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Categoria: Infrastrutture e trasporti Pagina 39 di 58

I SERVIZI PUBBLICI LOCALI E IL VICOLO CIECO DELLA GARA

La riforma dei servizi pubblici locali crea più problemi di quanti ne risolva. Il legislatore ha stabilito che la gara è lo strumento virtuoso per eccellenza. Ma la pretesa uniformità tra i servizi locali è una ipotesi grossolana. Ora si può uscire dall’impasse solo ampliando la gamma di soluzioni contrattuali ammesse, per adattarsi alle specificità dei vari settori. Oppure si lascia che i comuni scelgano liberamente il vincitore della gara, pagando però le conseguenze delle loro scelte grazie a regole chiare. Meglio se definite e applicate da un soggetto indipendente.

A PASSO DI GAMBERO NEI SERVIZI IDRICI

Il governo ha chiuso il Comitato di vigilanza sui servizi idrici. La sua attività non è stata brillante, ma l’inadeguatezza deriva dal profilo istituzionale debole, dal potere decisionale praticamente nullo, dalla totale assenza di indipendenza dalla politica, dall’esiguità delle risorse. Ora la nuova commissione che lo sostituisce accentua le debolezze invece di risolverle. Intanto, il rapporto annuale sulla situazione dei servizi idrici certifica l’involuzione del sistema, con il continuo rinvio di investimenti e modernizzazione.

QUELL’ACQUA CHE FA BENE CONTRO LA CRISI

Nella ricerca di politiche anticongiunturali che non incidano troppo sul deficit pubblico e che non siano in contrasto con le esigenze strutturali del Paese, appare promettente una politica transitoria di contributi agli investimenti nei servizi idrici. Molti piani di ambito sono già stati approvati, ma restano fermi per mancanza di fondi. Si tratta però di progetti ad alta utilità sociale e realizzabili subito. Un Piano acqua avrebbe quindi un alto effetto leva perché resterebbe comunque preponderante il finanziamento attraverso le tariffe.

L’ASTA FANTASMA

Una parte di spettro frequenziale destinato alla telefonia mobile di terza generazione è stato appena assegnato attraverso un curioso caso di applicazione dei meccanismi di asta. Ma è tutto il sistema delle frequenze a essere gestito in modo inefficiente in Italia. Come dimostrano in primo luogo i blocchi concessi alle televisioni in modo pressocché gratuito. In ogni caso, allo Stato restano incassi limitati da una risorsa pubblica che ha invece un grande valore economico. Una situazione del tutto irragionevole considerati i nostri problemi di finanza pubblica.

SE LA CONCORRENZA NON SI TRASPORTA

E’ impressionante il fervore restauratore messo in atto dalla maggioranza parlamentare, con il complice silenzio di quasi tutta l’opposizione, nel campo dei trasporti terrestri e in particolare nei trasporti regionali e locali. Una iniezione di concorrenza nel sistema, invece, farebbe bene non solo ai consumatori, ma forse soprattutto a quegli enti locali che da un lato lamentano la carenza di risorse e dall’altro continuano a sprecare denaro. In periodi di difficoltà finanziarie locali e centrali, si libererebbero preziosissimi milioni di soldi pubblici.

