Lavoce.info

Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 45 di 82

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Cari lettori,
“300 parole” è una rubrica  in cui i redattori de lavoce.info esprimono punti di vista con lo stile – talvolta polemico e caustico – che caratterizza i “corsivi” della carta stampata. Può dunque rientrare in questo stile l’uso di qualche metafora “forte”.  Se “vestale” –ancorché usato ironicamente- è tutto fuorché un termine con accezione negativa, il termine pasdaran, come nota l’accorto lettore , individua un combattente guidato dalla fede. Appunto.
Ma l’aspetto più rilevante è un altro: ancora una volta notiamo come il tema dell’acqua pubblica tenda immancabilmente a scatenare reazioni viscerali. Proprio per questo lavoce.info ha organizzato, in occasione del Festival dell’economia di Trento, una serie di “pro e contro”, uno dei quali, il 4 giugno a Rovereto avrà come titolo: “La gestione dell’acqua deve essere totalmente pubblica
 In quest’occasione i partecipanti all’evento verranno chiamati a votare prima e dopo il confronto tra i relatori. Sarà un esperimento interessante per valutare il valore aggiunto del Festival nel cambiare le percezioni.
Tra i relatori vi sarò anche Ugo Mattei. Dispiace che giudichi il nostro tono “aggressivo e insolente”. Gli assicuriamo che il confronto in occasione del Festival non lo sarà, anzi sarà caratterizzato dall’approccio scientifico che  sempre accompagna gli articoli de lavoce e il festival stesso.
Proprio su queste colonne,  infatti, abbiamo già ampiamente trattato l’argomento  (si veda gli articoli di Scarpa, Ponti, Massarutto) evidenziando in più occasioni come il dibattito mediatico sulla cosiddetta "privatizzazione dell’acqua" sia stato fuorviante visto che il 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 prevede cambi il meccanismo di affidamento e non la proprietà dell’impresa.
Tuttavia l’argomento dell’intervento non era questo, bensì le conseguenze su settori, come quello dei trasporti locali, che con l’acqua nulla hanno che fare e che verrebbero toccati dall’eventuale abrogazione del 23 bis…

MAMMA, HO PERSO IL TURISTA

Le voci ufficiali del turismo italiano glissano sui risultati preoccupanti della domanda interna e magnificano le sorti dell’export. Ma le cose non stanno propriamente così: nel 2010 i turisti stranieri hanno fatto registrare cali molto consistenti con perdite economiche per quasi 1,3 miliardi di euro. Mancano all’appello quegli europei che per anni hanno fatto la fortuna di molte località italiane, anche minori. E i tempi della crescita numerica e culturale del nuovo turismo globale rischiano di essere troppo lenti.

