Lavoce.info

Categoria: Investimenti e innovazione Pagina 21 di 31

LA RICERCA DIMENTICATA

La manovra approvata dal Consiglio dei ministri contiene una serie di interventi per il sostegno alle imprese. Ma nulla cambia per gli investimenti in ricerca e innovazione. Le agevolazioni continuano a essere governate da un meccanismo complesso di prenotazione e autorizzazione che non dà alcuna garanzia alle aziende. Manca il ritorno all’automaticità del credito d’imposta chiesto da Confindustria. A parole, tutti continuano a dirsi convinti che ricerca e innovazione sono vitali per la crescita del paese. Ma agli annunci non seguono comportamenti coerenti.

SE 50 ANNI DI COPYRIGHT VI SEMBRAN POCHI

La Commissione Europea dovrà presto esaminare un testo di direttiva che allunga da cinquanta a novantacinque anni i diritti d’autore di musicisti e case discografiche. Non è una buona idea. In primo luogo perché a beneficiarne sarebbero la majors della musica e non gli artisti. E non ha neanche giustificazioni economiche: in altri settori, come il farmaceutico, dove gli investimenti sono ben più rilevanti, il copyright è inferiore ai venti anni. Oltretutto, così facendo si rinuncia a esplorare le nuove opportunità e i nuovi modelli economici offerti dal digitale.

IL SUD E LA SPESA IN RICERCA E INNOVAZIONE

Entro il 2013 arriveranno nel Mezzogiorno ingenti finanziamenti per attività di ricerca e sviluppo. Per evitare il disimpegno delle risorse a fine 2009 previsto dalle regole comunitarie, il ministero della Ricerca ha fatto proprie le priorità indicate dalle Regioni. Ma senza un filtro a livello nazionale che imponga criteri di selezione trasparenti e condivisi, gli aspetti politici finiscono per contare più di quelli tecnologici o produttivi. Un punto di partenza è l’analisi fattuale che ha esaminato le prospettive a medio termine di sette aree tecnologiche.

ALL’IMPRESA NON BASTA PIU’ LA FAMIGLIA

Per la Fiat la necessità di trovare un partner industriale deriva dal crescente ruolo che i costi fissi giocano nella produzione di automobili. Ma il ragionamento si applica a tutto il sistema produttivo italiano. La manifattura italiana si deve “terziarizzare”, focalizzandosi sulle attività a monte e a valle della produzione – innovazione, marketing, distribuzione-, caratterizzate da alti costi fissi. Ostacoli principali la piccola dimensione e il controllo familiare.  

SE NON SI FA PIU’ CREDITO ALL’INNOVAZIONE

Il credito di imposta riconosciuto alle imprese per i costi sostenuti in attività di ricerca e sviluppo è uno strumento agile e efficace. Il decreto anticrisi introduce un meccanismo a prenotazione e altri limiti alla possibilità di fruizione che riducono il volume dell’intervento, eliminano l’automaticità dell’accesso e cancellano la sicurezza della disponibilità in tempi certi delle risorse. Eppure è vitale che la crisi economica non blocchi la capacità di innovazione, rendendo le aziende italiane ancora più deboli di fronte alla competizione internazionale.

INTERNET DI STATO? NO, GRAZIE

Qual è il ruolo pubblico nello sviluppo delle reti di telecomunicazione? Molte iniziative oggi reclamate a gran voce e promosse da enti locali violano in parte o del tutto gli assunti di un intervento rispettoso del mercato. Allo Stato spetta il compito di definire le regole, sostenere la domanda dei soggetti deboli o delle pubbliche amministrazioni ed eventualmente co-investire nelle società che possono favorire la crescita del settore. Con una separazione strutturale tra gestori di rete, fornitori di servizi di accesso Ip e fornitori di servizi applicativi.

