Il rinnovato accordo tra Pdl e Lega prevede il pieno appoggio del partito di Berlusconi alla proposta Maroni di trattenere nella futura grande Regione del Nord il 75 per cento del gettito di tutti i tributi erariali localmente pagati. Impegni e idee che abbiamo già sentito in precedenti campagne elettorali. E impossibili da accettare da un Parlamento nazionale.
Autore: Massimo Bordignon Pagina 14 di 25
Si è laureato in Filosofia a Firenze e ha svolto studi di economia nel Regno Unito (MA, Essex; PhD, Warwick). Si occupa prevalentemente di temi di economia pubblica. Ha insegnato nelle Università di Birmingham, Bergamo, Brescia, Venezia e come visiting professor negli USA, in Svezia, Germania e Cina. Attualmente è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l'università Cattolica di Milano, dove ha diretto anche il Dipartimento di Economia e Finanza e la Doctoral School in Public Economics. Ha svolto e svolge tuttora attività di consulenza per enti pubblici nazionali e internazionali ed è stato membro di numerose commissioni governative, compresa la Commissione sulla Finanza Pubblica presso il Ministero del Tesoro nel 2007-8. È attualmente membro dell'European Fiscal Board, un comitato di consulenza del Presidente della Commissione Europea e Vicepresidente esecutivo dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica.
Se non si creano istituzioni federali, l’Europa rischia l’implosione. Lo sostiene Massimo Bordignon, intervistato da Sergio Levi, nel nuovo libro della serie de lavoce.info in collaborazione con Il Mulino: “Europa: la casa comune in fiamme”. Eccone un estratto.
L’obiettivo prioritario è stato il riequilibrio dei conti pubblici. Ottenuto soprattutto attraverso l’aumento della pressione tributaria. Alcune misure risentono dell’urgenza con cui sono state disegnate e andranno riviste. Molto resta da fare: dalla riforma fiscale al riordino dell’intero sistema di finanza locale.
Il problema vero dell’area euro, e forse di tutta l’Unione, è la mancanza di una sovranità europea condivisa e sovraordinata rispetto a quella degli Stati. Ciò impedisce di prendere decisioni comuni e di accompagnare le politiche di solidarietà al controllo sui comportamenti. E certo non si possono avere strumenti di debito comuni, se dietro di essi non c’è una responsabilità comune. È allora il momento di discutere come costruire una vera e propria federazione europea, a cui affidare la gestione delle risorse. E con un presidente eletto direttamente dai cittadini.
Il presidente Napolitano ha scelto di sminuire il successo elettorale dei grillini, ricordando nostalgicamente che il vero boom ebbe luogo negli anni 60. Per molti commentatori politici, si è trattato di un (inutile) voto di protesta da paragonare all’astensione. Il voto degli scontenti. Forse è perché oggi sono in molti in Italia ad essere scontenti, ma gli elettori dei grillini non possono essere descritti come persone che vivono ai margini della società. Anzi. Si tratta per la maggior parte di uomini tra i 35 e i 45 anni, con un elevato titolo di studio, che risiedono nelle grandi città. Gli elettori del Movimento 5 Stelle non sono dunque solo indignados, giovanissimi che, come in Spagna, vedono il loro futuro ipotecato dalla crisi economica, né donne in cerca di maggiori spazi in una società ancora troppo maschilista. Sono piuttosto i rappresentanti di una delle fasce d’età tipicamente più dinamiche della società e del mercato del lavoro, che dovrebbe essere in prima fila per contribuire alla rinascita ed alla crescita del paese. E che invece in Italia si ritrova senza presente, con un lavoro incerto, in un paese ingessato dai corporativismi, e dalla gerontocrazia, che ha smarrito da troppi anni la via della crescita economica. Se si tratta di un voto di protesta è una protesta che viene dal cuore della società, e che deve far riflettere sul futuro del paese. Gli anni 60 sono lontani. Le elezioni amministrative hanno mostrato che oggi c’è bisogno di un profondo rinnovamento della classe politica. Ciò è possibile. Alcuni esempi: nuove regole elettorali, come il doppio turno di collegio, che consentano ai cittadini di eleggere veramente i propri rappresentanti anche nelle elezioni politiche, garantendo però nel contempo la governabilità, così come appunto succede con i comuni. Drastica riduzione dei deputati e senatori, affinché il rapporto numerico tra rappresentanti e cittadini sia in linea con quello degli altri paesi europei. Modifica della legge sui finanziamenti ai partiti, che vanno immediatamente ridotti, con sistemi di rimborso che non premino solo coloro che in quel momento sono al potere.
Tagliare la spesa pubblica non è poi così semplice. Perché gran parte va in interessi, pensioni e stipendi, capitoli sui quali i vari governi sono già intervenuti. Ridurre i bilanci di sanità, scuola, giustizia e altri servizi richiederebbe una revisione del confine pubblico-privato. Gli interventi possono essere solo strutturali con risparmi nel lungo periodo. Positiva allora la formazione della task force ministeriale perché mostra la volontà politica di agire davvero. Ma su questo tema fondamentale, il governo dei tecnici poteva sfruttare meglio il poco tempo a sua disposizione.
La proposta ABC (Alfano-Bersani-Casini) per un nuovo sistema di finanziamento della politica si limita ad aggiungere qualche regola di trasparenza. Non basta. Anzitutto bisogna capire qual è il livello adeguato di risorse necessarie, se è vero che i partiti hanno speso negli ultimi 15 anni circa un quarto dei finanziamenti ricevuti. Trattandosi di rimborso spese, tali spese vanno documentate e i fondi vanno ripartiti in base ai voti ricevuti dalle liste. Se non bastano, dovranno provvedere iscritti e simpatizzanti stabilendo però un tetto alle singole donazioni.
I partiti che sostengono il governo Monti sembrano aver trovato l’accordo su una riforma della legge elettorale. Prevede sostanzialmente il ritorno al proporzionale e cancella l’obbligo di formare coalizioni pre-elettorali. Il rischio è rendere ancora più frammentato il quadro politico, portando all’ingovernabilità del sistema e alla moltiplicazione dei poteri di veto. Per evitarlo, servono soglie di sbarramento effettive. E va mantenuta una leva maggioritaria che spinga comunque all’aggregazione delle forze politiche. Come migliorare la qualità del personale politico.
I giornali di oggi sono pieni di insulti nei confronti delle categorie privilegiate, dalle farmacie ai tassisti ai deputati ai consiglieri provinciali, che ancora una volta sono riuscite a scamparla, piegando ai loro voleri perfino l’inflessibile ex commissario europeo alla concorrenza che aveva fatto vedere i sorci verdi a Microsoft.