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Categoria: Banche e finanza Pagina 66 di 116

L’entusiasmo nelle sfide

Ci eravamo sentiti qualche giorno fa; avevo chiesto a Tommaso Padoa-Schioppa di contribuire con un articolo a una nuova collana di commenti su temi di politica economica internazionale che avevo avviato. Scusandosi per non poter accettare subito aveva (quasi) promesso di farlo in futuro, un po’ forse per non deludere l’entusiasmo di un collega più giovane, ma anche per quel riflesso irrefrenabile che lo portava a lanciarsi in qualunque nuova sfida che gli sembrasse giustificare la sua presenza. Combattivo fino all’ultimo.

DALLA BANCA D’ITALIA AL MINISTERO, PASSANDO PER L’EUROPA

Mi sono trovato, in parte per caso, a condividere alcuni momenti della sua vita professionale negli ultimi anni. Il primo ricordo risale agli anni della Banca d’Italia. Per lui, già esponente autorevole del Direttorio, erano anni frenetici e fecondi, con l’Europa monetaria che prendeva forma: il rapporto Delors, il mercato unico, poi il trattato di Maastricht, infine, di segno contrario ma ugualmente intensa, la crisi del sistema monetario e della lira. Ma anche la riforma del sistema finanziario italiano: la regolamentazione delle banche e la vigilanza, l’impegno capillare sul sistema dei pagamenti. Io aiutavo, ma soprattutto guardavo e imparavo. L’entusiasmo di Tommaso lo portava a intervenire quasi su tutto, dalla conduzione quotidiana della politica monetaria all’organizzazione interna, dai temi strutturali dell’economia reale nel nostro paese a quelli della finanza globale. Sempre -allora era meno scontato! – coinvolgendo i giovani in prima linea, chiedendo loro di formarsi un’opinione e di avere il coraggio di difenderla.
Dopo la breve parentesi della Consob, lo sbarco a Francoforte, nel consiglio della Banca centrale europea appena costituita. Un’istituzione che Tommaso sentiva appartenere a lui più che agli altri membri designati in consiglio; correttamente nella sostanza, anche se non nella forma. L’entusiasmo e l’energia erano quelli di sempre, così come l’interesse per tutte le aree di responsabilità della banca. Era inevitabile che la sua tendenza a muoversi orizzontalmente su temi diversi sollevasse qualche sopracciglio, scompigliasse regole interne e convenzioni. Una visita al sito internet della Bce, nella sezione in cui sono conservati i discorsi del comitato esecutivo, mostra che non c’è area di responsabilità della Banca in cui egli non abbia lasciato il segno. Un contributo intellettuale e di comunicazione pubblica, ancor prima che decisionale, nonostante la natura esecutiva dell’incarico.
Il biennio del ministero è stato quello più complesso e sofferto, oltreché controverso. Ogni giudizio in merito non può che attendere il filtro del tempo. La difficoltà era, per lui più che per ogni altro, far valere l’autorevolezza tecnica in un contesto e in un tempo che richiedevano anche un deciso impegno politico. La generosità e lo slancio lo hanno a volte indotto, nel bilanciare queste esigenze in contrasto, a mettere in gioco la propria persona più di quanto alcuni amici e colleghi avrebbero desiderato. Ma lui non esitava. Come ha scritto poco prima di assumere l’incarico: “Mi rendo conto che sto per mettere a repentaglio quel po’ di reputazione che ho accumulato in una vita di lavoro.
Coloro che credono nella possibilità e nel dovere di tenere l’Italia nel novero dei paesi civilizzati e autorevoli, in Europa e nel mondo, da oggi sono un po’ più soli. Ma anche consapevoli di portare sulle spalle una responsabilità un po’ più grande.”

Come Las Vegas

Tra i 314 nomi dei parlamentari che hanno votato il 14 dicembre la fiducia al Governo ce n’è uno che non avremmo proprio voluto vedere. Non è quello del colorito Scilipoti, né quello della Polidori, in odore di Cepu. Non intendiamo infatti entrare nelle complesse transazioni che hanno attraversato il mercato della politica nell’ultimo scorcio di tempo. E’ il nome di Giuseppe Vegas, già sottosegretario al ministero dell’Economia e neo presidente della Consob. Non lo avremmo voluto vedere poiché quel ruolo, cui è chiamato chi il mercato lo deve controllare, avrebbe consigliato di astenersi dal partecipare alla votazione. La nomina del presidente Vegas, al di là dei meriti tecnici che in modo bipartisan gli sono stati riconosciuti, ha sollevato perplessità nell’osservare il passaggio, senza soluzione di continuità, da un ruolo politico a un delicatissimo ruolo di arbitro dei mercati di borsa. Per quanto Vegas sia formalmente ancora parlamentare in attesa di nomina nel nuovo prestigioso ruolo, avremmo apprezzato da lui un gesto di sensibilità che segnalasse, astenendosi dal partecipare alla votazione, che il candidato si sente già soggetto super partes e non, fino all’ultimo momento utile, soggetto politico in attesa di nuovo incarico.

