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Affidamento congiunto: solo un segnale?

La proposta di legge sull’affidamento condiviso dei figli in caso di separazione ha una chiara portata “culturale” in un paese come l’Italia, dove le responsabilità dei coniugi sono distribuite in misura ineguale e in forme spesso inefficienti, i padri affidatari sono pochi, mentre sono tanti quelli che non corrispondono l’assegno o lo fanno saltuariamente. Ma l’affidamento congiunto non può essere semplicemente imposto per legge. Meglio sarebbe stato adottare normative più pragmatiche ed eque al tempo stesso, come la legislazione sull’affidamento olandese o quella tedesca.

La scuola e la famiglia

L’analisi dei dati dell’indagine Pisa mostra che la bassa competenza degli studenti italiani non è un problema generalizzato. I risultati sono più che soddisfacenti al Nord e nei licei. Preoccupanti al Sud e negli istituti professionali. Le carriere dipendono dalla famiglia e dal luogo di nascita, negando alla radice l’uguaglianza delle opportunità. La scuola dovrebbe perciò operare come meccanismo compensativo. Ma per farlo, occorre conoscere nel dettaglio quali elementi contribuiscono a potenziare l’acquisizione di competenze.

Lo strano caso del tax planning familiare all’italiana

Con la riforma dell’Irpef, è più conveniente attribuire l’intera deduzione per il figlio a carico a uno solo dei contribuenti, generalmente quello con reddito più basso. Non si rispetta così il criterio di equità orizzontale secondo il quale, a parità di reddito e di composizione familiare, il “valore fiscale” di un figlio dovrebbe essere lo stesso. Inoltre, per il fenomeno dell’incapienza, i nuclei familiari a basso reddito in cui entrambi i genitori lavorano sono svantaggiati. Mentre nei livelli elevati sono le famiglie monoreddito a essere penalizzate.

La politica della famiglia nella riforma fiscale

Per i trasferimenti monetari alle famiglie la via fiscale è uno strumento poco flessibile e inappropriato nel contrasto della povertà. La maggior parte dei benefici va a favore solo di alcune categorie di cittadini. Lo sgravio è più ampio per i decili intermedi e contenuto per il primo, per il problema dell’incapienza. Non c’è stata l’unificazione degli interventi di sostegno a tutte le famiglie con minori e l’estensione degli assegni familiari ai lavoratori autonomi. A parità di effetti sul bilancio, lo strumento della spesa sarebbe stato più trasparente e diretto.

E sui figli un curioso effetto riforma

La Finanziaria 2005 ha profondamente modificato il trattamento fiscale dei figli a carico. Determinando una maggiore selettività degli interventi, perché i vantaggi fiscali per la presenza di figli tendono a concentrarsi sulle famiglie con redditi medi. Ma anche una maggiore indeterminatezza, perché il vantaggio fiscale dipende da molti fattori, alcuni dei quali sono scelte discrezionali della famiglia. Sono effetti “bizzarri” e poco trasparenti, dovuti alla decisione di trasformare le precedenti detrazioni dall’imposta in deduzioni dal reddito.

La povertà dimenticata

La riforma fiscale rafforza la tendenza a utilizzare la via fiscale come strumento principale di politica della famiglia e di sostegno ai redditi più modesti, mostrando tutti i limiti di questa scelta. E tra nuova Ire e Finanziaria, niente si dice della riforma degli ammortizzatori sociali, che avrebbe dovuto accompagnare la legge Biagi. Né del Rui, reddito di ultima istanza. L’Italia rimane così, con la Grecia, l’unico paese dell’Europa a quindici a non avere una misura di garanzia del reddito per i poveri, tra i quali ci sono anche molti minori.

Il fisco e le donne

La riduzione fiscale a vantaggio delle famiglie con figli dovrebbe essere al centro della riforma fiscale. Più che una riduzione generalizzata delle aliquote, serve un misura permanente che incentivi la partecipazione femminile alla forza lavoro e la natalità. Per esempio attraverso una imposta negativa: una detrazione fiscale condizionata alla presenza di figli, a un reddito congiunto al di sotto di un limite da definirsi e al fatto che entrambi i componenti della coppia siano occupati.

La Finanziaria dei non autosufficienti

Prevista una deduzione per le persone non autosufficienti. Rispetto alla situazione attuale, il provvedimento ha il merito di introdurre una graduazione del beneficio rispetto al reddito lordo. Condiziona l’erogazione del beneficio all’acquisto di lavoro regolare, ma nulla impone circa l’adeguatezza delle prestazioni e certamente inadeguate sono le risorse economiche messe a disposizione. Si accantona l’ipotesi di un fondo nazionale per la non autosufficienza, auspicabile invece anche per garantire un adeguato orizzonte temporale di programmazione.

Le famiglie dopo la riforma fiscale

Dall’emendamento finale emerge una struttura dell’Ire di quattro aliquote, dal 23 al 43 per cento. Vengono confermati gli aspetti di iniquità distributiva. Il 16,5 per cento dei contribuenti più ricchi gode del 60 per cento del totale dei tagli. E l’abbandono della proposta di aumento degli assegni familiari rende ancora più evidente i limiti dell’Ire nell’affrontare le condizioni economiche degli incapienti. Tra primo e secondo modulo, lo sgravio netto per le famiglie si riduce a poco più di sette miliardi, un quarto di quanto promesso dalla legge delega.

Meno nonni, più nidi

L’aumento degli assegni familiari per il “quarto componente” ripropone una concezione dei servizi all’infanzia affidata principalmente alla famiglia, alle nonne in particolare. Però, la scarsità di nidi e asili e la rigidità degli orari è alla base della minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e in futuro le nonne avranno sempre meno tempo da dedicare ai nipoti. Bisogna dunque puntare a un ampliamento dell’offerta. Anche attraverso la creazione di asili aziendali e di micronidi privati.

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