Il 17 giugno lÂ’agenzia di rating statunitense MoodyÂ’s ha annunciato di aver posto il rating Aa2 dellÂ’Italia sotto revisione in vista di un possibile downgrade. MoodyÂ’s spiega la sua decisione con tre motivi:
1) le sfide sul fronte della crescita dovute a debolezze strutturali dell’Italia ed una probabile crescita dei tassi di interesse nel prossimo futuro;
2) i rischi collegati allÂ’attuazione dei piani di consolidamento dei conti pubblici che sono richiesti per ridurre l’indebitamento italiano e mantenerlo a livelli sostenibili;
3) i rischi collegati dal cambiamento delle condizioni di finanziamento per i Paesi europei con alti livelli di debito.
Il secondo di questi tre motivi, quindi, ricollega la decisione di Moody’s direttamente alle fortissime pressioni a cui negli ultimi giorni il Ministro del Tesoro Giulio Tremonti è stato sottoposto da parte dei partiti di governo per indurlo a ridurre le imposte.
Se tali pressioni contribuiranno al downgrade del nostro debito pubblico, esse condurranno anche a un aumento dei tassi di interesse pagati dallo Stato italiano. E, data l’enorme massa del nostro debito, anche un minuscolo aumento dei tassi di interesse comporterà un esborso maggiore per lo Stato e quindi un inevitabile aumento del carico fiscale. Ecco quindi che chi oggi strilla perché le imposte scendano potrebbe in realtà essere tra i maggiori responsabili del loro aumento.
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Grazie dei commenti. È bene chiarire che non si dovrebbe fare alcuna distinzione tra diverse categorie di detentori dei titoli di stato greci destinati a diventare junior rispetto al credito vantato dallo Efsf. Ovviamente non sarebbe tollerabile (e neanche legalmente possibile) danneggiare maggiormente i piccoli risparmiatori. Questi ultimi sarebbero danneggiati al pari delle banche e degli altri investitori istituzionali da un calo del valore dei titoli in seguito al buyback. DÂ’altronde, come spiego nellÂ’articolo, una qualche forma di trasferimento di ricchezza dai detentori di titoli circolanti sul mercato allo stato debitore è necessario, affinché lÂ’operazione sia utile ad alleggerire il peso del debito per la Grecia. La soluzione avanzata nellÂ’articolo (buyback finanziato da un prestito senior da parte dello Efsf) mi sembra la meno traumatica. Può sembrare un intervento forzoso, come osserva un lettore, e in un certo senso lo è, poiché introducendo un nuovo creditore senior (lo Efsf) produce una svalutazione dei titoli in circolazione. Tuttavia lÂ’operazione si baserebbe sulla partecipazione volontaria dei creditori: ciascuno può decidere se vendere i suoi titoli oppure no. Inoltre essa non modifica unilateralmente alcuna caratteristica dei titoli in circolazione: valore facciale, interessi, scadenza. Ciò avrebbe il vantaggio, ad esempio, di non fare scattare la clausola di credit event nei Cds; probabilmente consentirebbe alla Bce di continuare ad accettare i titoli di stato greci come collaterale nelle operazioni di politica monetaria. Per queste ragioni, la soluzione proposta nellÂ’articolo (leveraged buyback con status di creditore privilegiato dello Efsf) mi sembra preferibile al buyback puro (finanziato dalla stessa Grecia con risorse proprie) e ad altre soluzioni già discusse in lavoce.info.  Â
L’impatto della recessione del 2009 sui consumi delle famiglie è stato più forte nel Regno Unito rispetto all’Italia. Le cause non sono solo nella diversa entità delle crisi bancarie, ma anche nella diversa esposizione debitoria delle famiglie. Il loro indebitamento complessivo è cresciuto negli ultimi dieci anni in tutti i paesi. Ma poco prima della crisi, nel nostro paese era al 68,8 per cento del reddito disponibile e nel Regno Unito a più del doppio. Soprattutto, sono le famiglie britanniche con redditi bassi a essere più indebitate di quelle italiane. L’incidenza dei mutui.
La ristrutturazione del debito greco è destinata ad avere pesanti effetti destabilizzanti sui mercati finanziari e sui debitori sovrani periferici. Per contenere al minimo questi effetti, bisogna adottare una soluzione che veda una partecipazione volontaria dei creditori. Qui si suggerisce un riacquisto di parte del proprio debito da parte del governo greco, finanziato da un prestito senior del Fondo europeo di stabilità .
L’enorme debito pubblico, unito allo scarso supporto politico di cui godono le riforme, rende l’Italia un osservato speciale delle agenzie di rating e delle organizzazioni internazionali. Come rassicurare agenzie e italiani di domani? Con una nuova regola: “Non paga Pantalone”. Significa la fine del populismo come prassi politica. Quel populismo che porta a sottolineare solo l’aspetto politicamente pagante e di parte delle politiche e a far apparire le riforme come stupidi sacrifici. Mentre si dovrebbe parlare sempre dei due lati del bilancio pubblico: le entrate e le uscite.
Dopo aver discusso i problemi che l’arresto del managing director del Fondo monetario, Dominique Strauss-Kahn, apre sul fronte della gestione delle crisi -in particolare quella greca- esaminiamo il delicato nodo della successione al vertice dell’organizzazione internazionale. Tradizionalmente assegnato agli europei (in particolare a personalità francesi) mentre gli statunitensi si riservano la guida della Banca mondiale. I grandi paesi emergenti, però, premono per un cambiamento.
L’arresto del managing director del Fondo monetario internazionale, con l’accusa di stupro, ha conseguenze importanti per l’Fmi, per le elezioni presidenziali in Francia e per i disastrati paesi Piigs. Fondo monetario e Unione Europea si trovano infatti davanti alla scelta se proseguire con un piano di salvataggio della Grecia che richiede sempre maggiori risorse oppure optare per una ristrutturazione ordinata del debito. Scelta resa più complessa dal rifiuto pregiudiziale della Bce di prendere in considerazione la seconda opzione. La posizione della Germania.
L’Opa è stata al centro della relazione del presidente Consob al mercato finanziario. Preoccupa il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Preoccupazione certamente condivisibile, ma è rivolta solo agli investitori stranieri o anche agli italiani? Alcune soluzioni sono già nelle modifiche al regolamento emittenti. E se la maggiore tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, non si capisce perché aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa dovrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire nella Borsa.
Come tre anni fa, il ministro Tremonti estrae dal cappello una regola per rinegoziare i mutui a tasso variabile. Dovrebbe servire a proteggere i mutuatari più deboli dal preannunciato rialzo dei tassi, che inevitabilmente farà salire le rate da pagare. Ma in realtà il provvedimento non porta alcun vero vantaggio per chi ha sottoscritto il mutuo. Semmai ne porta alle banche. Inoltre, si sancisce per legge la morte della concorrenza.
È sicuramente importante che al centro del dibattito ritornino temi come le procedure per la quotazione o gli ostacoli alla crescita rappresentati dai costi di regole complesse, opache e spesso totalmente inutili. Senza però dimenticare che gli imprenditori italiani non hanno colto l’occasione offerta dalla nuova disciplina dei mercati finanziari e del diritto societario. Un ordinamento realmente funzionale alla crescita, dove tutti possano competere ad armi pari, è un ordinamento che deve avere il coraggio di disincentivare la piccola dimensione.