Alcuni grandi paesi sviluppati hanno avviato una riapertura regolata e selettiva dei canali d’immigrazione per lavoro, anche a media qualificazione. L’Italia dovrebbe seguire il loro esempio. Dal Festival della migrazione arrivano tre proposte in merito.
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La regolarizzazione degli immigrati irregolari favorisce la loro integrazione. Aumenta infatti il loro grado di fiducia nelle istituzioni del paese ospitante. Cresce così anche la volontà di denunciare reati e abusi. Lo mostrano i risultati di uno studio.
Il sistema Sprar è spesso definito una buona pratica, ma i fatti smorzano l’ottimismo. Questa politica non sembra rispondere alle logiche di un’accoglienza che dia benefici ai rifugiati e alla comunità. Manca una sistematica valutazione dei risultati.
Il Patto per le migrazioni della Commissione europea non è un nuovo inizio perché non risolve i nodi centrali della questione. E resta ancorato alla visione di migranti e rifugiati come un costo per la società e non come una risorsa su cui investire.
Nel piano della Commissione sulla migrazione ci sono solo richiami generici ai principi di solidarietà previsti dai Trattati e alla necessità di potenziare controlli alla frontiera e rimpatri. Ma tutto il sistema europeo d’asilo sarebbe da ripensare.
Tra i toni allarmistici di media e alcune forze politiche, gli sbarchi tornano a far notizia. Eppure i numeri sono molto più bassi di quelli di altri periodi. Ma le criticità del sistema di accoglienza non permettono una gestione ordinata del fenomeno.
Dal lavoro domestico arriva un gettito fiscale e contributivo di 1 miliardo e mezzo. La cifra potrebbe essere molto più alta se si eliminasse l’ampio ricorso al lavoro nero. La sanatoria è stata un primo passo, ma occorrono incentivi per le famiglie.
La regolarizzazione doveva servire principalmente a colpire il caporalato in agricoltura ma è nel lavoro domestico che si è registrato il maggior numero di domande. Il problema è che si continua a gestire l’immigrazione con strumenti emergenziali.
Il bilancio europeo 2021-2027 stanzia per l’immigrazione quasi 23 miliardi. Sono fondi destinati soprattutto alla gestione delle frontiere e non all’integrazione. Mentre sarebbe meglio investire nella costruzione di un clima di rispetto reciproco.
Con la decisione sull’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo la Corte costituzionale ha cancellato un’altra parte dei decreti sicurezza voluti da Salvini. Tocca ora al governo ripristinare uno stato di diritto consapevole dei suoi obblighi umanitari.