Come ha fatto la burocrazia a diventare un centro di potere capace di ostacolare le riforme e lo sviluppo dell’Italia? Lo spiegano Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri ne “I signori del tempo perso”, di cui pubblichiamo uno stralcio.
Autore: Francesco Giavazzi Pagina 2 di 6
Si è laureato in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1972. Insegna economia politica all'Università Bocconi, della quale è stato pro-rettore alla ricerca tra il 2000 e il 2002.
Tra il 1992 e il 1994 è stato dirigente generale del Ministero del Tesoro, responsabile per la ricerca economica, la gestione del debito pubblico e le privatizzazioni. Dal 1992, anno della privatizzazione, alla conclusione dell'OPA lanciata dalle Assicurazioni Generali, è stato membro del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo di INA s.p.a. e, in rappresentanza di INA spa, vice-presidente del Banco di Napoli dal 1998 al 2000.
Fa parte del Gruppo dei consulenti economici del Presidente della Commissione europea e collabora con il Corriere della Sera e con Project Syndicate, un archivio on-line di articoli scritti da economisti di vari paesi. Redattore de lavoce.info.
E’ stato annunciato ufficialmente il Qe che da marzo sarà lo strumento a disposizione della Bce contro la deflazione. Vediamo quali sono gli effetti che possiamo attenderci. Insieme a un Dossier che raccoglie i nostri interventi sul tema.
L’affermazione che una politica fiscale anticiclica accompagnata da quantitative easing sia economicamente destabilizzante non è giustificata alla luce delle esperienze di Stati Uniti e Regno Unito. Resta l’unica strategia con più probabilità di successo nella situazione attuale.
La stagnazione dell’Eurozona richiede un’azione politica coordinata tra gli Stati. Tra gli interventi chiave, significativo taglio delle tasse, estensione degli obiettivi di disavanzo di bilancio ed emissione di debito pubblico a lungo termine, acquistato dalla Bce, senza sterilizzazione.
“Il nuovo inizio”. Così il premier sulla fase del suo Governo che comincia ora con un orizzonte di 15 mesi. Che cosa fare -e non fare- per agganciare la ripresa ed evitare al paese il rischio di derive anti-europee?
Economista lucido e appassionato, intellettuale curioso e indipendente, Spaventa è stato l’anello di congiunzione tra due generazioni di studiosi: la sua, prevalentemente formatasi nella tradizione inglese e quella degli italiani cresciuti nelle università degli Stati Uniti.
Non cresciamo da oltre un decennio, la disoccupazione e’ salita al 10,8 per cento, fra i giovani supera il 35 per cento. Le ammnistrazioni pubbliche intermediano la metà di quanto il paese produce, evidentemente senza riuscire ad incidere sulla crescita. Per finanziare questa spesa, spesso inefficiente, per farlo hanno portato la pressione fiscale oltre il 50 per cento. Quarant’anni fa era poco sopra il 30 per cento e il paese creceva. Nello scorso decennio abbiamo avuto governi di centro-destra, centro-sinistra. Tecnici, ma i segni di un’inversione di tendenza non si sono visti. A me pare evidente che occorre ripensare il modo radicale al funzionamento della nostra società. Per questo mi preoccupano molto alcune affermazioni di Pierluigi Bersani, il possibile futuro presidente del consiglio.
In Italia nell’ultimo anno e mezzo sono state varate nuove imposte per un ammontare pari a circa 4 punti di Pil. Stime dell’effetto dell’inasprimento fiscale portano a prevedere una contrazione dell’economia intorno ai due punti e mezzo nei prossimi due anni. Da aggiungere al -3 per cento del 2012.
Arsenale di Venezia, il luogo simbolo della città. In agosto, dopo due secoli di usurpazione, lo Stato decide di restituirlo ai veneziani: tutto, tranne i pochi edifici ancora utilizzati dalla Marina Militare. La legge prevede anche che ogni reddito proverrà alla città da quel complesso (che evidentemente è inalienabile) dovrà essere impiegato per la sua ristrutturazione.
La riforma dei sussidi alle imprese si presta perfettamente a un’operazione di riduzione della spesa accompagnata da una riduzione della tassazione senza l’esigenza di compensazioni. Un intervento così disegnato non ridurrebbe l’ammontare di risorse disponibili per un sistema produttivo già fiaccato da anni di crisi. Eliminerebbe invece trasferimenti improduttivi, consentendo una riduzione generalizzata del cuneo fiscale che beneficerebbe tutte le aziende. Un articolo scritto da due degli autori del Rapporto al presidente del Consiglio e ministro dell’Economia e al ministro dello Sviluppo.