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Categoria: Conti Pubblici Pagina 77 di 102

L’ECONOMIA ITALIANA DOPO LEHMAN BROTHERS

I dati ora disponibili permettono di leggere con maggiore precisione quanto è successo in Italia e negli altri paesi nei sei mesi dopo il fallimento di Lehman Brothers, l’inizio ufficiale della crisi. Ma non ci dicono tanto che l’Italia sta facendo meglio o peggio degli altri. Più che altro ci ricordano che in difficoltà ci siamo entrati molto prima degli altri. Per questo, rinviare le riforme è un lusso che l’economia italiana non può permettersi.

MA QUANTO HA RESO VENDERE GLI IMMOBILI PUBBLICI?

Si è conclusa a febbraio la vicenda di Scip. Non è immediato tirare le fila di tutta l’operazione e in particolare capire quali siano stati i suoi costi effettivi. Per questo sarebbe bene che a consuntivo fossero resi pubblici i dati completi sulle entrate e uscite della società in questi anni. In ogni caso, il costo più importante è quello reputazionale per lo Stato italiano associato all’insuccesso di Scip2. La morale è che da operazioni finanziarie sul patrimonio non c’è da attendersi molto in termini di riduzione del debito pubblico.

LE CONSEGUENZE DELL’IMMOBILISMO

Finalmente abbiamo la Relazione unificata sull’economia e la finanza. Era un documento atteso e importante per capire come è evoluta la strategia di politica economica del governo dopo l’aggravarsi della crisi e per avere un quadro più preciso sullo stato dei conti pubblici. Certifica le conseguenze dell’immobilismo di fronte alla crisi. La spesa pubblica aumenta accentuando il suo squilibrio a favore di pensioni e dipendenti pubblici, mentre disavanzo e debito peggiorano in modo consistente. E le stime potrebbero essere troppo ottimistiche sul lato delle entrate.

ITALY TODAY E L’ELECTION DAY

Le critiche e il confronto sono il sale di ogni dibattito. Da una settimana lavoce.info è però oggetto non di serene critiche ma di ripetuti e livorosi attacchi da parte del quotidiano Italia Oggi che hanno l’obiettivo di minare la nostra credibilità e onestà intellettuale. Ci chiediamo che cosa abbia originato tanta acredine. Speriamo che il motivo non sia da ricercare nella coincidenza con la recente pubblicazione su questo sito di un articolo favorevole alla nuova disciplina Consob che consente la pubblicità obbligatoria delle società quotate unicamente su internet, sottraendola ai quotidiani (segnatamente quelli economici, come i giornali del gruppo con cui Italia Oggi è imparentato). I pretesti di questi attacchi sono vari, ma si sono concentrati particolarmente sulla contestazione delle nostre stime sui possibili risparmi dell’accorpamento di elezioni europee e referendum in un election day e crediamo opportuno ribadirne la validità ai nostri lettori.
In un primo articolo Italia Oggi sostiene che i costi per il mancato election day si limiterebbero a 100 milioni, senza spiegarne il meccanismo di calcolo, contro i 200 milioni di euro di costi diretti e 200 di costi indiretti calcolati da lavoce.info. In un secondo articolo, propone una cifra ancora più bassa, ma su fonti non ben documentate, in quanto non si considerano alcuni costi (trasporto schede, straordinari del personale dei ministeri coinvolti, noleggio strutture di voti, cancelleria per le sezioni) e sottostimano fortemente i costi relativi alle forze dell’ordine. I nostri dati si basano invece sui dati storici, relativi al Decreto del Ministero del Tesoro (DMT 91517/2006) per il referendum del 2006. Del resto, per quanto riguarda i costi diretti, le nostre stime sono state sostanzialmente confermate dal ministro Maroni, che ha parlato di 173 milioni di euro, una cifra molto più vicina alla nostra stima che a quella di Italia Oggi. Nei costi indiretti abbiamo incluso il valore del tempo perso dei cittadini, più altri costi relativi alla custodia dei figli e alla perdita della giornata lavorativa di scrutatori e presidenti di seggio, tralasciando voci di costo delle famiglie quali i rimborsi per coloro che studiano fuori sede, il mancato utilizzo delle strutture scolastiche per altri fini, perché di più difficile quantificazione. Italia Oggi critica in particolare queste stime in quanto  non vi sarebbe alcun costo nel tempo perso dai cittadini per recarsi al seggio una volta di più. Questo è sbagliato. La situazione dei referendum in due giorni diversi è per certi aspetti simile a quella di una famiglia che va al supermercato durante il week-end. Di solito si preferisce concentrare gli acquisti in una sola volta anziché spezzarli in due visite al supermercato. Perché? Il fatto è che il tempo passato a fare la spesa ha un costo, non monetario, che gli economisti definiscono costo opportunità. Il tempo è una risorsa scarsa per tutti. Quindi, si può discutere sul modo con cui valutarlo, ma negare che il tempo perso abbia un costo è un non senso. Non a caso, tutte le analisi costi-benefici includono una stima del valore del tempo.
Al di là delle cifre, la polemica pretestuosa tralascia il punto fondamentale: risparmiare è giusto? In un periodo di crisi economica, con i conti dello stato fuori controllo e con l’emergenza terremoto è immorale buttare via anche un solo milione di euro.

