Il lavoratore straniero regolarmente soggiornante viene discriminato rispetto a quello italiano sia perché si rende più onerosa la sua assunzione, sia perché il rinnovo del permesso di soggiorno è costellato di passaggi bizantini. Il mercato del lavoro richiede politiche migratorie strutturate in modo da poter reagire rapidamente ed efficacemente. Se ai lavoratori migranti si toglie la possibilità di rispondere a queste esigenze, inevitabilmente si infittiranno le fila degli irregolari.
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Proseguiamo la pubblicazione delle risposte di partiti e coalizioni ai quesiti che avevamo formulato in vista delle elezioni europee. Sulle politiche dellÂ’immigrazione abbiamo chiesto se lÂ’immigrazione va considerata una risorsa per il nostro paese o una minaccia per la nostra identità culturale. Se siano giuste le restrizioni previste allÂ’accesso di lavoratori provenienti dai nuovi paesi membri. Quali diritti di cittadinanza intendono garantire agli stranieri. Infine, chi dovrebbe essere responsabile dei controlli di polizia alle frontiere: unÂ’unica autorità europea o i singoli paesi? Le risposte della Lista Bonino, Forza Italia, Patto Segni-Scognamiglio e Uniti nell’Ulivo
Le politiche europee sull’immigrazione scontano la mancanza di una comune identità che possa essere proposta come modello ai cittadini stranieri, in particolare ai più qualificati. Mentre gli Stati-Nazione perdono significato, è necessario cercare di superare le diversità senza cancellarle, in un processo di integrazione che coinvolga europei ed immigrati. Solo così potremo avere una gestione costruttiva del fenomeno, indispensabile per una crescita di lungo periodo.
L’Italia è terra d’immigrazione e di fronte a flussi già elevati e destinati a crescere, è inevitabile porsi la questione di quali diritti vadano concessi a chi arriva nel nostro paese. Molto pochi oggi quelli di appartenenza, grazie alla legge del 1992 che si fonda sul principio dello ius sanguinis. È una politica miope che mette a rischio la nostra capacità di sfruttare al meglio il contributo non solo economico, ma anche sociale e culturale che gli immigrati possono dare allo sviluppo del nostro paese.
L’ingresso dei nuovi dieci paesi nell’Unione europea si sta trasformando da evento storico di portata straordinaria in un processo caotico che accresce le spinte per un indebolimento del disegno di costruzione di una grande Europa. Le responsabilità dei governi e delle istituzioni europee sono grandi. Per come hanno affrontato la questione dell’apertura delle frontiere ai cittadini dei nuovi membri e per i segnali mandati sull’applicazione delle regole e dei trattati. Soprattutto in campo monetario e fiscale.
La regolarizzazione di quasi 700mila lavoratori extracomunitari non è priva di effetti sulle statistiche sullÂ’occupazione. LÂ’analisi dei dati, anche in caso particolare come quello delle iscrizione allÂ’Inps dei dipendenti di imprese artigiane in Piemonte, offre molti spunti di riflessione: sulla congruità delle quote di ingresso e sull’entità della domanda di lavoro rivolta anche a cittadini extra-comunitari. E su come identificare le aree di attività in cui è maggiore l’impiego di stranieri.
Come da rituale, i capi di Governo riuniti a Bruxelles scoprono che l’Europa è ancora ben lontana dal diventare il continente più competitivo del pianeta. Perché le scelte politiche dei singoli paesi sono spesso in contrasto con gli obiettivi fissati nel 2000. Non tutti per esempio vogliono un aumento del tasso di occupazione perché implica tagliare i privilegi di alcuni. Così come è un errore limitare l’arrivo di lavoratori dai nuovi paesi membri. Se l’obiettivo è aumentare le ore lavorate, meglio aprire i flussi invece di chiedere agli italiani di ridurre le ferie.
Un elaborato meccanismo per rendere regolari i lavoratori senza permesso di soggiorno già presenti negli Stati Uniti. E per assumere nuovi stranieri, contrastando allo stesso tempo l’immigrazione clandestina. Favorevoli gli imprenditori americani e la comunità ispanica, più cauti i sindacati. Non sono però chiari tempi e modi per un eventuale passaggio dal visto temporaneo alla green card. Anche perché la proposta è l’ennesimo tentativo di compromesso tra due estremi: nessuna frontiera, da una parte, nessun immigrato, dall’altra.
Non è stato possibile trovare un accordo su politiche comuni sull’immigrazione da proporre ai nuovi paesi. Così a maggio non scatterà quella libera circolazione dei lavoratori che potrebbe garantire una crescita del Pil europeo. Gli studi empirici suggeriscono che i flussi saranno inferiori ai timori di molti. Per fugare molti di questi timori , sarebbe utile stabilire a livello di tutta la UE gli ingressi degli immigrati. Si eviterebbero così shock di offerta nei mercati del lavoro dei paesi di destinazione.