SPAGNA-ITALIA: IL SORPASSO

In Spagna, la classe dirigente ha chiara l’urgenza della principale sfida per il futuro: far crescere la produttività totale. E non si ha paura di lasciare indietro chi non tiene il ritmo dell’innovazione, siano università inefficienti o imprese poco competitive. In Italia il ministro dell’Economia indica la globalizzazione come causa dei nostri malanni. Ma se vogliamo tornare a crescere, dobbiamo risolvere i problemi interni. A partire da due risorse inutilizzate come Mezzogiorno e lavoro femminile. Aggiungendo molta concorrenza. L’alternativa è solo un dolce declino.

INNOVARE ALL’INNOVAZIONE

LA RISPOSTA AI COMMENTI

A livello internazionale, tutti gli operatori e governi si stanno occupando degli investimenti in reti di nuova generazione. E in moltissimi paesi (verrebbe da dire tutti) vi è una qualche forma di intervento pubblico: si va da investimenti diretti del pubblico, a sovvenzioni agli operatori, a vacanze regolatorie. Quindi non si tratta di un tema o problema solo italiano. E non riguarda solo Telecom Italia, ma anche tutti gli altri grandi operatori (vedi Deutsche Telekom e la stessa Telefonica).
Vorrei anche sottolineare che il tema principale dell’articolo è la separazione orizzontale tra i diversi tipi di operatori, questione non necessariamente collegata all’eventuale intervento pubblico.
Certamente, la mole degli investimenti richiede anche un intervento pubblico. Ne va non tanto della sopravvivenza degli operatori, ma anche e soprattutto della competitività del territorio. Un paese moderno non può non avere una rete evoluta.
Peraltro, non ho il minimo dubbio che un eventuale intervento pubblico debba essere confinato in modo da agire solo come strumento di crescita della competizione delle imprese private.
Proprio per questo motivo, e tenendo conto delle ricorrenti tentazioni italiche, nell’articolo proponevo che ci sia una separazione netta (quindi società separate) tra i tre (+1) diversi livelli del mercato. Il livello 0 è quello delle infrastrutture civili dove già è largamente presente l’intervento pubblico (cavedi, gallerie, fognature, …). Al livello 1 si dovrebbero collocare le società che gestiscono l’offerta wholesale (in particolare, una società che prenda in carico le infrastrutture di rete di Telecom Italia). Queste società saranno poche, in quanto gestiscono monopoli naturali su porzioni differenti del territorio. A questo livello, appare sempre più evidente, visti i livelli di investimento richiesti, che non vi è possibilità di reale competizione a livello infrastrutturale (cioè diversi operatori che sviluppano in parallelo proprie reti fisiche per la stessa porzione del territorio). Nel caso di monopoli naturali (come per la rete elettrica), il rischio è che tali reti restino chiuse e utilizzabili (nei fatti) solo da un singolo operatore; o anche, che non vengano fatte crescere come sarebbe auspicabile in quanto richiedono ingenti investimenti in tecnologie e infrastrutture. Per queste società (e solo per queste) si può pensare alla soluzione che prospettavo nell’articolo: separazione strutturale con quotazione e partecipazione anche del pubblico.
Le aziende ai livelli 2 (trasporto IP al cliente finale) e 3 (servizi applicativi quali VoIP o IPTV) sono assolutamente private e in piena  competizione ai rispettivi livelli del mercato.

TELECOM ITALIA IN UN MERCATO CHE CAMBIA

In questi anni l’evoluzione delle tecnologie e del mercato è stata notevole e Telecom Italia si trova ora in una situazione non semplice. Auspicabile una separazione strutturale della rete, con quotazione della nuova società e partecipazione o sostegno finanziario anche di soggetti pubblici. E’ l’unica soluzione per garantire lo sviluppo di un mercato aperto e competitivo e il reperimento delle risorse finanziarie private e pubbliche in grado di sostenere gli investimenti infrastrutturali necessari allo sviluppo della rete. Serve però un forte impegno su regolazione e controllo.

Pagina 21 di 31

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén