per ogni categoria di spesa, così il committente farà fare il lavoro alla ditta che, con quella cifra, realizza più opere od opere migliori.
VILLA ENRICO
Due grandi errori nella struttura del superbonus: 1. il concetto neanche tanto implicito, anzi molto esplicitato nei commenti alla legge (e politicamente molto ben sbandierato) della gratuità del’lintervento; 2. la pretesa di concedere il beneficio (premio?) solo con l’asseverazione di migliorare almeno due classi energetiche dell’edificio. Gli altri bonus (p.e: ristrutturazione 50%, nuove caldaie 65%, serramenti 50%) non contengono nè la promessa della gratuità nè l’impegno alla miglior classificazione energetica (che poi è una delle conseguenze delle migliorie). Ovviamente il proprietario di un immobile è ben conscio che ha l’impegno e l’onere della sua ordinaria e straordinaria manutenzione, in particolare anche sotto il profilo del risparmio energetico, questione sempre più sensibile negli ultimi anni. I tre ‘bonus minori’ funzionano molto bene senza intoppi e lo sconto in fattura è prassi consolidata nei tre tipi di interventi. Di norma sono cifra più contenute, affrontabili anche dai ceti meno abbienti. Senza la disponibilià del 35% o del 50% a carico del proprietario committente è più facile ricorrere al finanziamento bancario (c’è una casa di proprietà se la garanzia dei flussi reddituali è scarsa!) ed anche al finanziamento diretto del fornitore: proposta molto diffusa, anche a titolo gratuito. Proprio come le rate della nuova cucina o dell’automobile.
Ho visto fabbricare carte e assemblee false nel novembre scorso, per assicurarsi il buonus intero del 110% e non ridotto al 90% dal 2023! So di caldaie e serramenti quasi nuovi portati in discarica in condomini che tempestivamente hanno approvato ed eseguito i lavori.
Lo scempio andava assolutamente fermato. Non esistono pasti gratis e chiunque abbia sentore di gatuità sgomita per beneficiarne. E’ normale, è umano, purtroppo.
“c’è stato un incentivo ad aumentare la domanda senza alcun controllo sul prezzo da pagare”
Sintesi perfetta, ben nota a tutti gli addetti del comparto edile ed ai governanti che evitano di chiudere gli occhi e perseverare con promesse (e ora con forti lamenti e piagnistei) per incrementare il consenso di 4 voti (sic!).
“.. lasciare la possibilità per i non capienti di ottenere il rimborso della parte di detrazione che non riescono a utilizzare perché non hanno abbastanza imposte da pagare: una sorta di imposta negativa limitata solo al superbonus…”
Attenzione a questa proposta, teoricamente valida ed accettabile.
Chi sono i “non capienti”? Partite IVA già beneficiate da flat tax? Quelli che nel mio condominio hanno strillato quando proponevo di partire con la ristrutturazione senza cessione del credito e senza sconto in fattura, tenendosi la detrazione fiscale in 4 o 5 anni, con il vantaggio di veder l’inizio immediato dei lavori, e trattando fortemente il preventivo derivante da un “computo metrico” assai generoso. Io capiente titolare di un reddito fisso contro artigiani e commercianti incapienti, disponibili ad un alto tenore di vita, ma che pretendono la ristrutturazione ‘a gratis’.
Dunque lo stop va bene così, senza cedere a modifiche in sede di conversione di legge.
Poi si discuta di un bonus unificato del 50-65% al massimo. Vedremo scendere i prezzi delle opere e si troveranno imprese e fornitori seri disposti ad eseguirle. Ma lasciamo perdere il salto delle due classi energetiche! Ci sono anche grossi problemi strutturali quando si opera su edifici vecchi. Ma già caldaie e serramenti nuovi riducono sensibilemte le dispersioni termiche. Se poi si aggiunge un ‘cappotto’ esterno (purtroppo molto costoso), ma ci sono pareri discordi sulla sua efficacia in molte costruzioni.
Infine, salvo l’isolazione esterna (facciate e tetto) non occorre modificare l’intero condominio. Chi vuole cambia serramenti e caldaia con forti benefici che già ci sono e che nessuno intende eliminare. Mai più la parola ‘gratis’.
Luca T
Marasma superbonus: una domanda a voi su spese detraibili e vantaggi per meno abbienti, come suggerito dall’articolo.
Come può chi DICHIARA 15.000 …. 20.000…..25.000 euro all’anno impiegare in media 113.000 (secondo ENEA) per ristrutturare l’unifamiliare di proprietà ?
Prima che con i principi di bilancio o di equitá, non occorrerebbe fare i conti Con la logica?
La casa é un bene (patrimoniale) non economico, non per tutti…
È un tema caro al Paese? Si intervenga e si finanzi pubblicamente (altro che 2.000 euro a cittadino!)