VERSO UN NUOVO PROCESSO DI BILANCIO

E’ in discussione al Senato un ambizioso progetto di riforma delle procedure di bilancio. Molte le novità previste, dall’abolizione del Dpef all’adozione di un bilancio di cassa. Soprattutto si cerca di ridefinire l’equilibrio dei poteri, entrato in crisi negli anni 2000, tra governo e Parlamento nella decisione di bilancio. Perché con un ampliamento dei margini di flessibilità nella fase di esecuzione, diventa decisiva la capacità del Parlamento di svolgere una funzione di controllo. Non c’è solo il modello Cbo.

DEBITO PUBBLICO E VIRTU’ PRIVATE *

Dopo la crisi della finanza privata, in molti rivalutano le virtù del debito pubblico. Che in realtà sembra ancora svolgere la funzione di sostenere la ricchezza privata. Anche se qualcosa sta cambiando. Aumenta la quota del debito pubblico collocata all’estero: un effetto secondario della globalizzazione che ha inceppato il meccanismo di redistribuzione della ricchezza finanziaria all’interno dei paesi più sviluppati. Mentre lo scoppio delle bolle ha colpito soprattutto i patrimoni privati. Ma tutto ciò potrebbe rallentare la ripresa.

IL TEMPO DELLE SCELTE

La strada del governo per affrontare la crisi è basata sull’attendismo. Una strategia rischiosa che può costare cara al nostro paese. Anche perché non è detto che il peggio sia passato. Vi sono segnali positivi nell’economia mondiale, ma sull’Europa incombe la crisi dei paesi dell’Est. In più il terremoto rischia di peggiorare ulteriormente i nostri conti pubblici. E’ tempo di definire con chiarezza le priorità di politica economica. Poniamo quattro domande in merito al Ministro Tremonti. Augurandoci che risponda al più presto.

