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Categoria: Fisco Pagina 58 di 83

TASSA ABOLITA, CASA PIÙ CARA

L’abolizione della tassazione su donazioni e successioni del 2001, in seguito reintrodotta per i soli grandi patrimoni, ha contribuito sensibilmente all’aumento dei prezzi degli immobili in Italia. Un effetto collaterale inatteso di cui si rallegrano i proprietari di case. Ma non è altrettanto ovvio che sia un vantaggio per la società italiana nel suo complesso, per lo sviluppo del nostro mercato finanziario e, in particolare, per le giovani generazioni e le fasce più deboli.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo tutti i lettori per i commenti. Dimostrano che le imposte sulle successioni sono un tema caldo e che suscita opinioni fortemente contrastanti.
Un primo gruppo di commenti comprende quelli che hanno osservato che l’effetto trovato potrebbe essere dovuto ad un effetto di ricomposizione della ricchezza (gli individui potrebbero aver riallocato la ricchezza verso beni immobili in risposta alla riforma) o all’emersione del sommerso. Entrambi i commenti sono corretti. Con i dati a disposizione non possiamo distinguere tra queste ipotesi, come sottolineato nella versione completa dell’articolo al quale rimandiamo. Tuttavia, il fatto che quasi il 90 percento della ricchezza complessiva degli anziani sia detenuta sotto forma di immobili induce a pensare che è improbabile che l’effetto riallocazione spieghi tutta l’evidenza. Per quanto riguarda invece l’emersione del sommerso può essere utile sottolineare che l’analisi non si basa su dati di origine fiscale ma su un’indagine (l’Indagine sui Bilanci delle Famiglie della Banca d’Italia) nella quale gli individui hanno garanzia di anonimato e non hanno motivo di mentire. Ciò dovrebbe far sì che gli individui non abbiano una maggiore propensione a dichiarare di aver ricevuto un immobile in eredità dopo la riforma o, quanto meno, che eventuali differenze siano simili tra famiglie ricche e povere.
Un secondo gruppo di commenti include detrattori (l’imposta è ingiusta e in ogni caso ha un ruolo marginale a causa del basso gettito) e fautori dell’imposta (si tratta di un’imposta progressiva che riduce la diseguaglianza e promuove la mobilità). Su questo non intendiamo entrare nel merito. Ci limitiamo ad osservare che i trasferimenti intergenerazionali sono soggetti a tassazione nella gran parte delle economie sviluppate, e particolarmente negli Stati Uniti d’America e che, nonostante producano un gettito che raramente supera l’1 percento delle entrate fiscali complessive, sono spesso al centro del dibattito pubblico. Per i favorevoli esse aumentano la mobilità intergenerazionale, per i contrari riducono l’accumulazione di capitale.Il punto che ci interessa sollevare è che il dibattito avviene in assenza di riferimenti fondamentali: stime attendibili dell’effetto delle imposte di successione sui trasferimenti intergenerazionali, e quindi sulle entrate fiscali, sull’accumulazione di capitale, sulla trasmissione della ricchezza e sulla mobilità intergenerazionale. Crediamo che disporre di una misura dell’effetto delle imposte di successione sulla propensione a trasferire ricchezza ai propri eredi possa aiutare a rendere il dibattito più trasparente.
Infine al commento del lettore Vittorio Serito rispondiamo che in effetti, come precisato nell’articolo, le imposte di successione sono state reintrodotte per i grandissimi patrimoni alla fine del 2006 (legge 296/2006) e che i fattori da lui menzionati (l’evoluzione del mercato immobiliare e l’evoluzione dei valori catastali) sono senz’altro importanti. Nell’analisi condotta nella versione completa dell’articolo se ne tiene adeguatamente conto.

UNA TASSA CONTRO LA SOCIETÀ INGESSATA

Una delle poche riforme fiscali varate in Italia nell’ultimo decennio ha riguardato le imposte sulle successioni che sono state, in maniera bipartisan, sono state prima diminuite nel 1999-2000 e successivamente abolite nel 2001 dal governo Berlusconi. I dati della Banca d’Italia consentono di valutare l’impatto della riforma sulla propensione a lasciare immobili in eredità. La nuova norma ha aumentato significativamente i trasferimenti intergenerazionali consegnando un paese ancora più immobile e diseguale. Certamente non una buona notizia.

