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Categoria: Stato e istituzioni Pagina 67 di 88

MINISTRO CALDEROLI, COME LA METTIAMO CON AZZECCAGARBUGLI?

L’articolo 3 della legge n. 69 del 18 giugno 2009 recita:

“…ogni rinvio ad altre norme contenuto in disposizioni legislative, nonché in regolamenti, decreti o circolari emanati dalla pubblica amministrazione, contestualmente indichi, in forma integrale o in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare…”.

Riportiamo qui sotto un comma tratto dall’ultimo decreto "milleproroghe". Difficile sostenere che il rinvio alle altre norme sia espresso in “forma sintetica e di chiara comprensione”

Onorevole Calderoli, in qualità di ministro per la Semplificazione normativa, ritiene che la legge da lei promossa venga rispettata? Pensa di fare qualcosa per farla rispettare?

LO PSICODRAMMA DELLE IMPOSTE COMUNALI

Il decreto sul federalismo municipale ha rischiato di mettere fine alla legislatura ed è ora al centro di una forte tensione istituzionale. Ma rappresenta davvero il passaggio cruciale per la costruzione del federalismo nel nostro paese? Il provvedimento è tutto sommato assai modesto. Manca comunque una regolamentazione adeguata del sistema perequativo dei comuni. Mentre l’ossessione per il vincolo di invarianza della pressione fiscale rischia di snaturare il federalismo, il cui principale obiettivo è rendere i sindaci responsabili davanti ai propri cittadini.

LE PENULTIME SORPRESE DI UN DECRETO CHE CONTINUA A CAMBIARE

Per permettere un’ulteriore mediazione tra il governo e gli enti locali, il decreto sulla fiscalità municipale è stato parzialmente riscritto. Questo articolo è stato scritto e pubblicato su questo sito prima del voto negativo in Commissione di giovedì 3 febbraio e prende in considerazione il testo uscito dal confronto tra Governo e Comuni. Questa versione è più precisa sulla gestione del Fondo sperimentale nella fase transitoria. Ma risulta quantomeno discutibile il dichiarato superamento di un sistema a finanza derivata. L’aliquota Imu rimane fissata a livello centrale. I comuni hanno ottenuto lo sblocco dell’addizionale Irpef, la maggiore compartecipazione sulle sanzioni e l’estensione dell’imposta di soggiorno.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: LA RIFORMA PERDE I PEZZI

Il miglioramento dei servizi pubblici è un obiettivo irrinunciabile per l’Italia. Ma la riforma della pubblica amministrazione si sta trasformando da storica opportunità a contenitore sterile di adempimenti burocratici. Mancano infatti tutte le condizioni necessarie per il suo successo: dal supporto politico alle risorse umane e finanziarie. A preoccupare è soprattutto l’impatto a lungo termine di una percezione della valutazione del personale come strumento utile solo a castigare. Unito all’erezione di barriere impenetrabili a qualsiasi strumento gestionale.

LA FORBICE DELLE REGIONI

 

FEDERALISMO A STATUTO SPECIALE

Se il federalismo fiscale procede lentamente per le Regioni a statuto ordinario, avanza velocemente per quelle a statuto speciale del Nord-Est. Grazie alla Corte costituzionale, che ha riconosciuto a Trentino e Friuli l’immediata disponibilità del potere di istituire tributi propri. E dunque di introdurre importanti misure di fiscalità di vantaggio. Il meccanismo rischia di penalizzare ingiustamente la maggior parte delle amministrazioni regionali. Soprattutto quelle del Centro-Nord. L’ipotesi del federalismo differenziato.

È ANCORA LUNGA LA STRADA DELL’ITALIA FEDERALE

Non è vero che il federalismo fiscale è fatto. E non solo perché ovviamente alla concreta attuazione della riforma del sistema di finanziamento di Regioni ed enti locali manca un’infinita sequenza di atti amministrativi e un periodo di transizione di cinque anni. Ma anche perché la fase della formulazione e approvazione dei decreti legislativi è ben lontana dall’essere conclusa. Nel mosaico della riforma disegnato da questi provvedimenti ci sono ancora molte lacune, totali o parziali, rispetto a quanto previsto dalla legge delega.

Numeri in libertà sul federalismo

Giorni di festa con i giornali pieni di stime degli effetti del federalismo sulle entrate dei comuni capoluogo di provincia italiani, con tanto di vincitori e vinti. Ma hanno senso questi numeri? Difficile rispondere. Il vero problema è l’ambiguità dello schema di decreto sul quale quelle stime si basano. Dice poco su quello che avverrà da qui al 2014 e nulla su quello che succederà dal 2014 in poi. Un nuovo esempio di federalismo annunciato, senza che i problemi siano veramente affrontati.

 

Federalismo contro la secessione

Il federalismo a geometria variabile può applicarsi sia alle materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, sia ad alcune materie di competenza esclusiva dello Stato. È bene che sia così: nel primo caso, in funzione difensiva contro il pericolo di resistenza del centralismo; nel secondo caso, per sfruttare la maggiore efficienza ed efficacia del “buon governo” locale. La maggiore autonomia delle Regioni virtuose aiuterebbe anche contro il pericolo di secessione.

 

Un governo appeso a tre voti

Due anni e mezzo all’insegna della decisione di non decidere. Questa, in sintesi, la politica economica del Governo Berlusconi, confermato dai due rami del Parlamento ma appeso a una maggioranza risicata di tre voti alla Camera. La scelta di non fare nulla ha portato a una caduta complessiva del reddito nazionale del 6,5 per cento e del reddito pro-capite di più del 7 per cento. Ma ha anche evitato un ulteriore deterioramento del deficit pubblico. Soprattutto, però, il governo non ha realizzato nessuna riforma strutturale benché disponesse di una larga maggioranza in Parlamento. E così l’Italia ha perso altri trenta mesi senza il varo di provvedimenti indispensabili per riprendere a crescere.

 

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