Tra spinte verso obiettivi più ambiziosi e minacce di cancellare ogni accordo, le conclusioni della Cop24 hanno scontentato tutti. I disastri ambientali e gli allarmi degli scienziati non bastano a scardinare gli interessi particolari dei singoli paesi.
Autore: Alessandro Lanza Pagina 5 di 11
Direttore della Fondazione Eni Enrico Mattei, ha conseguito il Ph.D in Economics presso l’University College of London. È stato Chief Economist dell’Eni, amministratore delegato di Eni Corporate University e Principal Administrator dell’International Energy Agency (Energy and Environment Division). È stato consigliere di amministrazione dell’ENEA in rappresentanza del ministero dello Sviluppo economico. Autore di molte pubblicazioni su temi legati ad energia e ambiente è stato anche Autore principale (Lead Author) per il Third Assessment Report ed il Fifth Assessment Report per conto del IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change). Docente all’Università Luiss e alla Luiss Business School. Membro dell’Editorial Board de lavoce.info. Socio Fondatore dell’Associazione Italiana degli Economisti dell’Ambiente e delle Risorse Naturali e della Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC).
L’Organizzazione meteorologica mondiale ha annunciato un nuovo record per la concentrazione di CO2 in atmosfera. L’annuncio arriva alla vigilia della Cop 24 di Katowice, dove saranno in discussione importanti temi legati all’accordo di Parigi.
Puntare a un riscaldamento del pianeta di “solo” 1,5 gradi permetterebbe di salvare una parte della barriera corallina e di contenere l’innalzamento dei mari. In termini economici il costo sarebbe altissimo. Ma forse lo sarebbero anche i benefici.
Matteo Salvini dice che il Tap potrà “ridurre del 10 per cento il costo dell’energia per tutti gli italiani”. In realtà, il gasdotto permetterà una riduzione del prezzo praticato sull’hub italiano del gas naturale. Con risparmi molto meno eclatanti.
Torna a salire il prezzo dei crediti di carbonio sul mercato europeo dei permessi di emissione, il più importante al mondo. È una buona notizia perché è un modo per indurre spostamenti su larga scala verso l’utilizzo di gas naturale e fonti rinnovabili.
Il Tap fa parte di un’infrastruttura di carattere strategico, che punta a diversificare le fonti e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. L’Italia è uno dei tanti paesi che partecipano al progetto. Un ritiro unilaterale potrebbe costare caro.
Nella composizione dell’offerta complessiva di energia a livello mondiale la quota da fonti fossili è rimasta all’80 per cento negli ultimi 25 anni. Ma è altrettanto vero che il processo di decarbonizzazione, seppur tortuoso, è ormai avviato.
L’incidente al gasdotto in Austria ha risvegliato la discussione sull’approvvigionamento e sul prezzo del gas, considerato la fonte di transizione verso la completa decarbonizzazione. Tanto più in Italia, dove gli è stato assegnato un ruolo chiave.
Con un ordine esecutivo Trump ha cancellato il piano anti-emissioni di Obama. Lo ha fatto per compiacere i suoi elettori negli stati carboniferi. Ma la crisi del carbone è iniziata prima delle misure dell’amministrazione democratica e non finisce ora.
Uno studio spiega come si potrebbe arrivare nel 2050 a un sistema energetico mondiale basato solo su acqua, vento e sole. È uno scenario estremo, forse tecnicamente irrealizzabile. Soprattutto, non considera gli enormi costi di una simile soluzione.