SE IL CANE DA GUARDIA DORME

Una serie di interventi pubblicati su lavoce.info e ripresi dai giornali hanno innescato negli ultimi giorni una polemica feroce sul valore effettivo dei rientri di capitale legati all’operazione scudo fiscale. Coinvolgendo anche organismi tecnici. Non stupisce che il governo abbia cercato di presentare un provvedimento discutibile e contestato come un grande successo. Preoccupa invece che la stampa indipendente abbia pubblicato con grande risalto e senza alcun controllo i comunicati del ministero. Abdicando così al suo ruolo.

MARIA CECILIA GUERRA RISPONDE AD ATTILIO BEFERA, DIRETTORE AGENZIA DELLE ENTRATE

"I giochi statistici possono essere diversi, ma è la somma che fa il totale. Lo scudo fiscale 2009 si è concluso con uno straordinario successo: 93 miliardi di euro rimpatriati in Italia ad ogni effetto e 2 miliardi regolarizzati". Lo dichiara il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, in una nota in riferimento ai dati sullo scudo fiscale in cui aggiunge che "Bankitalia fotografa al 15 dicembre 2009 l’ammontare di 35 miliardi, in quanto considera i soli flussi finanziari provenienti dall’estero (tipicamente bonifici bancari). In realtà il rimpatrio è stato fatto anche da titoli e altre consistenze patrimoniali. In particolare 85 miliardi di euro sono stati composti da capitali rilevanti, 10 miliardi da somme varie e minori (beni preziosi, eccetera) – Ansa

E’ curioso che il direttore dell’Agenzia delle Entrate si consideri chiamato in ballo dai nuovi dati forniti dalla Banca d’Italia, e dai commenti che ne sono seguiti. Nessun commentatore, e tanto meno Banca d’Italia, ha messo in dubbio l’autenticità dei dati forniti a suo tempo dall’Agenzia: 95 miliardi scudati di cui 93 rimpatri e 2 regolarizzazioni. Né l’Agenzia avrebbe potuto fornire dati più dettagliati: l’unica fonte d’informazione di cui dispone è infatti data dal versamento dell’imposta sostitutiva che avviene secondo due soli “codici tributo”, l’uno relativo ai rimpatri (complessivamente intesi), l’altro alle regolarizzazioni.
I dati della Banca d’Italia permettono un’informazione statistica più accurata (non giochi statistici!). La Banca d’Italia deve infatti raccogliere dati che permettano di distinguere, fra i rimpatri, quelli solo giuridici da quelli veri e propri, perché ha il compito istituzionale di compilare le statistiche relative alla bilancia dei pagamenti. Solo i rimpatri veri e propri danno luogo a flussi di capitali verso l’Italia da registrare nella bilancia dei pagamenti. I rimpatri giuridici riguardano infatti attività che restano all’estero, ma di cui assume la custodia, amministrazione o gestione un intermediario residente in Italia.
Non c’è quindi né incoerenza fra le due informazioni né imbroglio statistico. C’è stato invece un imbroglio mediatico: cercare di farci credere, a fine dicembre, che i 93 miliardi di rimpatri si riferivano a capitali materialmente riportati in Italia, magari per finanziare le nostre imprese in crisi. Ora sappiamo che non è così: i rientri veri e propri sono stati 35 miliardi, si tratta quasi esclusivamente (97%) di attività liquide che, in regime di liberalizzazione valutaria, potranno, quando vorranno, tornare liberamente e legalmente all’estero.

