Nella lettera inviata alla Commissione europea, il ministro dell’Economia sottolinea il prolungato sforzo di bilancio attuato negli ultimi anni dall’Italia. Ma se confrontati con quelli dell’Eurozona i nostri risultati appaiono molto meno soddisfacenti.
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Il fiscal compact è un accordo intergovernativo firmato al culmine della crisi dell’euro. Mettere il veto alla sua integrazione nei trattati può essere utile all’interno di una contrattazione sulla revisione delle regole che governano l’area monetaria.
È un’illusione pensare che politiche in disavanzo per cinque anni possano consentire, semplicemente tagliando le imposte, di sostenere una crescita rigogliosa e tale da garantire comunque una riduzione del debito. Il risveglio potrebbe essere brusco.
Per essere efficace, il reddito di inclusione richiede un forte investimento di risorse nella sua gestione effettiva. È il prerequisito per far sì che i percorsi personalizzati di reinserimento sociale abbiano successo, superando l’assistenzialismo.
Il reddito di inclusione è un buon primo passo nella lotta alla povertà. Lo evidenzia anche il confronto con il sostegno all’inclusiva attiva. Le famiglie beneficiarie saranno circa 500 mila: per una misura universale servirebbero risorse ben maggiori.
Mentre la politica si divide su legge elettorale e data delle elezioni, il governatore della Banca d’Italia richiama l’unico punto fermo: chiunque vinca deve fare una legge di bilancio che preservi l’equilibrio dei conti in un quadro di crescita.
Il ministero dell’Università assegna le risorse del Fondo per il finanziamento ordinario senza distinguere tra atenei pubblici e privati. Ma così facendo, riconosce a enti di natura giuridica privata un aiuto di stato vietato dai trattati europei.
Nei paesi avanzati le competenze economico-finanziarie dei cittadini non sono importanti solo per le scelte individuali, ma anche per quelle collettive. Perché per i politici è più difficile un uso strategico della politica fiscale. E l’Italia è un caso esemplare.
L’anticipo pensionistico potrebbe essere un valido strumento per favorire il ricambio generazionale della forza lavoro del nostro paese. Bisogna però convincere i possibili beneficiari a usufruire dell’Ape. Intanto, però, manca il decreto attuativo.
In un’ottica di minimizzazione del danno, è ragionevole aver messo altri soldi pubblici in Alitalia. Ma se i commissari non riusciranno a rimettere rapidamente ordine nella compagnia e a trovare un compratore, il conto per il contribuente salirà ancora.