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RICETTE CHE NON RISOLVONO LA CRISI

La crisi finanziaria deriva dalla bolla speculativa sul mercato immobiliare e dalla mancata regolamentazione delle banche d’investimento. Per questo la risposta non è né la riproposizione di politiche keynesiane né l’abolizione del mercato degli strumenti finanziari o il ritorno ai sistemi basati sulla banca tradizionale. Si tratta, piuttosto, di trovare meccanismi di regolazione che responsabilizzino gli intermediari e riducano i rischi di crisi sistemiche. Ricordando che anche i sistemi finanziari europei e giapponesi hanno altri gravi difetti.

PAESI DELL’EURO E COCCI FINANZIARI

Un sistema finanziario di tipo bancocentrico ha contribuito a rendere meno esposta la finanza dell’area euro alla recente turbolenza dei mercati finanziari. Ma i dati dell’Oecd ci dicono anche che in Italia e in altri paesi europei è poco sviluppata l’industria dei fondi pensione e delle assicurazioni sulla vita. E anche la composizione dei portafogli mostra una modesta attività sui mercati dei titoli di capitale. Forse è allora opportuno difendere ciò che rimane delle istituzioni per il welfare state.

LA MADRE DI TUTTI I SALVATAGGI

Il sistema finanziario statunitense è stato nazionalizzato e la Fed ha perso la sua indipendenza. E in Europa? Il caso Aig ha messo in evidenza l’interconnessione tra il mercato finanziario statunitense ed europeo, oltre a un colossale aggiramento dei vincoli sui requisiti di capitale. Ora, le maggiori banche europee sono diventate troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate. Dovrà farsene carico la Bce. I regolatori europei sono seduti su una bomba a orologeria e farebbero bene ad attrezzarsi per affrontare scenari peggiori.

IL PREZZO DELLA TRASPARENZA

La semplificazione delle informazioni trasmesse al mercato ha consentito alle banche di ampliare la platea dei compratori dei propri titoli. Ma ha anche determinato una catastrofica incertezza, che paralizza i mercati e si riverbera persino nelle scelte di politica economica degli Stati Uniti. La scelta di opacità degli emittenti e delle società di rating è stata socialmente dannosa e avrebbe dovuto trovare un argine molto più fermo nella regolamentazione. Anche se prima di oggi in pochi pensavano che la trasparenza potesse valere il 5 per cento del Pil degli Stati Uniti.

DOVE SBAGLIA PAULSON

Se per procedure simili a quelle del Chapter 11 non c’è più tempo, si possono però utilizzare altre strategie per fermare la crisi, senza per forza ricorrere a un salvataggio statale generalizzato a spese dei contribuenti. Ad esempio, una parziale cancellazione del debito oppure lo scambio debiti-azioni. Le decisioni di questi giorni non sono importanti solo per le prospettive dell’economia americana nel prossimo futuro, determinano anche il tipo di capitalismo nel quale vivremo per i prossimi cinquanta anni. E’ il momento di salvare il capitalismo dai capitalisti.

IN BANCA LA MEDIAZIONE NON BASTA

Per Mediobanca e Bpm, i temi di governance e di strategia d’impresa si ostacolano a vicenda, insolubilmente cementati dal collante dei contrasti personali e di potere. Ora sembra sia arrivata l’agognata ricomposizione delle divergenze. Resta da vedere se e come, dopo l’accordo politico, sarà possibile gestire le due banche. E soprattutto nell’ambito di quale strategia. I tecnici fanno bene il loro lavoro, nell’ambito del mandato ricevuto, ma spetta a chi ha responsabilità di conduzione di imprese affiancare alla mediazione la soluzione dei nodi di fondo.

CRISI FINANZIARIA, UNA DOMANDA A… MARCO ONADO

Bear Stearns, Fannie Mae, Freddie Mac, Lehman Brothers e Aig: nei meccanismi della finanza qualcosa è saltato. Dove bisogna cercare le cause di questa crisi senza precedenti? E come giudicare gli interventi delle autorità americane?

 

Quanto costa chiudere Alitalia

L’azionista di controllo di Alitalia è il Tesoro e la società è in amministrazione straordinaria. Eppure al cittadino contribuente non è concesso di sapere quale sarà l’impatto sui conti pubblici dell’intervento previsto. L’unica cifra certa sono i debiti finanziari per circa 1,2 miliardi. A cui si aggiungono i 300 milioni del prestito ponte capitalizzato, debiti con i fornitori stimabili in 1,5 miliardi, 1, 4 miliardi per ammortizzatori sociali e tutela degli azionisti. L’attivo si aggira sugli 800 milioni. In totale lo Stato pagherebbe direttamente circa 2,9 miliardi.

REGOLE VECCHIE PER NUOVI PROBLEMI

La crisi finanziaria si allarga perché i mercati finanziari negli Stati Uniti sono troppo poco regolamentati? In realtà, la regolamentazione non manca, anzi alcuni sostengono che è perfino eccessiva. Semplicemente è di cattiva qualità. E spesso rivolta a risolvere i problemi di ieri, dimenticando che quelli di domani saranno del tutto diversi. La lezione che occorre imparare da Freddie e Fannie è che bisogna essere scettici verso chi propone nuove regole senza spiegare perché quelle passate non hanno funzionato.

FANNIE, FREDDIE E I FRATELLI LEHMAN

Soldi pubblici per Fannie e Freddie e ricerca di un cavaliere bianco per Bear Stearns, mentre Lehman Brothers viene abbandonata al fallimento. Due pesi e due misure e un segnale contraddittorio nella ricerca di un equilibrio tra i bisogni di stabilità del sistema finanziario e i limiti all’intervento pubblico. Ma il perimetro del rischio si è drammaticamente allargato e bisogna mettere in campo nuovi strumenti per far fronte agli shock di liquidità. Soprattutto, definire criteri oggettivi per individuare chi salvare e secondo quali modalità, per dare certezze al mercato.

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