Non é visto prioritario per lo sviluppo del Paese? Non si ammanti di ideologia il discorso con dubbio equalitarismo nel paese in cui giá il fisco opera per vie misteriose creando difformità tra classi di contribuenti.
Saluti
Silvan
Se è un problema di conti pubblici, xké allora il governo non ha diminuito da subito la % dei bonus x tutti?
In teoria da oggi i famosi 2.000€ a carico di ogni cittadino, li pagheranno solo i non benestanti, e pagheranno pure i contributi statali sui lavori edili svolti da oggi dai ricchi.
Potrebbero prevedere l’obbligo di detrarre le spese dei lavori edili sulla dichiarazione dei redditi per chi ha capienza fiscale, e l’eccesso ammetterle a cessione del credito o sconto in fattura solo ai redditi inferiore ad una soglia di isee (es:10/15.00€), In modo da non favorire chi ha grandi capienze fiscali a danno dei redditi più bassi e incapienti.
VILLA ENRICO
Signor Silvan, difficile credere che i lavori del superbonus 110% siano stati fatti dai “ricchi”. Non ci sono statistiche al riguardo (mi piacerebbe che ce ne fossero) ma, a mia conoscenza, in nessun condominio dove ho visto i lavori di riqualificazione, le spese sono state pagate dai proprietari che poi dedurranno i costi spalmati in 4 o 5 anni di imposta. Tutti, e dico tutti a mio parere e conoscenza, hanno fatto ricorso alla cessione del credito o allo sconto in fattura, salvo modeste spese non totalmente deducibili. Siccome il messaggio era chiaro “rinnovi la tua casa gratuitamente” nessuno (salvo smentite) ha anticipato nulla. Sono contento per gli “incapienti” che ne hanno beneficiato e quanti altri “capienti” non hanno sborsato un euro?E poi, diciamocela tutta: il dr. Rizzo fa un esempio di necessaria “capienza fiscale” per coprire le detrazioni, ma su una spesa di 50.000 euro. Troppo ottimista! Nei condomini i “computi metrici” sono nell’ordine di 80-100.000 euro. Ricordiamo: cappotto alle facciate, isolazione del tetto, degli intradossi e dei balconi, pannelli solari, impianti elettrici di ricarica auto,serramenti, caldaie, e così via. La festa delle imprese edili e dei c.d. “general contractors” nonchè degli amministratori dei condomini. Queste sono state le realtà, Signor Silvan, come anche ho riferito nel mio intervento. Un cordiale saluto.
Firmin
Stupisce che nessuno abbia gridato allo scandalo per i bonus sull’acquisto di auto e moto, che hanno favorito i ricchi molto più dei poveri. Eppure anche monsier de Lapalisse avrebbe affermato che qualcuno è ricco proprio perchè possiede una o più abitazioni da ristrutturare e qualche autovettura da cambiare. Una discriminazione dei benefici in base all’ISEE darebbe risultati ancora più regressivi perchè questo indicatore assegna un peso elevatissimo proprio al patrimonio immobiliare: in pratica il bonus sarebbe riservato agli evasori totali. In ogni caso la riqualificazione edilizia è una delle pochissime voci di spesa delle famiglie più ricche che può essere effettivamnete stimolata, erodendo la loro elevatissima propensione al risparmio, che frena la dinamica della domanda aggregata. Insomma è uno dei pochissimi casi in cui forse funziona il trickle down (ovvero la ricaduta di qulche briciola di ricchezza anche ai più poveri, come nelle mense medievali), invocato da tutte le destre. Ovviamente le risorse utilizzate per questo ed altri bonus e incentivi potevano essere investite in case popolari, trasporti pubblici, ecc. ma mi pare che nessuno degli attuali critici del superbonus paventi questa eventualità. Il blocco della cessione dei crediti fiscali (senza eccezioni in base al reddito) ha almeno due effetti negativi: il primo è il sostanziale stop al settore edilizio e una ondata di fallimenti tra le imprese minori; il secondo è una ulteriore concentrazione dei benefiuci sui pochissimi (ricchi) che hanno la capienza fiscale (e la liquidità) necessaria a rinnovare la propria abitazione. Ma il blocco danneggia anche l’erario, perchè i crediti fiscali ceduti (ancorchè classificati correttamente come debito immediatamente esigibile) non fruttano alcun interesse e sono assorbiti “spontaneamente” dai risparmiatori interni, a differenza dei titoli di stato che costano mediamente il 4% circa ogni anno, devono essere piazzati sui mercarti finanziari e trasferiscono metà degli interessi agli investitori esteri.
