Il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, risponde allintervento della redazione de lavoce.info.
Categoria: Conti Pubblici Pagina 94 di 102
Tanti episodi portano a una sola conclusione: in questo esecutivo un ministro tecnico serve ormai solo a impedire il controllo democratico degli elettori e a coprire di fronte ai mercati scelte di politica economica avventurose. Siniscalco non solo non ha oggi il potere di stabilire l’agenda di politica economica, ma neanche quello di veto. Altri sembrano decidere per lui. Ne risente anche la qualità degli interventi, come si preannuncia per l’Irap e come è già accaduto con la riforma dell’Irpef. La risposta del ministro Domenico Siniscalco. Una lettera del vicepresidente del Consiglio Giulio Tremonti.
Laudizione di Siniscalco alle commissioni Bilancio di Camera e Senato è reticente sullo stato dei nostri conti pubblici. Per questo non serve a rassicurare i mercati. Né a valutare se è davvero possibile fare a meno di una manovra correttiva. Le prospettive negative dei conti pubblici non dipendono solo dalla crescita economica, ma anche dalla politica di bilancio seguita negli ultimi anni: un’ipoteca sul futuro che stiamo cominciando a pagare.
Il dato sul Pil e la possibilità che preluda a un’ulteriore involuzione delleconomia italiana pone tutti, senza eccezione, di fronte alle proprie responsabilità. Il Governo deve tracciare un quadro di politica economica che dia certezze a imprese e famiglie e abbandoni ogni ipotesi di sgravi fiscali. I sindacati riconoscano che la moderazione salariale non può essere confinata al settore privato. Il sistema produttivo faccia ricorso alla capacità di innovare e investire e non alla ricerca di rendite di posizione.
Dopo la revisione del Patto di stabilità, difficilmente l’Italia potrà beneficiare di maggiori margini di manovra rispetto a quelli che ha già utilizzato. La flessibilità per i paesi con un debito elevato non è aumentata, semmai è diminuita. Intanto, le previsioni della Commissione europea danno il nostro disavanzo pubblico al 3,6 per cento del Pil nel 2005. Il ciclo elettorale, con il promesso taglio delle imposte, potrebbe portarlo intorno al 6 per cento nel 2006. Ancor prima che dall’Europa, le sanzioni potrebbero arrivare dai mercati, con un incremento del costo del debito.
Nel settore pubblico continuano operare logiche diverse e distorsive rispetto al lavoro privato. Per rimediare a tali deficienze è necessaria una drastica riforma che immetta nel sistema pressanti incentivi di mercato o di quasi mercato e opportuni meccanismi di controllo che spingano le pubbliche amministrazioni ad agire come veri datori di lavoro. Nella situazione attuale, predomina la politica sull’amministrazione e la ricerca del consenso a qualsiasi prezzo sull’interesse pubblico e degli utenti dei servizi.
La possibile bocciatura europea dell’Irap perché doppione dell’Iva pone interrogativi sulla certezza del diritto e la razionalità economica della giurisprudenza comunitaria. Senza considerare le differenze sostanziali con l’Iva, il problema sembra essere un’imposta la cui base è calcolata come differenza “ricavi-costi”. Mentre sarebbe formalmente compatibile con le norme comunitarie, un’imposta che pervenisse allo stesso risultato come somma dei redditi che compongono il “valore aggiunto”.
Eurostat non ha convalidato i dati su disavanzo e debito pubblico resi noti dallIstat. E’ una vicenda molto preoccupante per la possibilità concreta di una violazione del Patto di stabilità europeo negli ultimi due anni e per la credibilità dellItalia di fronte ai partner europei e ai mercati. Il divario tra indebitamento (di competenza) e fabbisogno (di cassa) della Pa potrebbe alla lunga far nascere il sospetto che si tratti di un tentativo italiano di addomesticare i conti. Forse varrebbe anche la pena di ripensare allo status di indipendenza dellIstat.
Non sarà facile trovare un’alternativa all’Irap, la terza imposta del nostro ordinamento dopo Irpef e Iva. Un ritorno ai contributi sanitari sarebbe in contrasto con la filosofia della legge delega che indica come prioritaria l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap. Intervenire sull’Ires penalizzerebbe gli investimenti. Aumentare le addizionali regionali o l’Irpef è in contraddizione con i tagli fiscali promessi dal Governo. Le imposte indirette sono già cresciute con la Finanziaria 2005. Anche i suoi detrattori finiranno per rimpiangerla
I dati continuano a dipingere un quadro sconsolante dello stato dell’economia italiana. Nel 2004, uno degli anni migliori per l’economia mondiale, la crescita si è fermata all1,2 per cento. E non per carenza di domanda. La politica economica dovrebbe concentrarsi sugli stimoli all’offerta, in crisi di competitività sui mercati nazionali, europei e mondiali. Difficile pensare che nel 2005 si riesca a fare meglio. E’ auspicabile che con la prossima Relazione di cassa, il Governo fornisca un quadro realistico della situazione economica e di quella dei conti pubblici.