I DANNI COLLATERALI DI UN REFERENDUM

In nome dell’acqua pubblica, uno dei quesiti referendari propone l’abrogazione di un intero articolo di legge (il 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n.112, più volte modificato). Inutile dire che (contrariamente a quanto vogliono farci credere i pasdaran del referendum) quell’articolo di legge non ha nulla a che fare con la proprietà della “risorsa acqua”, ma solo con le modalità di gestione del servizio idrico. È invece utile sottolineare che il 23 bis (come viene familiarmente chiamato dagli addetti ai lavori) riguarda anche altri servizi pubblici locali, tra cui i trasporti. L’eventuale abrogazione del 23 bis, dunque, riporterebbe il trasporto locale alle norme vigenti prima del giugno 2008. Qualcuno potrebbe fare spallucce e dire “poco male: dopotutto, il 23 bis non innovava granché”. Certo, il 23 bis non era la rivoluzione che alcuni speravano (e altri temevano); ma rispetto alla normativa precedente qualche pregio l’aveva. Vale la pena ricordare che – abrogato il 23 bis – tornerebbero a valere esclusivamente le norme del pasticciato e reticente Regolamento europeo CE/1370/2007 e dell’ormai lontano D.Lgs. 422 del 1997, nelle parti migliori purtroppo superato proprio dal Regolamento europeo. Non fosse altro, il 23 bis dice almeno con chiarezza che la modalità ordinaria di affidamento dei servizi è “la procedura competitiva ad evidenza pubblica” e pone una serie di vincoli agli affidamenti “in house”, cui invece il citato Regolamento comunitario lascia più o meno libero corso. Dunque, se il 23 bis verrà abrogato con il referendum del 12 giugno, liberi tutti di ricorrere al “fatto in casa”.
Chissà come è contento il sindaco di Roma Alemanno del regalo che gli vogliono confezionare le vestali dell’acqua pubblica! Proprio nei giorni scorsi, in previsione di un esito abrogativo del referendum, il leader capitolino ha stretto accordi con i sindacati per confermare ad libitum il regime “in house” del trasporto pubblico romano (il fascino del “casereccio” a Roma è irresistibile) e ha poi accettato le dimissioni di quell’amministratore delegato che, nella bufera dei mesi scorsi, era stato nominato alla guida dell’Atac per riportare un po’ di ordine e di moralità in azienda. Purtroppo, il regalo non sarà solo per Alemanno: infatti è ormai esplicita e dichiarata la volontà di buona parte degli amministratori locali di non fare gare per diminuire il costo dei servizi locali, anche in caso di sprechi vistosi o gestioni dissennate: sono certi che le loro imprese non potranno fallire e che i contribuenti (e gli utenti) alla fine saranno chiamati a pagare. Sono anche convinti, evidentemente, che perderanno meno consensi così facendo piuttosto che ottenendo gestioni più sane e meno costose. Anche solo per dare loro finalmente torto, sarebbe bello che il quesito referendario venisse sonoramente bocciato.

PRODUZIONE INDUSTRIALE

 

L’ITALIANITÀ, DA PARMALAT A FIAT

La scalata a Parmalat era ampiamente annunciata. E fra un anno, dovremo fare i conti con la fusione Fiat-Chrysler. Se ci sono operatori finanziari italiani interessati al progetto, si facciano avanti subito. Si lavori ora su un piano condiviso, discutendo direttamente con l’azionista di controllo e con il management. Soprattutto, si mettano sul tavolo i soldi per accrescere la dotazione di capitale di rischio della Fiat. In caso contrario, lasciamo che la vicenda segua il suo corso e risparmiamoci altre sceneggiate a difesa dell’italianità.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie dei commenti, tutti molto pessimisti nel descrivere la situazione dell’economia italiana. Solo due dei lettori (Dario Q. e Lugi Zoppoli) ricordano che ci sono perdenti anche dalle non riforme. Gli altri, con accenti diversi, sono concordi nel sottolineare i costi delle riforme. Antonio Ferrara e Luciano Galbiati sono i più nichilisti nei confronti degli esiti delle riforme.
Bob, Angelo e Pasquale Bolli suggeriscono implicitamente la scarsa efficacia delle riforme liberali nel tirarci fuori dai pasticci e argomentano che il vero problema italiano sia l’iniqua distribuzione del reddito e della ricchezza. Come si fa a non essere d’accordo? Il punto però è: come si rende la ricchezza e il reddito più equamente distribuiti? Io credo che in un paese come il nostro in cui i diritti individuali sono così poco rispettati in favore dei diritti che derivano dall’appartenenza (ad un gruppo o gruppetto dotato di qualche potere di ricatto) o dalla “conoscenza” (del fornitore del servizio di turno), le riforme liberali sono un primo passo irrinunciabile per ottenere una maggiore uguaglianza di opportunità. Non credo viceversa ad altri interventi statali per aumentare l’uguaglianza ex-post (patrimoniali & c.).
L’introduzione delle riforme liberali causa perdenti perchè sottrae rendite a chi fino a ieri beneficiava dell’assenza di concorrenza (lavoratori garantiti, tassisti, professionisti con tariffe minime). Come osserva Mario Brandi, ricompensare i perdenti sarebbe in definitiva un costo modesto rispetto al beneficio delle maggiori libertà economiche da ottenere con le riforme. Ma il dibattito pubblico mi pare che oscilli tra il colbertismo di Tremonti che finisce per negare i benefici delle riforme liberali e l’illusione delle riforme a costo zero diffuso da noi economisti (anche su questo sito). Sarebbe meglio dire che le riforme producono benefici, ma non sono a costo zero, per poi quantificare con precisione i costi delle varie riforme e presentare il costo di ognuna delle riforme o del “pacchetto” in modo che si sviluppi un dibattito pubblico informato sull’argomento.
Maurizio Sbrana sceglie tra le varie riforme quella fiscale come quella più appropriata per rilanciare i consumi. Riferendosi all’articolo 53 della costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Credo che la sua idea sia quella di una riforma fiscale che riduca l’evasione, riducendo le aliquote e semplificando il sistema fiscale. E’ quello che – per l’ennesima volta – ha annunciato anche il ministro dell’Economia: vuole una riforma che renda il sistema fiscale “progressivo, competitivo e semplice”. “Competitivo” per me vuol dire che, data la mobilità del capitale finanziario, non si possono fare le patrimoniali nè alzare le aliquote sui redditi da capitale. La tassazione del consumo è solitamente regressiva ma semplice. Quella sul reddito è di solito progressiva – ma solo in un paese dove tutti pagano le tasse – e spesso più complicata. In ogni caso, la riforma fiscale, per non spaventare i consumatori e i mercati, deve evitare di causare voragini di debito. E quindi anche una riforma fiscale che riduca l’onere della tassazione non è a costo zero, ma implica che si tagli la spesa pubblica più di quanto sia stato fatto finora.