Pietro Boffi
Condivido i passaggi relativi all’iniquità del recente decreto, che lascia il superbonus solo per i più abbienti, e le proposte per un provvedimento più equo. Vorrei però precisare che l’affermazione: “L’ammontare straordinariamente elevato di risorse necessarie a finanziare il superbonus è dovuto non solo alla possibilità di fruirne da parte degli incapienti, ma anche al fatto che quasi l’intera somma spesa (per il superbonus) possa essere ripagata dallo stato. Ciò ha generato un incremento incontrollato dei prezzi dei lavori: c’è stato un incentivo ad aumentare la domanda senza alcun controllo sul prezzo da pagare” non mi sembra corretta.
In realtà, nell’ambito del superbonus vi erano massimali ben precisi, sia per l’ammontare della somma totale, sia per le singole lavorazioni, superati i quali si paga di tasca propria (lo so per esperienza personale). Quindi al massimo possiamo dire che non vi era un grande incentivo a ricercare il prezzo più basso, ma non più di questo.
VILLA ENRICO
Ho letto tuti i commenti ad oggi, con alcune risposte che integrano il mio intervento. Aggiungo altre considerazioni, dopo la “bagarre” scatenata dal DL del 16 febbraio (ma quante chiacchere a sproposito in Tv e sulla stampa!).
1. Dopo la “svista” con il decreto di novembre (pubblicato con un ritardo di 8 giorni), saggiamente il Governo ne ha emanato uno a sera tarda con immediata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. per evitare quanto già visto a novembre (sic!): assemblee convocate o inventate per sfuggire alla nuova tagliola! Bravo il Governo.
2. L’evidente aspetto di scoraggiare il reiterarsi del ricorso “a gratis” già evidente nel decreto di novembre che riduceva il superbonus dal 110 al 90% è stato rincarato (definitivamente, spero)con il decreto di febbraio.
3. Nel frattempo le Banche hanno esaurito le loro capienze fiscali e hanno bloccato l’acquisto di nuovi crediti. Di più: lo sconto sull’acquisto dei crediti, leggasi costo del finanziamento ponte garantito dal bonus 110% ceduto) è salito di molto. 85-90% e anche meno contro una cessione del 110%. Immaginiamo lo sconto su una cessione del 90%. Se fino al 2021 e una parte del 2022 le assemblee condominiali correvano ad approvare lavori, computi, preventivi, imprese ed impresari senza farsi troppe domande (corsa alla gratuità!) i tempi sono cambiati, con maledizione al Governo che continuamente “cambia le carte in tavola” (da parte delle Associazioni di categoria), alle Banche (da parte dei condòmini e dei loro amministratori), alla stampa che ingigantisce le cifre sulle truffe.
Tirando le somme, sono assai curioso di vedere come si risolverà la questione dei “crediti incagliati” per 19 miliardi (di più, di meno, chi lo sa?). Sarebbe vergognoso scaricarli con il sistema del mod. F24: le banche incassano i pagamenti di imposte e contributi, ma non li versano allo Stato, mandandoli a compensazione dei loro crediti. Così, senza altri controlli, lo stato rinuncia ad incassare tali cifre salvo poi (campa cavallo!) demandare tra 5-8-12 anni all’Agenzia delle Entrate la verifica dei crediti erogati!
Nessuno si fa una semplice domanda: quale è il motivo dell’incaglio?
La risposta sarebbe molto semplice. Viste le generose cifre in gioco (detto e ridetto: nessuna contrattazione sul costo dei lavori) le assemblee condominiali si sono affrettate ad affidare lavori ad imprese alle quali hanno ceduto il credito fiscale. Molte imprese sono partite SENZA ALCUNA COPERTURA contando sulla generosità del sistema creditizio, assecondate dagli Amministatori condominiali invaghiti dal compenso nell’ordine del 3-4-5% sulla spesa. Così si è impiantato tutto.
Teniamo altresì conto che molti General Contractors, anche improvvisati, sono stati affidatari di molti contratti, contando sulle loro possibilità di subappaltare i lavori “strozzando” piccole imprese e lavoratori a partita IVA da pagare alla fine.
Ecco, in questo ginepraio ci si sta muovendo per salvare “migliaia di imprese e di lavoratori, eccetera, eccetera”.
Si vada a vedere, caso per caso, e si costringano tutti alle loro responsabilità: condòmini sprovveduti ma ingordi, amministratori rapaci, imprese edili senza scupoli. Lavoro complicato: non voglio che le tasse pagate dai cittadini rifocillino la catena suddetta. Imprese salvate (sic!), case rifatte a gratis (sic!) a cittadini capaci solo di pretendere e piagnucolare, compensi ai progettisti spregiudicati, e così via.
P.S. non ho votato per questo Governo, ma condivido la sua fermezza sull’argomento: si sta parlando di uso del denaro pubblico.