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MA LA CREDIBILITÀ NON È TUTTO

L’ingresso nella moneta unica ha permesso all’Italia di abbattere il costo medio del debito, con un notevole miglioramento del bilancio e una forte riduzione del rapporto debito/Pil, benché lo sforzo di aggiustamento si sia progressivamente affievolito. Dal 2008, il rapporto debito/Pil è ritornato ai livelli di partenza e l’avanzo primario è crollato. Non stupisce che i tassi siano aumentati. Semmai, sono aumentati poco. Perché finora i mercati hanno dato scarso peso ai fondamentali, considerando impensabili bancarotta e uscita dall’euro. Potrebbero ripensarci.

SPREAD DA INDIGNAZIONE

Le scelte di politica economica che il governo avrebbe dovuto prendere erano chiare fin da agosto. Priorità assoluta ai tagli alla spesa, in primo luogo quella previdenziale, e lotta seria all’evasione fiscale. Per la crescita, liberalizzazione dei servizi e delle professioni, per creare concorrenza dove oggi esistono situazioni di forte potere di mercato, e privatizzazioni. Ma la lettera inviata ai partner dell’Unione Europea parlava d’altro. Neanche l’opposizione sembra avere risposte adeguate. I mercati non hanno apprezzato per nulla e lo spread è arrivato a livelli record.

I MERCATI BRINDANO, MA I PROBLEMI RESTANO

I mercati finanziari hanno accolto molto bene i risultati del vertice europeo del 26 ottobre. I governi sono stati capaci di evitare una rottura drammatica tra di loro e con le banche, dando l’impressione di avere preso misure importanti e promettenti. A ben vedere, però, il comunicato finale desta qualche perplessità. Sulla Grecia si è arrivati a una insolvenza mascherata, che potrà avere effetti destabilizzanti. L’intervento sulle banche potrebbe provocare una stretta creditizia. La riforma del Fondo europeo di stabilità è ancora avvolta nella nebbia.

QUANDO IL MERCATO GIUDICA CON LO SPREAD

Le notizie sulle manovre d’estate pubblicate dai quotidiani più autorevoli hanno finito per influenzare l’andamento dello spread sui titoli di Stato? Difficile stabilire una relazione di causa-effetto. Ma un’analisi statistica mostra come la differenza tra lo spread dei Btp italiani e dei titoli di stato spagnoli rispetto ai Bund tedeschi sia aumentata significativamente quante più notizie sulla manovra finanziaria hanno pubblicato i quotidiani italiani il giorno precedente. La differenza diminuisce quando sono molti gli articoli a proposito delle intercettazioni.

LA TOBIN TAX? SI PUÒ FARE

La Commissione europea propone una tassa sulle transazioni finanziarie: dello 0,1 per cento su titoli e obbligazioni e dello 0,01 per cento per le operazioni sui derivati. Finora si è detto che un provvedimento simile non è fattibile, perché operatori e operazioni si sposterebbero semplicemente su altri mercati. Ma il successo di una imposta di bollo inglese in vigore dal 1986 dimostra che non è così. E oltretutto, la Tobin tax non ricadrebbe sugli investitori tradizionali, ma sui trader ad alta frequenza. Potrebbe perciò finire per garantire maggiore stabilità al sistema.

EUROBOND SENZA COSTI PER LA GERMANIA?

Gli Eurobond non sono necessariamente un regalo della Germania ad altri paesi dell’area euro. Possono essere concepiti in modo tale da abbassare il costo del debito pubblico per alcuni paesi, senza infliggere oneri sugli altri. Bisogna però osservare alcune regole. In particolare, per evitare sussidi incrociati, ciascun paese potrebbe contribuire a garantire gli Eurobond in due modi: alta reputazione di solvibilità o deposito in cash.

UN TAGLIO AL DEBITO. MA DI QUANTO?

Il problema delle conseguenze sul sistema bancario europeo del default della Grecia è diventato di attualità. La proposta di Iif e Commissione europea per coinvolgere il settore finanziario privato nelle perdite porterebbe a un “taglio di capelli” per i creditori di solo il 21 per cento. Secondo alcuni osservatori, invece, per tornare solvibile la Grecia dovrebbe ridurre il valore del proprio debito addirittura del 50 per cento. Ma la severità del default comporta costi notevoli per il paese debitore. Probabilmente, il taglio si collocherà a un livello intermedio tra i due valori.

BANCHE ITALIANE, PIÙ DEBOLI E COSTOSE

La crisi di liquidità nell’area euro si aggrava e investe le banche italiane. Che si difendono aumentando i tassi alla clientela, in controtendenza rispetto ai tassi del mercato finanziario. E appoggiandosi alla costosa stampella della Banca centrale europea. Prima o poi si dovranno rassegnare ad abbassare i loro obiettivi di redditività. Intanto, a pagare il conto della crisi sono sempre i soliti: le famiglie e le imprese.

SE IL PROBLEMA È L’OFFERTA DI CREDITO

La Fed ha scelto di intervenire con una Operation Twist invece che con una operazione di quantitative easing. I mercati l’hanno accolta con una certa freddezza. Perché denota un condizionamento politico, dei Repubblicani, sulla banca centrale americana. Ma soprattutto perché in questo momento il problema non è la domanda, ma l’offerta di credito. Le banche sono riluttanti a prestare soldi per la forte incertezza. Così una parte crescente di imprese e famiglie viene esclusa dall’accesso al credito. E non c’è compressione dei tassi di interesse che possa cambiare la situazione.

CDS ITALIA E SPAGNA A CONFRONTO

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