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Rifondazione capitalista

Le fondazioni bancarie non sono investitori istituzionali perché non rendono conto ad alcun risparmiatore delle loro scelte finanziarie e non hanno peraltro alcun obbligo di rendicontazione della redditività dei loro investimenti. Né sono autonome dalla politica, come mostrano gli ultimi riassetti ai vertici. Vanno dunque riformate, risolvendo l’anomalia di istituzioni non profit che esercitano funzioni di controllo nelle banche. Dovrebbero trasformare gradualmente le loro azioni in azioni di risparmio, evitando di incorrere in perdite in conto capitale.

 

Quelle banche ancora troppo fragili

Negli Stati Uniti la crisi finanziaria sembra ormai archiviata. Non si può dire lo stesso per l’Europa, che ha affrontato il problema affidandosi a una serie di false speranze. Mentre gli stress test sulle banche americane sono serviti a riconquistare subito la fiducia degli investitori, quelli condotti sugli istituti europei hanno prodotto risultati deludenti perché è mancata la necessaria trasparenza. Ma soprattutto perché il processo non ha innescato la ricapitalizzazione e ristrutturazione delle banche più deboli. Mantenendo così la fragilità del sistema.

 

La Consob batte un colpo

La Consob ha presentato nei giorni scorsi delle proposte di revisione della regolamentazione sulle Opa. Alcune sono opinabili, ma l’impianto complessivo fa pensare che Consob sia tornata a preoccuparsi della tutela degli azionisti di minoranza, dopo gli sbandamenti dell’ultimo periodo della presidenza Cardia. Importante però che sia nominato al più presto un nuovo presidente. Con le competenze necessarie per il ruolo che dovrà ricoprire. L’ennesimo politico spacciato come tecnico sarebbe un boccone indigeribile.

La risposta ai commenti

Grazie per i commenti.
Condivido l’osservazione relativa al perimetro di applicazione di Basilea III, che lascia fuori una pluralità di operatori che non si qualificano come banche commerciali. La regolamentazione meno stretta sugli intermediari finanziari non bancari è stata tradizionalmente giustificata con il fatto che questi non godono della protezione della banca centrale (prestito d’ultima istanza). Tuttavia la crisi esplosa nel 2007 ha messo in crisi questo modello, per cui sarebbe bene riflettere sull’opportunità di limitare la leva ed il rischio di liquidità di operatori come investment banks e hedge funds.  E’ invece infondata la preoccupazione relativa alla partecipazione degli USA: l’accordo di Basilea III coinvolge tutti i maggiori paesi occidentali (compresi gli USA) ed emergenti.
I costi di aggiustamento – in termini di maggiore costo del credito e di minore crescita del PIL – sono transitori perché si riferiscono alla fase in cui alcune banche potrebbero trovarsi vincolate dai nuovi requisiti patrimoniali: in altri termini, la scarsità di capitale primario potrebbe costringerle ad una restrizione dell’offerta di credito. A regime questa situazione dovrebbe scomparire, grazie all’emissione di azioni e all’accantonamento di utili, e anche in virtù dei “cuscinetti anti-ciclici” di capitale previsti dall’accordo: questi dovrebbero indurre le banche a raggiungere un livello di capitale superiore al minimo regolamentare, così da non trovarsi mai “a corto di capitale”.
Infine, sono d’accordo sul fatto che le azioni del settore bancario sono destinate ad essere mediamente meno redditizie in futuro, a causa della regolamentazione più stringente. Tuttavia esse dovrebbero essere anche meno rischiose, e ciò dovrebbe compensare gli investitori. La linea perseguita dalle autorità è proprio quella di rendere i profitti del settore bancario più stabili, seppure inferiori in rapporto al capitale impiegato.

Il caso profumo e il rispetto delle regole

La sera del 21 settembre il consiglio di amministrazione di Unicredit ha tolto la fiducia all’amministratore delegato, Alessandro Profumo, costringendolo alle dimissioni, e ha assegnato tutte le deleghe operative al presidente Dieter Rampl. Ma un principio fondamentale del buon governo societario è che non vi sia mai un accentramento di tutti i poteri nelle mani di un singolo individuo. Ed è un principio pienamente accolto nelle regole emanate dalla Banca d’Italia. Si è così creata una situazione anomala. Speriamo almeno che duri poco.

Come affondare l’unica banca multinazionale italiana

E’ stato un gesto di irresponsabilità, in cui hanno giocato un ruolo decisivo le fondazioni bancarie, quello che ha portato all’impeachment di Alessandro Profumo senza un sostituto e senza un preciso capo d’accusa. Un nuovo amministratore delegato dovrà essere trovato entro poche settimane, da un consiglio tutt’altro che coeso al suo interno. Bene che si faccia sin d’ora chiarezza sui criteri e le procedure che verranno seguite nel selezionare i candidati. Sarà fondamentale anche rivedere la governance di Unicredit che si è rivelata fragilissima. La lezioni da trarre è che le fondazioni devono uscire dalle banche. Gioverebbe alle banche, alla collettività. E anche a loro.

Ora la finanza si sposta a Oriente

Non solo nel commercio, nella manifattura e nei servizi: i paesi emergenti avranno un ruolo sempre più importante anche nella finanza internazionale. Complice la crisi, il baricentro si sposta da Occidente a Oriente in un processo forse non uniforme e probabilmente lento, ma irreversibile. Che avrà effetti importanti sulla politica di regolamentazione finanziaria a livello mondiale, a partire dalla questione della rappresentanza delle nuove potenze economiche nelle istituzioni internazionali.

BASILEA III: MOLTO RUMORE PER POCO

Banche e industriali sono per una volta d’accordo: Basilea III avrà un impatto restrittivo sull’economia, con il rischio di fermare sul nascere la ripresa. In realtà, l’effetto restrittivo sarà di breve periodo e limitato. Anche perché è previsto un lungo periodo di transizione. Semmai, l’accordo raggiunto domenica tra i governatori delle banche centrali è fin troppo prudente, permettendo così che elevati rischi di instabilità continuino a essere presenti ancora per molti anni nel sistema finanziario mondiale.

L’autunno della finanza

In allegato la presentazione tenutasi, il 15 settembre 2010, al convegno a porte chiuse per i sostenitori de lavoce.info

Europa: quando mancano le regole

L’adozione della moneta unica avrebbe dovuto essere affiancata dall’introduzione dei necessari regolamenti e dall’azione di supervisione bancaria nella zona euro. Ma lo hanno impedito atteggiamenti nazionalistici o protezionistici. Una lezione che non sembra essere stata compresa neanche adesso, di fronte alla crisi finanziaria globale né a quella, più recente, della Grecia. Eppure, è evidente quello si deve fare: centralizzare la regolamentazione e la supervisione bancaria e decentralizzare il Patto di stabilità.

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