Parte una nuova tornata dell’esercizio di valutazione della qualità della ricerca nelle università italiane per il periodo 2011-2014. Nella prima edizione non sono mancate le critiche su criteri adottati e utilizzo dei risultati. La proposta di una metodologia alternativa per il confronto tra aree.
Autore: Enrico Santarelli Pagina 1 di 2
La Finanziaria ha disposto l’aumento di 400 milioni di euro per il prossimo biennio delle risorse destinate a finanziare il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca. Si tratta di un segnale di attenzione verso una problematica importante. Tuttavia è essenziale che ogni misura di incentivazione si basi su una rigorosa valutazione dell’impatto di analoghi interventi precedenti. Per questo è necessario che si diffonda anche nel nostro paese una nozione standard del concetto di valutazione. E divenga più facile l’accesso ai dati.
Paghiamo ancora le conseguenze del reclutamento indiscriminato di docenti disposto quando esplose la domanda di istruzione universitaria. Nelle nuove misure per gli atenei si prefigura sia una rottura con il passato sia una ripetizione di alcuni degli errori più grossolani che lo hanno caratterizzato. Da un lato introduce l’impiego di procedure di valutazione della ricerca, ma dall’altro si rischia di riprorre un meccanismo di assunzione dei giovani senza una selezione rigorosa e senza creare un contesto ambientale idoneo ad attrarre i ricercatori migliori.
Al format televisivo non si applicano né le tutele del brevetto né quelle del copyright. Nessun paese ha una normativa specifica che lo riguardi né si è stabilita una prassi giurisprudenziale omogenea e coerente a livello internazionale. Sembra essere una fattispecie per la quale il diritto di proprietà è incerto e sostanzialmente debole. I cosiddetti brevetti deboli ottengono le royalties più alte nei mercati fortemente concorrenziali. E cosa accade quando un operatore del segmento a valle si integra verticalmente con uno del segmento a monte?
La riduzione degli aumenti salariali automatici dei docenti universitari è inefficace perché mina la credibilità della politica salariale del datore di lavoro nei confronti dei potenziali aspiranti professori. Meglio mantenere un profilo intertemporale della retribuzione, con la possibilità di concedere uno scatto doppio a chi è particolarmente produttivo sul piano scientifico. Aumenterebbe così la concorrenza tra atenei per attrarre i ricercatori migliori. Mentre sarebbero sanzionati quelli in cui le carriere sono clientelari.
E’ certamente opportuna una riforma dell’European Patent Convention che porti a regole uniformi per rilascio e tutela del brevetto. Può contribuire a rilanciare l’economia europea. Ma non necessariamente deve seguire l’esempio americano. Tre le linee guida: assicurare ampio accesso alle invenzioni di base, ancora lontane dall’applicazione industriale, ma che possono essere fondamentali per il progresso della ricerca; promuovere la qualità dei brevetti e far sì che gli uffici brevettuali migliorino la gestione delle nuove aree tecnologiche.
Un Governo intenzionato a ridurre il gap di innovazione dovrebbe puntare sulla crescita di nuove imprese in settori ad alto contenuto tecnologico. Un obiettivo non irraggiungibile: l’Italia ha elevati tassi di formazione di nuove imprese, storie imprenditoriali di successo nel low e medium tech e incoraggianti segnali per le giovani aziende ad alta tecnologia. Come incoraggiarne la nascita? E come finanziarle senza incorrere in effetti indesiderati? Creando un ecosistema favorevole, che coinvolga imprese, università e istituzioni finanziarie.
L’istruzione tecnica non corrisponde più ai nuovi modelli organizzativi delle imprese, perché destinata a formare figure professionali rigide. Oggi, invece, si richiedono lavoratori che abbiano maggiore flessibilità e autonomia, qualità acquisibili soltanto attraverso un’educazione di tipo liceale. Non a caso, gli Stati Uniti, dove la diffusione contestuale dell’Ict e delle pratiche di lavoro flessibili ha consentito significativi incrementi di produttività e occupazione, privilegiano i sussidi all’educazione generalista. Al contrario di Germania e Italia.
La Commissione Europea e i ministri europei reponsabili della Competitività hanno varato una controversa direttiva sulla brevettabilità di “computer-implemented inventions”. Lungi da poter essere considerato concluso, il dibattito dovrebbe ora investire l’intero sistema di tutela della proprietà intellettuale. Se si vuole incoraggiare l’attività innovativa e favorire la circolazione dei suoi risultati, le strategie copyleft sembrano le più adatte a promuovere la ricerca di base. E potrebbero innescare meccanismi per il recupero di competitività e di rilancio verso l’economia basata sulla conoscenza, perno della strategia di Lisbona.
LItalia investe poco in ricerca e sviluppo. I dati mostrano che soprattutto i settori maggiormente high tech segnano il passo. Occorre una politica della ricerca che ci agganci al resto dellEuropa, non i pericolosi segnali di autarchia industriale che provengono dal Governo.