L’Eurogruppo ha fatto significative concessioni alla Grecia, ma come in altre occasioni non ha preso decisioni risolutive. Il taglio dei debiti verso i governi europei e la Bce è solo rimandato. Il destino del paese continua a dipendere dalle elezioni tedesche.
Autore: Angelo Baglioni Pagina 14 di 19
È professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano. È direttore di Osservatorio Monetario e membro del Comitato direttivo del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica e ASSBB). E’ presidente di REF Ricerche. Dal 2018 al 2020 è stato membro del Banking Stakeholder Group della European Banking Authority. Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo). I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto numerosi articoli su riviste internazionali e libri; l’ultimo è Monetary policy implementation (Palgrave 2024).
In Europa il Governo Monti ha cercato di bilanciare la linea tedesca, impostata sul rigore fiscale e sui vincoli ai bilanci nazionali, con un’azione volta a rafforzare i meccanismi di stabilità finanziaria e di solidarietà tra i paesi della zona euro. Ma la vera sfida è ora la costruzione della nuova governance dell’Europa.
È partito il nuovo Fondo europeo di stabilità. Avrà risorse ampie ma limitate e una governance politica. Nessun governo ha voglia di usarlo, per non incorrere nel costo politico e nelle condizioni che verranno chieste in cambio degli aiuti. L’unico vero scudo anti-spread sarà quello fornito dalla Bce. Peccato che anche quello dipenderà dalla attivazione dello Esm. Sarebbe stato meglio se la Bce avesse deciso di basare i suoi interventi su una valutazione autonoma del rispetto degli impegni europei da parte del paese interessato.
La Commissione europea prova ad accelerare sull’unione bancaria. La Bce dovrebbe cominciare a vigilare su alcune banche europee già all’inizio del 2013 e su tutte quelle della zona euro dal 2014. Tempi più lunghi per centralizzare la gestione delle crisi bancarie e l’assicurazione dei depositi. Il cambio di passo rispetto alla tradizionale lentezza delle istituzioni europee è comunque notevole. Vedremo se i governi sapranno adeguarsi al nuovo corso, superando le resistenze al cambiamento.
Secondo quanto riportato dal Sole-24-Ore del 29 agosto, il Presidente del Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo avrebbe dichiarato, a proposito della precedente gestione della banca, che “l’errore più grave non è stato l’acquisto di Antonveneta … quanto l’aver messo in portafoglio 27 miliardi di Btp: una scelta che, a oggi, è costata 5 miliardi di capitale alla banca. Senza quel fardello non avremmo avuto bisogno di aiuti pubblici”.
Mario Draghi dichiara che la soluzione del problema degli spread tra i debiti sovrani della zona euro “rientra nel mandato della Bce, nella misura in cui il livello di questi premi di rischio impedisce la giusta trasmissione delle decisioni di politica monetaria”; e ancora: “all’interno del proprio mandato, la Bce è pronta a fare qualunque cosa per preservare l’euro”.
L’accordo raggiunto tra i ministri dell’Eurogruppo venerdì 20 luglio è stato salutato dai mercati finanziari con un tonfo delle borse e un aumento degli spread. La ragione è che il destino della Spagna sta scivolando pericolosamente verso quello della Grecia: aiuti europei insufficienti in cambio di condizioni che rischiano di sprofondare il paese in una recessione sempre peggiore e socialmente insostenibile.
I grafici presentati dal professor Angelo Baglioni al Convegno de Lavoce.info, il 4 luglio 2012. Scarica il pdf in allegato.
Il risultato ottenuto dal governo italiano sul meccanismo anti-spread è più apparente che reale: lo Esm continuerà a operare secondo le regole già previste. La Bce è il vero vincitore della partita giocata al vertice di Bruxelles: ottiene la supervisione bancaria ed evita qualsiasi coinvolgimento nel meccanismo anti-spread. L’intervento diretto dello Esm nel capitale delle banche ci sarà, ma la Spagna dovrà attendere per poterlo usare.
Il popolo greco si è dimostrato più lungimirante della Troika. Non ha ceduto alla tentazione di premiare con il voto il partito (Syriza) che prometteva di stracciare il tristemente famoso Memorandum, che ha imposto pesanti condizioni alla Grecia in cambio degli aiuti finanziari dei partner europei. La campagna elettorale di quel partito ha finito per trasformare le elezioni del 17 giugno in un referendum sulla permanenza nelleuro, e i Greci hanno responsabilmente scelto di restare nellarea euro, facendo così prevalere un obiettivo di lungo periodo sui sacrifici immediati necessari per raggiungerlo. Al contrario, la gestione delle trattative da parte della Troika è stata finora caratterizzata dallimposizione di target di bilancio impegnativi e con scadenze molto ravvicinate. Più volte abbiamo sottolineato che questo modo di gestire la crisi greca è stato miope e ha esposto i paesi dellarea euro al rischio di un evento traumatico quale luscita di un paese membro dalla moneta unica. Se ciò avvenisse, lunione monetaria sarebbe declassata ad un accordo di cambio, nel quale gli attacchi speculativi potrebbero rendere insostenibile il costo del debito pubblico per altri paesi, costringendoli ad uscire dallarea euro. La crisi di un piccolo paese si trasformerebbe così nella crisi della moneta unica nel suo insieme.
Ora si apre una finestra di opportunità. Il peggio potrà essere evitato solo se lEuropa sarà veramente disponibile a rivedere la sua impostazione, trattando con il nuovo governo una revisione degli accordi che conceda alla Grecia il tempo per fare le riforme strutturali di cui ha bisogno: revisione del meccanismo di riscossione delle imposte, snellimento della pubblica amministrazione, privatizzazioni. Paradossalmente, la Troika si troverà costretta a trattare con il maggiore responsabile di questa situazione: Samaras, leader del partito (Nuova Democrazia) che, quando era al governo nel 2009, comunicò dati falsi sul bilancio pubblico. Questo è il risultato di avere messo alle corde il governo socialista di Papandreou, costringendolo di fatto alle dimissioni, e di non avere fatto nulla per agevolare il governo tecnico di Papademos. I margini di trattativa sono ristretti, data la scarsa flessibilità della Troika. Prepariamoci al rito delle estenuanti negoziazioni, sotto la minaccia di non erogare le prossima tranche di finanziamenti europei, senza la quale il governo di Atene sarà insolvente tra un mese.