FS RISPONDONO ALL’ARTICOLO DI BOITANI E SCARPA*

Gentile redazione,

lo scorso 15 maggio il Vostro giornale ha pubblicato un intervento sulle Ferrovie dello Stato firmato dai due professori di economia Andrea Boitani e Carlo Scarpa. Il tono di alcune espressioni lascia francamente perplessi ma è solo questione di forma. E’ sul contenuto che è necessario soffermarsi per evidenziare e rettificare una serie d’inesattezze, talvolta anche rilevanti.
Gli autori parlano di una “campagna di comunicazione” di FS in cui si afferma che “le FS oggi non gravano più sulla collettività”: secondo gli autori tutto questo “grida vendetta”, mentre “i costi gravano sui contribuenti”. Diciamo subito che non si è trattato affatto di una campagna pubblicitaria ma di un’informazione diffusa attraverso comunicati stampa e i media istituzionali di gruppo (FS News, la Web-radio, il magazine Riflessi), come di rito in tutte le società in occasione dell’approvazione del bilancio da parte del Consiglio di Amministrazione. Nessuna campagna pubblicitaria, nessun costo.
Il merito. Confermiamo e ribadiamo: con il ritorno al pareggio, FS non pesa più sui bilanci dello Stato come è stato invece in passato a causa delle pesanti perdite di esercizio. Difficile disconoscere i meriti di una società pubblica con i bilanci in attivo grazie alla gestione industriale.
Ricordiamo che solo due anni fa, nel 2006, il Gruppo FS chiudeva i conti con una perdita di oltre due miliardi, i libri contabili di Trenitalia erano in procinto di finire in tribunale. Questo Paese sa quanto pesi il fallimento di una grande azienda nazionale. Non vale la pena di ricordare le esperienze recenti e più antiche, italiane o straniere. Oggi, dopo una cura molto pesante ma priva di traumi sociali, il Gruppo FS è di nuovo in attivo e si è mostrato capace di essere efficiente, fare utili, competere all’estero, guadagnarsi il primato di ferrovia più sicura nel mondo. E’ ingannevole evidenziare questa realtà?
Gli autori sostengono che il risultato si debba ai “contributi pubblici che FS tuttora riceve copiosi”. Non è così. Intanto non di “contributi” si tratta. I 3 miliardi cui si fa riferimento nell’articolo sono per oltre due terzi “corrispettivi”, cioè pagamenti a fronte dei servizi resi da Trenitalia. Lo stesso importo sarebbe stato corrisposto a qualsiasi altro operatore privato, nazionale o straniero, che li avesse prestati al posto di FS.  Sappiano però, i due professori (lo abbiamo comunicato numerose volte, quindi i lettori già ne sono a conoscenza), che i pagamenti che Stato e Regioni versano al Gruppo FS sono di gran lunga inferiori a quanto ricevono le maggiori imprese ferroviarie in Europa. Come riferisce, fra l’altro, una recentissima analisi pubblicata dall’autorevole Studio Ambrosetti.
Poco meno di un terzo si riferisce all’attività prestata da RFI per il mantenimento in efficienza della rete, a vantaggio di tutti gli operatori ferroviari che la usano.
Il bilancio è tornato in attivo grazie all’aumento di oltre il 16% dei ricavi operativi (rispetto al 2006) e, soprattutto, all’azione esercitata sui costi, tagliando gli sprechi e riorganizzando i processi produttivi.
I due professori affermano: chi assicura il contribuente “che il nostro operatore ferroviario operi ai minimi costi possibili” ? Approfondendo un po’ l’indagine e facendo un benchmark europeo (ma non solo), si rileverebbe che FS presenta costi in linea (su certe voci, anche inferiori) con quelli dei nostri maggiori competitor, SCNF (l’operatore francese) e DB (quello tedesco). Quanto poi all’affermazione “FS si sente libera di fare quello che vuole, e nessuno le dice nulla” rassicuriamo i lettori: il CdA viene nominato dal Ministero dell’Economia, ogni decisione importante del management viene condivisa con questo e con il Ministero delle Infrastrutture; una società di revisione certifica ed un collegio sindacale controlla. Per Legge, come si sa, le riunioni del CdA vedono la partecipazione di un magistrato della Corte del Conti, delegato al controllo sulla gestione finanziaria di FS, e le Autorità per la Regolamentazione del Mercato e quella di Vigilanza sui Contratti, come si può facilmente rilevare dai giornali, sono altrettanto attente all’attività dell’azienda.
I due professori definiscono poi le FS “uno staterello nello Stato”. Bizzarra perifrasi per definire una Società per Azioni, con diritti e doveri stabiliti dal codice civile.
Da anni FS – contrariamente a quanto scritto – non riceve conferimenti di capitale ma soltanto contributi in conto impianti per investimenti che l’azionista ritiene indispensabili per lo sviluppo della rete infrastrutturale, così come di altre reti come quella stradale, e come avviene anche all’estero. Quando gli autori dicono che “il costo dell’Alta Velocità è interamente a carico dello Stato”, parlano di un asset, i binari, sui quali, come è noto a tutti, dal 2011 si svilupperà la concorrenza di altre imprese ferroviarie che pagheranno lo stesso pedaggio di Trenitalia. Naturalmente il costo relativo al servizio è invece interamente a carico di Trenitalia e, com’è altrettanto noto, non è a carico dello Stato neppure per un centesimo di Euro. E’ quantomeno curioso non averne trattato nell’articolo.
