Lo smart working può aiutare a conciliare i tempi di lavoro e di vita. Ma se la suddivisione del lavoro domestico e di cura non è equilibrata, le donne rischiano di vedersi ancora svantaggiate. Per questo sembrano apprezzarlo meno degli uomini.
Autore: Daniele Checchi Pagina 2 di 9
Professore di economia del lavoro all’Università Statale di Milano. Ha diretto il Centro Studi e Ricerche di Inps. Ha collaborato come consulente economico del sindacato e successivamente ha partecipato a diverse ricerche sulla contrattazione decentrata. Si occupa di comportamenti sindacali e di economia dell’istruzione. È stato membro del Consiglio Direttivo di ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione delle Università e della Ricerca) nel periodo 2015-19.
Redattore de lavoce.info.
La pandemia costringe i governi a decisioni che devono bilanciare la salute pubblica con la salvaguardia dell’economia. Ma i cittadini hanno le idee chiare sulla questione? Un’indagine Inps registra una sostanziale incoerenza in metà delle risposte.
Dopo decenni di tagli di bilancio e di riduzione dell’occupazione nella pubblica amministrazione, la pandemia ha ridato un ruolo centrale allo stato. Per migliorare la qualità dei servizi pubblici è però cruciale la fase di reclutamento del personale.
Nei mesi di marzo e aprile, un’impresa su due ha usufruito della Cig ordinaria. Più al Sud e meno al Nordest, con un risparmio medio per l’azienda di circa 1.000 euro per dipendente e una perdita media per il lavoratore del 27 per cento.
Qualunque criterio si prenda in considerazione, migliorano le posizioni delle nostre università nelle classifiche internazionali. Con alcune eccellenze e ancora molto lavoro da fare. A partire da investimenti e internazionalizzazione.
Per articoli pubblicati e impatto delle pubblicazioni in tutte le discipline, la crescita della produzione scientifica italiana è stata dal 2001 superiore alla media mondiale. Il paradosso è che i risultati non si riflettono sul ranking dei nostri atenei.
I dati Invalsi hanno certificato che gli studenti del Mezzogiorno ottengono risultati molto al di sotto della media nazionale in tutte le prove e per ogni grado di scuola. Centrale è la qualità dell’insegnamento. Ed è lì che bisognerebbe intervenire.
La misurazione delle competenze degli studenti è uno strumento di conoscenza molto utile. Permette per esempio di evidenziare le differenze territoriali, sociali e di genere che caratterizzano la scuola italiana. Molti però sembrano volerne fare a meno.
In Italia l’istruzione paga anche se meno che altrove. Il rendimento però non tende ad aumentare al crescere del livello di istruzione. Indicando che il mercato del lavoro italiano è incapace di premiare i livelli più elevati di qualificazione.