La relazione di compatibilità economica della Commissione Roma 2020 mostra l’impatto positivo in termini economici di una candidatura della capitale alle Olimpiadi e Paralimpiadi del 2020. Analizzando a fondo la relazione, emerge che da un punto di vista metodologico sono state fatte scelte che hanno come conseguenza la convenienza del progetto. Ne deriva che la Commissione ha effettuato una valutazione che sovrastima alcuni benefici dell’evento, e va quindi presa con cautela.
Categoria: Infrastrutture e trasporti Pagina 33 di 58
Per giudicare l’azione del governo Monti sulle infrastrutture non basta considerare i decreti legge, bisogna anche guardare alle delibere del Cipe. L’indirizzo strategico complessivo che ne emerge non è ancora molto chiaro. Le scelte sulle grandi opere non hanno forti giustificazioni. Bene il sì a una serie di piccole opere, perché capaci di generare più occupazione e in tempi più rapidi. Discutibili i contratti di disponibilità previsti nel decreto “cresci Italia” perché potrebbero rendere più opaco il varo di spesa pubblica aggiuntiva per opere di dubbia utilità.
Nei trasporti ci sono tante cose utili da fare. Oggi, però, le scelte in questo campo devono guardare anche ai contenuti occupazionali e al contenimento del deficit. Per le ferrovie, servirebbero piccoli interventi, rapidamente cantierabili, che mirino a risolvere i problemi locali. Invece, si continuano a preferire opere ad alta intensità di capitale, con periodi di completamento molto lunghi e incerti. E allora è urgente una spending review del settore, che segni discontinuità con il passato.
La politica del governo Monti nei trasporti non ha assunto ancora una fisionomia definita. L’aumento delle accise sulla benzina e sul gasolio appare un intervento di sicuro impatto inflazionistico. E non certo equo. Si dà molta importanza alle liberalizzazioni, come fattore di crescita, di efficienza e di risparmio di risorse pubbliche. Bene la scelta di affidare la regolazione del settore a un’Autorità indipendente. Ma mancano indicazioni su questioni cruciali. Dubbi anche sull’opportunità di affidare le competenze sui trasporti a un’Autorità già in attività.
Almeno due settori risultano interessati dal decreto Monti. Sono due settori che da tempo attendevano un intervento di questo genere: il settore idrico e quello dei trasporti. E si tratta di buone notizie, per fortuna a costo zero per il paese, il che è una notizia ancora migliore.
Renzo Moser sostiene che il Fondo ferrovia (450 milioni ad oggi) debba ritenersi di proprietà della società Autobrennero (SAB) in quanto accumulato a fronte di utili non distribuiti agli azionisti. Non essendo un giurista, mi limito ad osservazioni di tipo economico. Lobbligo ad effettuare accantonamenti annui minimi al fondo e lesenzione da imposte farebbero propendere per ritenere che la proprietà sia dello Stato (che, rinunciando alle imposte, ha contribuito per oltre un terzo del fondo). Altrimenti, lesenzione da imposte sarebbe davvero anomala e difficile da giustificare: esistono in Italia altri casi analoghi? La fattispecie va poi inquadrata nel contesto del rapporto concessorio. La concessione della SAB scadeva nel 2005, e lautostrada già allora era stata interamente ammortizzata, pur dopo rivalutazioni monetarie e capitalizzazione di oneri (vedasi il mio libro citato nellarticolo). Ma la SAB ottenne, gratuitamente, una proroga della concessione di 8 anni e 4 mesi, sino allaprile 2014, grazie anche allimpegno di accumulare il fondo ferrovia. Gli utili conseguiti dalla SAB in questi 8 anni sono di gran lunga superiori agli accantonamenti nel fondo. Anche se venisse deciso che la proprietà del Fondo è dello Stato, non mi pare che gli azionisti avrebbero di che dolersi.
Se lo Stato avesse ripreso la concessione nel 2005 e lavesse gestita in proprio (es tramite Anas) avrebbe potuto accumulare ben più del doppio per destinarlo magari proprio alla ferrovia del Brennero. Unultima osservazione. Ai tanti che in questo come in altri casi di concessionarie si appellano indignati ai diritti degli azionisti suggerisco di rifare la storia di queste società e verificare quanto abbiano mai versato gli azionisti allorigine. Nel caso della Autobrennero, meno di 3 miliardi di lire di allora, cifra davvero risibile se confrontata con il flusso di dividendi percepiti e limponenza dei profitti accumulati.
