La proposta di deindicizzazione delle pensioni non tiene conto del reddito complessivo, ma solo di quello pensionistico. È una scelta che produce disparità ed è sempre meno giustificata col crescere del numero di pensioni calcolate col metodo contributivo.
Autore: Fernando Di Nicola Pagina 1 di 2
Già dirigente nella Direzione Studi Inps, consigliere per le politiche fiscali nel Dip. delle Finanze Mef, ricercatore per le politiche fiscali e sociali all'Isae ed Esperto Tributario del Secit. Economista nel campo delle politiche fiscali e redistributive, comprese le forme di sostegno ai carichi familiari e contrasto della povertà.
Con la riforma del Superbonus, cambia il sistema della prova dei mezzi. Da un Isee che tende a penalizzare i possessori di patrimonio, anche se con reddito globalmente modesto, si passerebbe a un indicatore che premia il sommerso. Ma un’alternativa c’è.
Due paradossi caratterizzano il reddito di cittadinanza: lo percepiscono persone che non ne hanno diritto e non raggiunge l’80 per cento dei poveri relativi. Resta però uno strumento fondamentale contro disagio e povertà. Ecco come riformarlo.
La legge delega sull’assegno unico universale per i figli ha alcuni limiti. Una proposta alternativa lo renderebbe invece realmente unico e universale. Ne beneficerebbe il 30 per cento più povero della popolazione, con chiari effetti redistributivi.
La legge delega per la riforma dei carichi familiari è senz’altro un passo avanti rispetto al sistema attuale. Ma lascia inalterati alcuni principi del vecchio impianto. In più, il ruolo affidato all’Isee porta a dare un peso eccessivo al patrimonio.
Il reddito di cittadinanza potrebbe raggiungere chi è realmente sotto la soglia di povertà e discriminare meno extra-comunitari e famiglie numerose. E potrebbe incentivare la ricerca di lavoro e l’emersione del nero. Una proposta di riforma.
A un anno e mezzo dall’avvio del reddito di cittadinanza, sono in molti a chiedere un tagliando. Troppi i poveri esclusi dalla copertura e i non poveri che invece ne beneficiano. E spicca l’assenza di differenziazioni su base regionale.
Ancora una volta, la legge di bilancio 2020 scongiura l’aumento delle aliquote Iva. Ma l’imposta così com’è crea troppe disparità. Serve una riforma che ne semplifichi e razionalizzi la struttura. Potrebbe consentire un significativo recupero di gettito.
La “finanziaria” in discussione preannuncia il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici e dunque un aumento degli stipendi. Ma per capire gli effetti sul reddito degli statali, bisogna fare i conti con il bonus da 80 euro. Sarebbe utile una riforma complessiva.
Così l’Irpef non sarà più una giungla
Di Fernando Di Nicola e Ruggero Paladini
il 06/06/2017
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