Maria Cecilia Guerra

DALLE PERSONE ALLE COSE (CHE INQUINANO)

Le imposte ambientali sono un terreno ideale se si tratta di spostare una parte non marginale del gettito dalla tassazione sul lavoro ad altre forme di prelievo. Tanto più che molte di queste imposte si prestano a essere prelevate in sede locale, adatte dunque a un fisco più federale. L’impatto potenzialmente regressivo potrebbe essere compensato costruendole in maniera tale da sfruttarne il potenziale incentivante. Una seria riforma fiscale verde potrebbe partire da un aumento delle aliquote dell’ecotassa, il tributo per il conferimento di rifiuti in discarica.

SCUDO FISCALE TER: A VOLTE NON RITORNANO

Il 29 dicembre 2009 il Mef comunicava il grande successo dell’operazione scudo fiscale ter sintetizzandolo in due numeri: 95 e 98.  95 miliardi di euro il volume delle operazioni interessate dallo scudo di cui  98 per cento costituito  da  rimpatri effettivi in Italia. Numeri che marcano uno straordinario successo, segno di forza della nostra economia e di fiducia nell’Italia.
Nel commento del 5 gennaio sottolineavo come il comunicato, pur formalmente corretto, fosse nella sostanza fuorviante:  volesse cioè far credere che il 98% dei 95 miliardi scudati fosse davvero rientrato in Italia, pronto ad affluire alle nostre imprese in crisi. Il trucco comunicativo consisteva nel giocare sull’ambiguità del termine "rimpatri effettivi", senza ricordare che essi consistono di rimpatri veri e propri e di rimpatri  giuridici i quali, analogamente a quanto avviene per le regolarizzazioni, non comportano alcun disinvestimento di attività estere.
Richiamare questa distinzione sarebbe stato cruciale per la correttezza e la trasparenza dell’informazione: già al momento in cui il comunicato è stato emesso erano infatti molte le valutazioni, effettuate da osservatori privilegiati, che facevano ritenere che per una quota rilevante i rimpatri da scudo fossero in realtà soltanto rimpatri giuridici.
La distinzione fra rimpatri veri e propri da un lato e rimpatri giuridici e regolarizzazioni, dall’altro, è necessaria per costruire statistiche appropriate relative alla bilancia dei pagamenti del nostro paese in cui solo i primi devono essere registrati. L’informazione relativa è stata quindi raccolta dalla Banca d’Italia, che proprio ieri ha pubblicato i risultati  emersi da tutte le segnalazioni statistiche arrivate fino al 15 febbraio 2010. Essi riguardano 85 dei 95 miliardi di euro ricordati dal Mef, in quanto  la rilevazione della Banca d’Italia esclude alcuni beni patrimoniali, le operazioni di importo inferiore a una soglia di rilevazione di 50000 o 12500 euro a seconda del paese considerato, e le situazioni in cui l’effettivo rimpatrio o regolarizzazione delle attività "scudate", per le quali cioè si è gia versata l’imposta, sia stato differito, come ammesso dalla normativa.

Ed ecco i risultati

Rimpatri con liquidazione                                                                 34,9 mld di euro
Rimpatri senza liquidazione e regolarizzazioni                                 50,3 mld di euro

Totale                                                                                              85,1 mld di euro