MERCATO INTERNO AL PALO. COME LE RIFORME

Il mercato interno che stenta a riprendersi dalla crisi è l’ostacolo più rilevante per l’adozione delle riforme per crescere di cui tanto si parla. In un’economia debole diventa salato il costo di ricompensare i perdenti. Che sono numericamente molto maggiori rispetto a tre anni fa. Se non si condivide questa consapevolezza, si finisce per non capire perché le riforme rimangano sempre al palo.

IL CAPITALISMO DI DON RODRIGO

Se il modello è la legge francese sugli investimenti esteri nei settori strategici, quella che Tremonti si accinge a proporre non servirà a fermare la scalata di Lactalis a Parmalat. E d’altra parte talvolta non c’è neanche bisogno di una legge. Se ogni impresa ha bisogno giornalmente di autorizzazioni complesse, date in modo non sempre trasparente, e se le commesse pubbliche sono una fonte importante di ricavi, allora lo Stato di fatto può ricattare le aziende.

NUOVE AUTO DA TERMINI IMERESE

La decisione di Fiat di interrompere la produzione di autovetture nello stabilimento di Termini Imerese pone un’importante questione: quale sarà il destino del polo industriale siciliano? Non tutto è perduto per i lavoratori: esistono tre concrete alternative che prevedono la prosecuzione della produzione di automobili. Una ipotesi è in continuità con l’attività Fiat, una seconda punta su una luxury car e la terza è decisamente innovativa, con la realizzazione di auto elettriche. Ma è prioritario risolvere le inefficienze che hanno portato all’abbandono del gruppo torinese.

CHI HA PAURA DELLE POLIZZE ROSA?

Una sentenza della Corte di giustizia europea impone anche in Italia il divieto di discriminazione tra uomini e donne nelle assicurazioni. Ne consegue un aumento dei premi delle guidatrici, che pure provocano meno incidenti degli uomini. Ma le variabili di classificazione per differenziare gli assicurati sono particolarmente importanti nel mercato assicurativo. L’impossibilità di utilizzare quelle di genere potrebbe avere effetti negativi sul suo funzionamento: le compagnie potrebbero ricorrere a strategie di marketing pur di accaparrarsi le virtuose donne al volante.

Pagina 45 di 82

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén