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PROVE DI NUOVA GOVERNANCE EUROPEA

L’ultimo Consiglio Europeo potrebbe segnare una svolta importante nella riforma della governance economica europea, sebbene rimangano ancora rilevanti questioni da chiarire. Il nuovo Patto di stabilità richiederà un aggiustamento impegnativo all’Italia. Auspicabile una maggiore trasparenza sugli “altri fattori rilevanti” da considerare nel valutare il debito pubblico, coinvolgendo organismi tecnici indipendenti. Positiva l’estensione della vigilanza europea agli squilibri macroeconomici. Il futuro Esm avrà una governance politica e procedure onerose.

IL RIGORE CHE MANCA

Il Patto per l’euro, concordato al Consiglio europeo, contiene una lista di obiettivi auspicabili, ma nessuna indicazione su come realizzarli. In compenso sono state decise condizioni più blande per la Grecia. È una storia che si ripete da qualche tempo: prima l’Europa, e la Germania in particolare, fa la voce grossa con i paesi non virtuosi, poi ai primi segni di nervosismo dei mercati, cede. Andrà ancora peggio dopo il 2013, quando entrerà in azione l’Esm (European stability mechanism). Ai politici europei non resta che sperare che la situazione migliori, per evitare futuri incidenti.

UN PATTO PER L’EURO E UNA SPERANZA PER L’EUROPA

Approvato venerdì scorso dai governi dell’Unione monetaria, il Patto per l’euro utilizza il metodo della co-operazione intergovernativa, con l’obiettivo di rafforzare la convergenza tra le economie dei paesi membri. Un salto più deciso verso il coordinamento e l’integrazione delle politiche economiche in Europa sarebbe auspicabile, ma non è attualmente realistico: dobbiamo quindi accontentarci di questo e sperare che funzioni. Deludenti le conclusioni del vertice sulla gestione del debito pubblico: qui manca ancora un disegno chiaro e lungimirante.

UN MECCANISMO ANTI-CRISI PER L’EURO *

Il Patto di stabilità e crescita stabilisce che nessun paese membro possa avere un deficit superiore al 3 per cento del Pil, né possa avere un debito pubblico superiore al 60 per cento del Pil. Si tratta però di regole mai applicate seriamente. E la crisi ha fatto il resto. Ricorrere agli Eurobond sarebbe un nuovo grosso sbaglio. Meglio invece un nuovo meccanismo anti-crisi a tre fasi: il Meccanismo europeo di stabilità.

ENERGIA: LO SGUARDO LUNGO DELL’EUROPA

La strategia dell’Unione Europea in campo energetico punta a limitare la dipendenza dall’estero insistendo sull’incremento dell’efficienza, sulle rinnovabili e su una più decisa integrazione delle reti, per gestire al meglio le varie fonti di energia e promuovere una riduzione dei costi. Il nostro paese si è spesso mostrato tiepido verso questa politica. Perché si continuano ad analizzare i problemi con un’ottica italo-centrica e non europea. E perché di fronte a emergenze immediate si prospettano soluzioni buone tra dieci o venti anni, come il nucleare.

PROJECT BOND: MANEGGIARE CON CAUTELA

La Commissione europea vuole rivitalizzare i project bonds, titoli emessi sul mercato per finanziare grandi progetti infrastrutturali. Ciò avverrebbe trasferendo buona parte del rischio finanziario sui bilanci dell’Unione e della Bei, attraverso la concessione di garanzie e di prestiti subordinati. Pur animata da buone intenzioni, la proposta non chiarisce alcuni punti. A partire dalla scelta dei progetti da finanziare. L’esperienza insegna che è forte il rischio di usare denaro pubblico per sostenere investimenti di scarsa utilità collettiva e di alto impatto ambientale.

LA VIGILANZA EUROPEA CHE FA PAURA ALLA CITY

La City di Londra è il principale centro finanziario d’Europa e per anni si è avvantaggiata di condizioni favorevoli dal punto di vista regolamentare e fiscale oltreché dell’integrazione dei mercati finanziari perseguita dall’Unione Europea. Ora la crisi ha cambiato tutto. Bruxelles ha istituito tre nuove autorità di vigilanza che eserciteranno la loro influenza anche sulle attività finanziarie del Regno Unito. E ciò potrebbe causare conflitti pericolosi. Londra preoccupata da un eventuale ruolo più marginale nelle relazioni con gli Stati Uniti.

GLI EFFETTI (NEGATIVI) DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ *

La crisi economica e finanziaria globale ha provocato un deterioramento dei saldi di finanza pubblica dei paesi europei. E per questo la Commissione europea ha proposto nuove e più stringenti regole di bilancio. Una simulazione sui possibili effetti mostra che la loro meccanica applicazione porterebbe la Grecia al fallimento e avrebbe conseguenze negative su Italia e Spagna. Ma anche nei paesi più virtuosi i costi economici potrebbero essere elevati. Accanto alle misure di disciplina fiscale, sono necessarie azioni di politica economica per sostenere la crescita.

SI FA PRESTO A DIRE RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO

Cresce il consenso sul fatto che sia auspicabile una forma di ristrutturazione del debito per i paesi europei a forte rischio di insolvenza. Ma scelte diverse producono effetti drasticamente diversi sulla ripartizione degli oneri tra il debitore sovrano e i suoi creditori. Se lo scopo della ristrutturazione è quello di ridurre gli oneri finanziari per lo Stato debitore e far sì che i creditori condividano le perdite, la soluzione del buy back non va affatto bene. Un default unilaterale o una conversione del debito sembrano largamente preferibili.

IL TIMORE DI TOCCARE IL FONDO

Il vertice dei ministri finanziari dell’euro area ha deluso le attese di chi proponeva una riforma dello european financial stability facility. Si continua così a rimandare la soluzione del problema del debito sovrano in Europa. Il rinvio costa caro agli stati, in termini di maggiori oneri per interessi; mantiene viva la minaccia di un attacco speculativo contro i paesi “periferici”; addossa un fardello sempre più pesante sulla Bce. Sarebbe perciò opportuno riformare lo Efsf, autorizzandolo ad acquistare titoli sovrani sul mercato secondario e riconoscendogli lo status di creditore senior rispetto ai creditori privati.

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