I rimpatri con liquidazioni, gli unici che potrebbero segnare quella fiducia nell’Italia ricordata dal Mef sono quindi soltanto il 41% del totale.
Suggerisco di aggiornare il comunicato Mef del 29 dicembre come segue: due i numeri  per sintetizzare i risultati dello scudo ter: 95 e 41.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per gli stimolanti commenti e riflessioni. Alcuni hanno invocato la necessità di fare di più contro l’evasione fiscale e gli sprechi, altri hanno proposto di diminuire il cuneo fiscale sui redditi da lavoro oppure aumentare la tassazione dei capitali o dei dividendi degli azionisti e i bonus dei manager. Rispondiamo brevemente su alcuni punti.
Il nostro obiettivo non era quello di una discussione generale sul sistema fiscale, è ovvio che la lotta contro l’evasione fiscale e gli sprechi rimane lo strumento base di un sistema equo ed efficiente. Ci siamo limitati a commentare la proposta del Ministro Brunetta che proponeva di finanziare la misura anti “bamboccioni” attraverso un prelievo intergenerazionale. L’idea è buona e non si tratta di una misura assistenziale: non si può vivere a lungo con i 1700 euro di dotazione di cittadinanza da noi ipotizzati e neppure con i 10.000 che potrebbero risultare dall’investimento in un Child Trust Fund. Inoltre, sta al singolo individuo valorizzare e investire la somma. Che non dovrebbe limitarsi solo a finanziare gli studi. Ad esempio la possibilità di pagarsi un affitto per qualche mese in una nuova città mentre si cerca lavoro potrebbe aiutare diversi giovani a lasciare la casa dei genitori. E’ una dote proprio per valorizzare le “doti” del singolo e per questo non può risolversi con semplici detrazioni fiscali alla famiglia.
Abbiamo argomentato, inoltre, che se si vuol fare redistribuzione intergenerazionale come Brunetta ha sostenuto, la tassa di successione è più equa che un prelievo sulle già misere pensioni di anzianità. Non si tratta di portar via i frutti del lavoro dei genitori, ma semplicemente di renderne più equa la distribuzione. E’ più “giusto” pagare il 30-40% sui frutti del proprio lavoro e nulla (o il 4% oltre un milione di euro) sull’eredità lasciata dai propri genitori?
E’ stato sottolineato, giustamente, che non si danno soldi senza incentivi. Ma qui, per definizione, si tratta comunque di soldi che vengono dati senza incentivi: vale per l’eredità così come per la dote di cittadinanza, che solo sarebbe distribuita diversamente. In una delle frequenti letture assai poco rigorose abbiamo appreso che la figlia tredicenne della cantante Madonna riceverebbe come paghetta 11.000 dollari a settimana. Non sappiamo a quali incentivi la fanciulla sia sottoposta dalla mamma, per cui lasciamo cadere la cosa, ci sembrava comunque un dato simpatico da riportare.
I veri problemi non sono tanto gli incentivi in capo al ricevente quanto piuttosto i disincentivi al risparmio e la possibilità di elusione da parte di chi lascia. Sulla seconda abbiamo purtroppo poco da aggiungere, e sappiamo che non è un problema da poco. Sulla questione degli incentivi al risparmio, però, possiamo aggiungere questo: 
1) le teorie economiche non ci danno previsioni chiare sugli effetti dell’imposta di successione sul risparmio; per quel che ne sappiamo, in teoria, una tassa sull’eredità potrebbe anche incentivare il risparmio;
2) eventuali inefficienze dell’imposta di successione vanno comparate con modalità alternative: a parità di gettito la tassa di successione non è più distorsiva di una tassa sul reddito da lavoro o sulle attività finanziarie, probabilmente lo è di meno;  
3) l’evidenza empirica è altrettanto problematica, per chiari problemi di identificazione: al momento, le stime più attendibili ci dicono che un effetto dell’aliquota marginale sul risparmio probabilmente c’è ma non é molto grande. Resta il fatto che l’imposta di successione gode di scarsa popolarità, o meglio, sembra essere più impopolare delle altre.

UNA DOTE DA PRENDERE SUL SERIO

I 500 euro proposti da Brunetta per combattere il fenomeno dei bamboccioni erano probabilmente solo una provocazione. Però non è sbagliata l’idea di offrire una dote ai neo-maggiorenni. Per pagare gli studi all’università o correggere le imperfezioni del mercato del credito per iniziare un’attività o comprare una casa. Altri paesi già prevedono misure simili. Per importarli anche in Italia occorre però trovare i finanziamenti necessari. Che si potrebbero ricavare agendo sulla tassa di successione sulle eredità più sostanziose.

QUEI PRINCIPI CADUTI SULLO SCUDO

Lo scudo fiscale solleva dubbi di costituzionalità perché viola il criterio del giusto riparto dei carichi pubblici espresso dall’eguale contribuzione di tutti i soggetti. E la sanzione prevista è molto inferiore rispetto alle aliquote ordinarie, senza collegamento con queste. Ma la misura contrasta anche con un principio cardine della Comunità europea: introducendo un trattamento di favore per chi ha evaso l’imposta, altera le condizioni di concorrenza.

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