Un vero esame per le banche europee

Le crisi bancarie sistemiche sono sempre difficili da risolvere. Se un sistema bancario malato rappresenta un serio ostacolo alla ripresa, ancor più grave è il fatto che costringe la zona euro a optare in modo sistematico per il salvataggio, invece che per la ristrutturazione, ogni qual volta un suo membro si trova in difficoltà. La soluzione passa per l’analisi della situazione patrimoniale delle banche, la ricapitalizzazione o l’eventuale ristrutturazione. Un processo forse traumatico. Ma rinunciarvi significa mettere in pericolo la stessa Unione Europea.

 

Sulle regole è tempo di realismo

A Seul con l’adesione del G20 all’accordo di Basilea 3 si è simbolicamente chiuso il ciclo di discussioni iniziato due anni prima a Washington. La dura realtà del mondo post-crisi lascia poco spazio alla retorica della rifondazione radicale del sistema finanziario. Bisogna invece concentrarsi su tre direttrici: dare maggiore rappresentanza alle economie emergenti nelle istituzioni internazionali, intensificare l’integrazione del mercato dei capitali, favorire il monitoraggio del sistema finanziario. Un’agenda certo più limitata. Ma rispettarla sarebbe già un successo.

 

Coincidenza di interessi

 

 

A un passo dal disastro

Il primo errore è stato il salvataggio della Grecia, per poi proseguire in un crescendo che ha finito per portare l’eurozona sull’orlo del disastro. I leader europei sperano di arginare la situazione rafforzando il Patto di stabilità o imponendo un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano. Entrambi richiedono un nuovo Trattato e dunque una ratifica da parte di cittadini europei, poco propensi a concederla in questo momento. E allora l’unica possibile soluzione è il ripristino della clausola del “no-bailout”: a imporre la disciplina fiscale ci penseranno i mercati.

 

Quanto costa salvare le banche

Il caso irlandese mette in luce che il costo dei salvataggi bancari può diventare determinante nel valutare la tenuta dei conti pubblici di un paese. Bisogna quindi saperlo misurare e tenerne conto nel rapporto debito/Pil, anche ai fini del nuovo Patto di stabilità in Europa. Una misurazione a valori di mercato ci mostra che l’Irlanda è il paese europeo nel quale l’onere, implicito nella garanzia di bail out del sistema bancario, è di gran lunga maggiore. L’Italia è quello che sta meglio tra i “periferici”. Ma la Germania è il paese più solido in Europa.

 

L’Europa alla ricerca di una nuova finanza d’impresa

La struttura finanziaria delle Pmi europee esce indebolita dalla crisi. Ricorrere alla leva creditizia sarà al tempo stesso più rischioso e meno produttivo per le banche e per le imprese. Occorre una strategia per rafforzare la finanza d’azienda, altrimenti l’Europa non potrà colmare i pesanti gap di competitività. Va sfruttato in particolare lo spazio tra capitale e credito, con strumenti nuovi e servizi adeguati, disegnandoli in uno sforzo comune e concertato tra imprese, finanza e mercato. A partire dal tavolo permanente di lavoro tra imprenditori e sindacati.

 

Più web e meno territorio nel futuro delle banche

Le regole di Basilea 3 sono destinate a riaccendere le discussioni sul modello strategico delle banche italiane. Sono riuscite a superare bene la crisi finanziaria, ma faticano ad adattarsi al nuovo contesto macroeconomico. Il nostro tessuto industriale ha bisogno di un sistema bancario in grado di capirne i bisogni e di essere fisicamente vicino al cliente. Ma a tutti gli altri interessano pochi, semplici e standardizzati prodotti venduti a basso prezzo. In entrambi i casi, l’attuale rete di filiali è inadeguata. Molto meglio puntare sulle potenzialità del web.

 

Cda, quanto mi costi?

I compensi ai membri dei consigli di amministrazione e agli amministratori delegati sono adeguati? Hanno cioè una corrispondenza con i risultati ottenuti dalle società che dirigono? Per un campione di aziende quotate, il costo dei Cda varia dai 600mila ai 15 milioni di euro. Ed è superiore di cento volte al costo medio del personale. La retribuzione dell’amministratore delegato incide per circa la metà. Ma tra emolumenti e utile generato non si riscontra una relazione diretta. Insomma, il costo di questi organi sembra largamente immotivato e determinato da fattori endogeni.

 

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