Per le imprese italiane la certificazione della parità di genere non è solo un passaggio obbligato per accedere ai fondi pubblici. Può rivelarsi utile per attrarre talenti e investimenti. E per questa via può favorire lo sviluppo di tutto il paese.
Autore: Natalia Bagnato
Avvocato, assiste società clienti, italiane ed estere, in relazione a tematiche di diritto commerciale e societario, contratti d’impresa, commercio con l’estero, assicurazioni e si occupa di compliance in tema di sostenibilità, in relazione a Sustainable Development Goals (SDGs) e criteri ESG (Environmental, Social, Governance). È membro del Consiglio di Amministrazione di Environmental, Social, Governance, Reputation S.r.l. Società Benefit.
Una proposta di direttiva europea obbliga le grandi imprese a introdurre sistemi per identificare e prevenire rischi ambientali e violazioni dei diritti umani dei lavoratori, lungo la catena di fornitura. È una svolta che colma un vuoto normativo.
Dagli ambientalisti è stata definita una sentenza storica: una corte olandese ha imposto a Shell di adeguare le sue politiche aziendali all’Accordo di Parigi sul clima. Perché la protezione dai cambiamenti climatici rientra fra i diritti umani.