L’Anas ha pubblicato di recente il bando di gara per il rinnovo della concessione dell’autostrada A22. La gara è stata imposta dall’Unione Europea e il testo è un documento stupefacente per superficialità e carenze logiche. Disegnato in modo da favorire l’attuale concessionario. A tutto discapito non solo della trasparenza, ma anche del ricavo di circa 5 miliardi che lo Stato potrebbe ottenere. O dei benefici che potrebbero avere gli utenti in termini di minori tariffe. Incomprensibili poi cinquanta anni di concessione per una infrastruttura matura.
Le privatizzazioni e liberalizzazioni avvenute a partire dagli anni 90 hanno avuto anche esiti positivi: si pensi al caso delle telecomunicazioni e dellenergia elettrica, settori dotati di autorità indipendenti, e che hanno subito un aumento di efficienza accompagnato da un abbassamento delle tariffe (si veda Lenzima della concorrenza tra slogan e equivoci di E. Barucci). Anche la liberalizzazione delle farmacie è un ottimo esempio di liberalizzazione, come recentemente affermato dal presidente dellAntitrust, Antonio Catricalà.
In alcuni settori la concorrenza non si è sicuramente scatenata, questo anche perché mancano le norme necessarie ad una ulteriore spinta allapertura dei mercati. Bisogna poi distinguere tra concorrenza per il mercato (gare per laffidamento nella gestione del servizio) e concorrenza nel mercato. Che i monopoli privati siano peggio di quelli pubblici è assolutamente corretto, si badi però che uno degli esempi citati, Trenitalia, è in realtà di proprietà dello Stato al 100%.
I maggiori problemi di bilancio nel TPL si riscontrano soprattutto nelle grandi città, dove i mezzi pubblici non sono utilizzati in prevalenza dalle fasce svantaggiate. Inoltre, nel nostro articolo, si sottolineava la necessità di proteggere tali fasce con misure ad hoc.
Per quanto riguarda i dati sui biglietti, si rimanda allo studio Le tariffe del trasporto pubblico locale in alcune città europee di F. Bianchi per un confronto tra alcune città europee dei prezzi di biglietti ed abbonamenti in percentuale al reddito medio dei cittadini. È inoltre da sottolineare il fatto che le tariffe costituiscono il solo 30% dei ricavi totali del TPL, mentre la quasi totalità degli altri introiti provengono dalle regioni e dagli enti locali.
Il fatto che la percentuale dei costi variabili sui costi totali sia minima per il TPL è abbastanza opinabile, visto che il costo per il personale raggiunge quasi il 70% dei costi totali. Oltretutto, in relazione allinefficienza sociale, sarebbe più efficiente tassare la modalità che genera il danno (pedaggi, parcheggi
), anziché sussidiare il servizio che aiuta a ridurlo.
Fs va alle grandi manovre per non doversi cimentare con la concorrenza. Nei decreti economici d’estate è comparso un comma che obbliga le imprese concorrenti a rispettare il generoso contratto nazionale dei ferrovieri. Non appena si parla di autorità di regolazione per il settore, si invoca la necessità che sia europea, per rimandarla a un futuro lontano. Senza dimenticare il ruolo di Grandi Stazioni nella gestione dei servizi in stazione con possibili trattamenti discriminatori verso i nuovi entranti. O quello delle società miste Trenitalia-Regioni nella gestione delle ferrovie regionali.
Tra le possibili politiche per ridurre in modo strutturale il debito pubblico italiano è emersa anche l’ipotesi di privatizzare i servizi locali e di cedere partecipazioni. Le risorse degli enti territoriali si riversano soprattutto nei trasporti locali. Ovvero in un sistema di “sussidi incrociati”, dove si generano elevate rendite monopolistiche in alcuni ambiti e si sussidiano i trasporti pubblici. Una privatizzazione del settore così com’è avrebbe dunque scarso senso finanziario. Meglio puntare sul drastico ridimensionamento dei sussidi e sull’apertura alla concorrenza.