L’accordo raggiunto tra i ministri dell’Eurogruppo venerdì 20 luglio è stato salutato dai mercati finanziari con un tonfo delle borse e un aumento degli spread. La ragione è che il destino della Spagna sta scivolando pericolosamente verso quello della Grecia: aiuti europei insufficienti in cambio di condizioni che rischiano di sprofondare il paese in una recessione sempre peggiore e socialmente insostenibile.

In sintesi, l’accordo prevede che il fondo europeo di stabilità finanziaria attualmente operativo (Efsf) possa erogare fino a 100 miliardi di prestiti a lungo termine (scadenza media: 12,5 anni) al governo spagnolo. Questi fondi saranno anzitutto usati per ricapitalizzare le banche spagnole maggiormente colpite dalla crisi del settore immobiliare e dalla recessione.

L’ACCORDO IN SINTESI

Il programma riguarda potenzialmente la maggior parte del sistema bancario spagnolo: gli stress test, che verranno portati a termine in settembre e che dovranno stabilire l’esatto ammontare degli aiuti, coinvolgono 14 gruppi creditizi che rappresentano il 90 per cento del sistema. Per interventi urgenti, che si rendessero necessari prima che siano resi noti i risultati degli stress test, lo Efsf metterà a disposizione un fondo di 30 miliardi. Sul totale di 100 miliardi, i fondi che non verranno utilizzati per le banche potranno essere utilizzati dallo Efsf per l’acquisto di titoli del debito pubblico spagnolo sul mercato primario e su quello secondario.
In cambio di questa assistenza finanziaria, le banche dovranno presentare piani di ristrutturazione, che saranno valutati dalla Commissione europea oltre che dalle autorità di supervisione spagnole.  Questi piani dovrebbero comprendere il ricorso a capitali privati (in aggiunta a quelli pubblici), il taglio di attività poco profittevoli, la separazione delle attività problematiche e il loro conferimento ad entità esterne (bad bank). Gli azionisti e alcune categorie di creditori (per esempio i detentori di debito subordinato) dovranno sopportare costi: riduzione di valore dei loro titoli o conversione di debito in azioni. Le banche che non fossero ritenute recuperabili saranno liquidate, cercando di limitare al minimo l’impatto sui depositanti.
La condizionalità imposta nel Memorandum of Understanding che accompagna il piano di assistenza finanziaria si estende anche alla regolamentazione e supervisione del sistema bancario spagnolo, sotto vari aspetti: requisiti patrimoniali, accantonamenti per perdite su crediti, concentrazione dei prestiti e operazioni con parti correlate, trasparenza delle informazioni fornite al mercato. Su questi aspetti il monitoraggio verrà effettuato dalla Commissione Ue insieme alla Bce, al Fmi e alla Eba: la Troika si allarga così a quattro autorità. Ma c’è di più. Il Memorandum richiama le procedure per disavanzo eccessivo e per la correzione degli squilibri macroeconomici: il rispetto degli impegni presi dal governo spagnolo in queste aree sarà monitorato in parallelo con il rispetto delle condizioni relative al sistema bancario.

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BENE LA CONDIZIONALITÀ SULLE BANCHE

Il piano europeo per la Spagna prevede giustamente che l’erogazione di aiuti alle banche sia subordinata ad azioni di risanamento del sistema bancario, che impongano costi agli azionisti e ai creditori (esclusi i depositanti al dettaglio, naturalmente). Esso va quindi nella direzione auspicata dalla recente  proposta di direttiva della Commissione sulla gestione delle crisi bancarie (che abbiamo già commentato). Tuttavia,  sarebbe meglio se il nuovo fondo europeo Esm fosse operativo e potesse intervenire direttamente nel capitale delle banche, in modo da non accrescere ulteriormente il debito pubblico spagnolo. Sarebbe ancora meglio se esistesse una autorità europea per la gestione delle crisi bancarie, come previsto nel progetto di “unione bancaria”; questa potrebbe imporre direttamente le sue condizioni, senza dovere passare attraverso complessi accordi che coinvolgono numerosi attori: Banca di Spagna, governo spagnolo e Troika (allargata a quattro).

DALLE BANCHE AL BAIL OUT DEL PAESE

Ma quello che ha colpito negativamente i mercati finanziari è stato l’allargamento, in parte inatteso, della portata del piano di assistenza alla Spagna. Il governo spagnolo ha cercato fino all’ultimo di presentare il piano come limitato alle banche, sia nella destinazione dei fondi sia nella condizionalità. Si è visto che non è così: i fondi sono destinati anche al sostegno dei titoli pubblici spagnoli, e le condizioni imposte coinvolgono di fatto la finanza pubblica e l’economia in generale. Questo allargamento ha cambiato la prospettiva del piano: non si tratta di ricapitalizzare qualche banca messa male; si tratta bensì di salvare l’intero paese. Un paese che non ha più accesso ai mercati finanziari a condizioni sostenibili; che presenta condizioni di finanza pubblica critiche, anche per l’emersione dei debiti accumulati dalle regioni, che a loro volta si riflettono sul bilancio dello stato centrale; che ha messo in pratica una correzione fiscale notevole, senza peraltro che questa consentisse il rispetto degli obiettivi concordati in sede europea (l’obiettivo di deficit sotto il 3 per cento del Pil è stato rinviato dal 2013 al 2014); che sta vivendo una recessione profonda, con disoccupazione elevata e disordini sociali.
C’è il rischio che la Spagna si avviti su un sentiero simile a quello che sta trascinando la Grecia verso l’insolvenza e forse verso l’uscita dall’euro. Se è vero infatti che il piano di aiuti può (forse) essere adeguato a risolvere i problemi del sistema bancario, è chiaramente inadeguato a riportare il costo del debito pubblico a livelli sostenibili.
La lezione vale per tutti i paesi ad alto debito della zona euro. Le procedure decisionali e le risorse a disposizione del fondo europeo (ora Efsf e domani Esm) non sono adeguate a proteggere un paese membro da un aumento dei tassi d’interesse a livelli insostenibili, anche se il suo governo mette in pratica l’austerità concordata con i partner europei. Le sue decisioni sono soggette a veti politici e le risorse sono limitate. L’attivazione degli aiuti è subordinata ad una richiesta da parte del paese interessato, che ha un pesante effetto di annuncio negativo sui mercati finanziari, poiché suona come una ammissione di illiquidità o insolvenza dello stato (il confine tra le due è incerto): questo è proprio quello che sta succedendo alla Spagna. Come è già stato sostenuto, l’unica istituzione in grado di fornire un adeguato scudo anti-spread è la banca centrale, che dovrebbe annunciare un obiettivo sugli spread tra gli stati sovrani della zona euro, e attivarsi non appena gli spread raggiungono i limiti prefissati. Ma una eventuale apertura di Draghi su questo fronte rischia di scontrarsi con la dura opposizione della Bundesbank. Ecco perché i mercati finanziari vedono un futuro nero per la zona euro.

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