Dopo il successo negli anni Sessanta, per Alitalia è iniziato il declino. Quando non è più stata in grado di finanziarne lo sviluppo, la proprietà pubblica avrebbe dovuto rinunciare al controllo e favorire l’integrazione industriale con altri vettori.
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Essere entrata a far parte di un grande gruppo garantisce a Ita importanti vantaggi. A partire dalla flotta, con aerei più moderni e capienti, che consumano e inquinano di meno. Fa ben sperare anche il fatto che l’ad sia un uomo del settore.
Il nuovo Codice della strada prevede pene molto più severe per chi guida in stato di ebbrezza. Di conseguenza, ristoranti e locali hanno perso clienti. Perché in Italia mancano quelle alternative all’uso dell’auto privata che invece ci sono in altri paesi.
Nei collegamenti marittimi con le grandi isole si sono ottenuti buoni risultati sotto il profilo della liberalizzazione. I problemi riguardano gli affidamenti regionali per il servizio con le minori. E se le regioni decidessero di mettersi in proprio?
Il 2000 è un anno di svolta per Alitalia. In un mercato oramai liberalizzato dovrebbe trovare un partner industriale che le permetta di crescere. L’idea dell’aggregazione con Klm però fallisce, così come falliranno tutti i successivi tentativi di alleanze.
Dal 2009 al 2022 Alitalia prosegue nelle scelte sbagliate. Si concentra sui voli domestici e subisce la concorrenza di low cost e alta velocità ferroviaria. Tornata in mano pubblica, tratta con partner non troppo affidabili, fino all’arrivo di Lufthansa.
L’Italia è in ritardo nella costruzione delle infrastrutture per le reti a banda ultra larga, in modo da raggiungere case, uffici e aziende delle zone interne. La Corte dei conti ha indicato le linee di azione per superarli. Ora si tratta di attuarle.
I rapporti sull’Europa di Draghi e Letta suggeriscono di “togliere il rischio” che i privati corrono quando contribuiscono al finanziamento di infrastrutture. Non sembra una buona idea. Perché ci sarebbe un incentivo a costruire opere di dubbia utilità.
I trasporti pubblici locali sono già materia devoluta alle regioni, anche se lo stato continua a finanziarli con sussidi e investimenti infrastrutturali. In un sistema così complesso, aumentare l’efficienza dei servizi è il presupposto di ogni riforma.
L’emendamento che spalma su dieci anni le detrazioni comporta una leggera stretta sul Superbonus. Il problema è che si continua a operare in un’ottica anno per anno e non di medio periodo, come invece richiederebbero le nuove regole europee.