In un altro passo dell’articolo si accusa “la maggioranza dei parlamentari italiani” di aver garantito a FS “un bel prolungamento dei contratti di servizio regionali”, ed FS di aver “convinto un manipolo di parlamentari italiani di proporre una deroga alle norme che prevedono l’affidamento tramite gara” dei servizi regionali. Se ne conclude che FS “rimarrà di fatto un monopolista per il traffico passeggeri (e anche nelle merci non c’è gran concorrenza)”. I due professori si riferiscono alle novità introdotte da un comma del Decreto Incentivi. Precisiamo intanto che la durata minima dei contratti è di sei e non di dodici anni, come ricordavano in modo errato. E riguardo al trasporto ferroviario regionale, né si chiedono né spiegano perché le gare promosse fino ad oggi dalle Regioni siano andate deserte, e Trenitalia sia rimasta di fatto, l’unico grande operatore (naturalmente ferme restando le altre 22 società ferroviarie regionali). Valeva la pena farsi questa semplice domanda: non sarà forse perché il mercato nasce soltanto laddove ci siano le condizioni per aver un ritorno dagli investimenti ed in presenza di regole certe ed esigibili? A qualunque imprenditore la risposta. Certo viene da domandarsi, alla luce di tali considerazioni, quale sia il giudizio dei due professori sulle Regioni che hanno già firmato in nuovi contratti di servizio trovandoli, al contrario, assai vantaggiosi in termini di nuovi investimenti in treni e in conseguente qualità del servizio. Però sarebbe un inutile esercizio speculativo, noi ci limitiamo a dire che le novità introdotte dal Decreto Incentivi sono ispirate a quanto richiesto dalla Corte dei Conti lo scorso anno nella sua Relazione (“..richiedere certezza e rispetto degli impegni nei rapporti tra Stato e Gruppo FS, soprattutto quanto a entità, tempi, modalità e garanzie di erogazione dei trasferimenti contrattualmente dovuti, cui è inevitabile si provveda con puntualità e senza deroghe non concordate”, ndr Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Ferrovie dello Stato S.p.A. per gli esercizi 2005-2006). Grazie a queste novità le Regioni continueranno – al contrario di quanto denunciato dagli autori – ad essere libere di indire gare ma finalmente avranno la ragionevole speranza di vedervi anche partecipare qualcun altro oltre le FS. Perché adesso tutte le imprese, private e pubbliche, nazionali ed estere che siano, avranno un quadro certo e sufficientemente stabile su cui incentrare il proprio rischio imprenditoriale e, come recita il Decreto, effettuare un’ “efficace pianificazione del servizio, degli investimenti e del personale”. Lo testimonia la stipula dei recenti contratti e gli accordi con alcune regioni, cui stanno per seguirne altre.
Le FS sostengono il processo di liberalizzazione, perché laddove c’è l’interesse del mercato significa che c’è la possibilità del ritorno dagli investimenti e l’opportunità di far profitti. Le FS oggi puntano anche a questo, a tutto vantaggio dell’azienda, che è patrimonio del Paese, e di un servizio sempre migliore ai clienti.
Per le merci, poi, quello italiano è addirittura uno dei mercati ferroviari più liberalizzati in Europa. Laddove il mercato è in grado di esprimere profitti, cioè in Val Padana e su alcuni valichi, operatori privati e imprese estere detengono già oggi oltre il 30%. Stupisce un po’ non leggere una riga su questo aspetto e sul fatto che sotto la Val Padana, proprio per l’assenza di profittabilità, non esiste nessuna azienda a capitale privato di trasporto ferroviario merci.
In un altro passaggio i due professori accusano FS di prendere “per i fondelli la gente” perché “sbandiera i suoi biglietti low cost”, dopo aver fatto “esplodere i prezzi anche degli Eurostar”. Non capiamo bene a cosa i due professori si riferiscano: d’altra parte i prezzi dei servizi a mercato sono rimasti congelati dal 2001 al 2007, e hanno conosciuto un adeguamento solo negli ultimi due anni pur restando ancora molto al di sotto della media europea. Ci domandiamo: come potrebbero essere definiti le centinaia di migliaia di posti offerti a 33 euro per viaggiare tra Roma e Milano in 3 ore e mezza e di 35 euro tra Napoli e Milano? Non ci pare ingannevole definirlo un servizio “low cost”. Da quando è stata lanciata l’Alta Velocità i viaggiatori del segmento di gamma alta sono aumentati del 40%. Sono dati che rispondono da soli sull’apprezzamento dei nostri clienti.
L’articolo si chiude con una considerazione: “Care FS non avete davanti alcune regole chiare, …un sistema politico degno di questo nome e quindi fate quello che volete”. Quanto alle regole è quello che da tempo stiamo insistentemente chiedendo, anche pubblicamente. Sulle valutazioni dei due professori in merito alla  dignità sistema politico ovviamente non entriamo nel merito. Quanto al “fate quello che volete” è opportuno dire questo: FS vuole fortemente corrispondere alle attese dell’azionista e dei clienti, e i recenti innegabili risultati positivi vanno esattamente in questa direzione. Si tratta di successi, come quello dell’Alta velocità, riconosciuti anche a livello internazionale, e che hanno visto l’impegno di tutti i ferrovieri ma anche delle imprese italiane coinvolte.
Risalta il fatto che nell’articolo di tutto questo non ci sia traccia.
Lasciamo comunque che siano i nostri legali ad intraprendere ogni azione a tutela dell’immagine del Gruppo FS.

Vive cordialità

* Federico Fabretti
(Direttore Centrale Relazioni con i Media di Ferrovie dello Stato

LA REPLICA DI BOITANI E SCARPA A FS

Federico Fabretti ha deciso di inviare a lavoce.info la sua lunghissima replica a un breve articolo pubblicato quasi un mese fa. La stessa prolissa missiva era stata inviata anche a Finanza & Mercati (3 giugno), che il 19 maggio aveva ripreso l’articolo che tanto dispiace a Fabretti. Qui di seguito, i lettori potranno trovare la nostra risposta, già pubblicata su Finanza & Mercati del 5 giugno.
Omettiamo di rispondere “a tono” e con la stessa estensione per non annoiare i suoi lettori. Ci limitiamo a osservare che, poiché il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, Catricalà (1), dice sostanzialmente quanto diciamo noi – anche se in modo assai più articolato, data la natura del documento della Autorità – immaginiamo ci troveremo querelati al suo fianco.
I dettagli si possono trovare nel documento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, disponibili sul sito della stessa Autorità. In realtà, su certe cose l’Antitrust è stata assai più pesante di noi, anche perché il nostro intento non era certo di scrivere un atto di accusa complessivo a FS, ma di lamentarne alcuni specifici aspetti della comunicazione. Comunicazione che – detto per inciso – abbiamo letto su una intera pagina dedicata su un noto foglio della free press nazionale, che a quanto ci consta vive dei contributi dei suoi inserzionisti; a noi non pare che questi quotidiani siano da annoverare tra i “i media istituzionali” del gruppo FS.
Sulle gare, l’Autorità antitrust dice che il provvedimento da noi stessi richiamato finisce per “sottrarre ad ogni confronto concorrenziale il settore, ben oltre la data limite del 31 dicembre 2010 prevista dalla riforma dei servizi pubblici locali, di fatto almeno fino al 2015 – se non al 2021”, che è esattamente quanto dicevamo noi. Le ragioni per le quali finora le gare sono state poco efficaci sono ampiamente spiegate nello stesso documento, nel quale si chiede poi che venga riveduta la recente normativa approvata dal Senato e ora in discussione alla Camera, perché minaccia di rendere di fatto impossibile l’adozione delle gare da parte delle regioni. Strano che FS – a suo dire tanto impegnata a favore del processo di liberalizzazione ferroviaria – non si lamenti pubblicamente per norme che, secondo l’antitrust, minacciano seriamente di far scomparire la già pallida concorrenza nel settore.
Quanto al denaro pubblico versato a FS, ci limitiamo a sottolineare come il documento dell’Antitrust lamenti che questo denaro pubblico viene pagato a FS a fronte di servizi mal (o mai) definiti, tanto che non si escludono sussidi incrociati (“il riconoscimento di corrispettivi a fronte di una mancata individuazione del confine fra l’ambito di mercato e quello del servizio universale … non esclude in linea di principio che Trenitalia possa trascinare parte dei sussidi a suo vantaggio nel mercato concorrenziale”). Allora, paghiamo questi soldi a FS come “contributi” o come “corrispettivi”? Come si vede, anche secondo l’antitrust il confine è assai labile. E comunque si tratta sempre di denaro pubblico che viene dato a FS, e dubitiamo che ai contribuenti italiani faccia una gran differenza che li si chiami “contributi” o che li si chiami “corrispettivi”. Tanto più che, in assenza di meccanismi competitivi di affidamento, nessuno sa se quei “corrispettivi” siano i minimi possibili, dato il servizio prestato. Allo stesso modo, la distinzione tra conferimenti di capitale e contributi in conto impianti (tanto cara al nostro interlocutore) è interessante dal punto di vista contabile (con evidenti riflessi sugli ammortamenti) ma poco cambia: è altro denaro pubblico che fluisce nelle casse di FS.
La cosa che veramente fatichiamo a capire è per quale ragione gli esponenti di FS si adombrino se qualcuno lo rileva. Non è colpa di FS se lo Stato e le regioni decidono di porre a carico dei contribuenti una parte del costo del servizio. È una decisione politica, non è di FS, e – detto per inciso – ci pare anche una decisione opportuna, che difendiamo. E che difenderemmo ancora di più se i soldi venissero dati, in modo trasparente, a chi ha vinto una gara realmente competitiva. Ma perché scrivere che FS non grava più sui contribuenti, se così non è?
Infine, sempre il documento dell’Autorità antitrust sottolinea ripetutamente come FS operi in un campo in cui le regole non sono bene definite, in cui non si capisce quale sia l’ambito del mercato e quello del servizio universale, e che – nelle more di tale definizione – tenga comportamenti che l’Autorità antitrust teme interferiscano con la concorrenza, danneggino i consumatori, coprano inefficienze. Ovvero, ci dice l’antitrust, abbiamo un pezzo dell’amministrazione pubblica (organizzato in forma di SpA controllata dallo Stato al 100%, e quindi da considerarsi un pezzo dell’amministrazione pubblica ai sensi di diverse Direttive Comunitarie) che opera senza chiare regole e senza che si sappia dove e se i soldi pubblici finanziano attività di servizio pubblico o attività “in concorrenza”. Difficile pensare a una definizione migliore di “Stato nello Stato”…
Il fatto che poi l’Autorità antitrust esprima anche timori che il comportamento di FS in realtà danneggi in vari modi la collettività aggiunge solo ulteriori preoccupazioni. Alla quale speriamo che FS vorrà rispondere con i fatti.
Per conto nostro, poiché FS è una impresa al 100% dello Stato e che gestisce miliardi di denaro pubblico, crediamo di avere il diritto, ma anche il dovere, di continuare a pretendere comportamenti e comunicazioni al pubblico che siano rispettose del denaro che i cittadini mettono in questa impresa.

(1) Segnalazione AS528 del 1 giugno 2009

 

ITALIA A TUTTO GAS

Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d’investimento che riguardano il metano. E’ dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell’approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.

UN TRENO CARICO DI SUSSIDI

La socialità dei servizi di trasporto è una scelta politica. E infatti molti paesi non li sussidiano. L’Italia invece ha tariffe molto basse e servizi capillari. Anche per i treni. Ma il concetto di servizio ferroviario universale è tecnicamente privo di senso. Per essere giustificato, ha bisogno di flussi di domanda molto consistenti, presenti nelle aree e sulle relazioni dense, ma non in quelle periferiche. Tuttavia, a nessuno interessa verificarne la socialità, nonostante che alle sole ferrovie regionali vadano 1.500 milioni di euro di risorse pubbliche.

FS: QUI L’INFORMAZIONE DERAGLIA

La campagna di comunicazione di Fs racconta che oggi le “Ferrovie dello Stato oggi non gravano più sulla collettività”. La verità è che Fs resta l’ultimo monopolista non regolato. Dal 2000 in media ha ricevuto in conto corrente circa 3 miliardi di euro all’anno da Stato e Regioni. Oltre naturalmente ai contributi in conto capitale per la realizzazione della rete ad alta velocità. Quanto ai biglietti low cost, si tratta di una vera presa in giro. L’aumento dei prezzi non serve a coprire costi che sono comunque dello Stato. Serve solo a far quadrare un bilancio.

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