NESSUN COMPROMESSO SULLE MACERIE

Il Governo ha tempo fino a domani per decidere se tenere in un’unica consultazione, in un unico election day, elezioni europee, amministrative e referendum sulla legge elettorale. Lo stato risparmierebbe 173 milioni (stime, probabilmente per difetto, del Ministro Maroni che, più da esponente di un partito che da Ministro, si è speso molto per non fare l’election day), e i cittadini risparmierebbero altri 200 milioni di costi indiretti. In totale 373 milioni: uno spreco di risorse che non possiamo permetterci soprattutto dopo il terremoto in Abruzzo.
Un Governo responsabile dovrebbe prenderne atto, tenere conto del plebiscito che sul web c’è stato in questi settimane a favore dell’election day e, dunque, cambiare la data del referendum.
Eppure quello che si profila all’orizzonte è un "compromesso" molto costoso per i contribuenti e per chi ha bisogno di aiuto dallo Stato: il referendum sulla legge elettorale si dovrebbe tenere il 21 giugno con il secondo turno delle amministrative. E’ un compromesso che costerebbe al contribuente circa 300 milioni, tra costi diretti e indiretti. Infatti, il ballottaggio in Italia, in genere, coinvolge un terzo dell’elettorato potenziale e solo i collegi in cui ci sono elezioni provinciali e in cui si vada al ballottaggio. Secondo le nostre stime, solo 21 delle 63 province potenzialmente coinvolte, torneranno a votare a due settimane dal voto alle europee. Le altre 88 province italiane (81 per cento del totale) saranno chiamate a votare unicamente per il referendum. Di qui lo spreco enorme di risorse che si avrebbe anche in questo caso.
Ma che razza di compromesso è questo? Qui stiamo barattando una soluzione che fa risparmiare soldi allo Stato e tempo e denaro alle famiglie con una soluzione che costa ai contribuenti e a chi va a votare – e che per giunta riduce la partecipazione al voto, uno dei valori conclamati nella nostra Costituzione – pur di fare un piacere a un partito. E perché gli italiani tutti devono subire il diktat di un partito, votato dall’8 per cento dei cittadini? E’ un compromesso inaccettabile soprattutto dopo il terremoto.

Il Pil sulla scala Mercalli

I terremoti sono eventi eccezionali e imprevedibili che però purtroppo si ripetono in luoghi e tempi diversi. I dati derivanti dalle sfortunate esperienze di tanti paesi del mondo ci mostrano che le conseguenze di un terremoto come quello abruzzese sulla crescita di lungo periodo sono negative e di entità non marginale. La buona qualità delle istituzioni di un paese è però in grado di attenuarne in modo significativo i costi sociali.

TERREMOTO, RISORSE E CONTROLLI

La redazione de lavoce.info partecipa al dramma della popolazione colpita dal terremoto e al lutto di chi ha perso i propri affetti, i parenti, gli amici. Le calamità naturali richiedono la mobilitazione tempestiva di ingenti risorse per i primi soccorsi e per la ricostruzione. Il Governo, sino a questo momento, ha stanziato 30 milioni di euro. Una goccia nel mare. In questi tempi di crisi è difficile reperire risorse. Facciamo nostra una proposta che ci arriva da un gruppo di lettori che vivono all’estero: chiediamo che il Governo non esiti nel raggruppare le tre scadenze elettorali di giugno stanziando subito per le aree disastrate i risparmi derivanti dal loro accorpamento in un unico election day. Si tratta, secondo il ministro Maroni, di 172milioni di euro (la nostra stima, analoga, aggiunge 200 milioni di costi indiretti sostenuti dalle famiglie). Siamo certi che tutti gli italiani apprezzeranno l’uso di queste risorse e potranno essere incoraggiati dallo stesso Governo e dai media a devolvere allo scopo quanto risparmieranno personalmente con l’election day.
Ricordiamo che per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli (1976) lo Stato spese una cifra pari a 10 miliardi di euro, per quella dell’Irpinia (1980) 32 miliardi, per quella in Umbria e Marche (1997) 4 miliardi.
Alla luce di questa catastrofe, in cui edifici recenti sono crollati come castelli di carte, è fondamentale rivedere il “piano casa”: questo riduce i controlli formali ex ante e non rivede affatto il sistema dei controlli sulle opere in costruzione e completate. Alle Regioni il compito, nel recepire il piano, di tenere alta la guardia sul rispetto dei requisiti antisismici, imponendocontrolli sui cantieri e ad opere completate .

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