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La scelta di Confindustria

Sotto la presidenza D’Amato, la Confindustria ha seguito una politica volta a ridimensionare spazio e ruolo delle relazioni sindacali e a derubricare il metodo della concertazione, ritenuto troppo macchinoso nel nuovo contesto competitivo. Questa strategia, in parte rivista nell’ultima fase, ha però prodotto un forte inasprimento della conflittualità e risultati incerti. Emblematica la vicenda dell’articolo 18. Per il nuovo gruppo dirigente si pone quindi un problema di generale ridefinizione della strategia di relazioni industriali.

Il tallone di Luca

La questione organizzativa è il primo problema per il nuovo presidente di Confindustria. Significa affrontare questioni di democrazia interna di lungo e breve periodo. Dal rapporto tra grande e piccola industria a quello tra associazioni territoriali e categoriali, al federalismo associativo. Ma anche risolvere il dilemma se essere un’azienda che offre servizi o una associazione di rappresentanza. Se non lo farà, riaffioreranno le divisioni che per il momento è riuscito a ricucire.

Metti un Montezemolo nel motore

Dopo la gestione D’Amato, con il suo magro bilancio, sarà facile per la nuova presidenza riportare Confindustria su posizioni di maggiore indipendenza dal Governo. Sarà più difficile ricostruire le ragioni che giustificano l’esistenza stessa dell’organizzazione. Abbandonata l’originaria vocazione industrialista, ha ampliato tropo i suoi confini, fino a rendere inefficace la sua azione. Gli interessi imprenditoriali finiranno perciò con il riorganizzarsi al di fuori del suo ambito. A meno che Montezemolo non riesca a ridarle lo smalto perduto

Una legge per il made in Italy

La Finanziaria prevede una serie di misure destinate a sviluppare il mercato di Borsa anche per le società di piccola e media capitalizzazione. Continua a mancare, però, un progetto complessivo dedicato alle Pmi non quotate, che sono poi quelle specializzate nella produzione del “made in Italy”. Un’attenzione che invece ritroviamo nella proposta di legge dei Ds. Ma se è condivisibile la scelta di puntare ancora sugli incentivi fiscali, più dubbi suscita il meccanismo di reperimento delle risorse necessarie.

La statistica nel paese di Trilussa

Cresce l’attenzione alla qualità e completezza dell’informazione statistica. E l’Istat, pur con scarso personale e mezzi, riesce a sostenere il confronto almeno con gli istituti europei. Ma per ottenere una più ampia e rapida base di produzione e diffusione di statistiche ufficiali è necessario coinvolgere maggiormente il mondo accademico e della ricerca pubblica e privata. È quindi opportuno varare un piano di sviluppo che definisca la cornice normativa e finanziaria in cui dovranno operare i diversi soggetti.

La sanzione intelligente

I crimini commessi da organizzazioni richiedono il coinvolgimento di più persone. È un elemento di debolezza che può essere sfruttato per perseguire i comportamenti illeciti. Come insegna l’esperienza delle autorità antitrust, gli sconti nelle sanzioni o i premi per chi denuncia l’attività illegale non devono sostituirsi alle indagini. Si rivelano infatti incentivi più efficaci se l’inchiesta è già avviata. Ed è cruciale sviluppare la capacità di verifica sulle rivelazioni. Indispensabile, poi, una cultura della legalità, per affiancare alla sanzione della legge quella sociale. Riproponiamo per i lettori de lavoce anche gli interventi di Vincenzo Ferrante, Vincenzo Perrone e Luigi Zingales sull’opportunità di premiare chi denuncia illeciti.

Separati in banca

I problemi posti dall’intreccio tra istituti di credito e imprese riguardano essenzialmente la possibilità di un eccessivo trasferimento del rischio finanziario sugli investitori. Ma le misure di riforma fin qui ipotizzate non sembrano cogliere appieno l’essenza del problema, mentre introducono distorsioni alle scelte del mercato. Andrebbe invece rafforzata la concorrenza nel settore del credito, migliorata la trasparenza sulle attività di finanziamento e introdotto il divieto di vendita al pubblico per un determinato periodo di tempo di titoli collocati a investitori professionali.

Il denunciante civico

Il capitalismo famigliare e capitale sociale all’italiana rende ancora più necessario avere premi per chi denuncia illeciti contabili o falsificazioni di bilanci delle imprese, specie se quotate in Borsa. Ma chi dovrebbe accollarsi il costo dei premi? E non sarebbe forse più opportuno far leva sull’antagonismo fra l’interesse della proprietà di un’azienda e quello dei finanziatori e dei lavoratori? Vincenzo Ferrante e Vincenzo Perrone intervengono sulla proposta di Luigi Zingales di offrire compensi ai cosiddetti whistleblowers.

L’unica ricetta è crescere

Il modello di relazioni industriali varato nel 1992-93 è ancora adeguato. Se in Italia esiste oggi un problema di salari e di occupazione è perché il paese non cresce più. Un aumento simultaneo di retribuzioni e occupati si può avere solo con una rapida crescita della produttività totale dei fattori. Da favorire attraverso un ammodernamento della dotazione di capitale fisico che incorpora le innovazioni tecnologiche. Come dimostra l’evidenza empirica su Stati Uniti ed Europa.

Esorcismi tramite circolare

Da tempo sono state segnalate le incongruenze e le ambiguità delle nuove norme sulle collaborazioni coordinate e continuative. Ora, la circolare ministeriale riduce il cuore del provvedimento a una semplice presunzione di rapporto di lavoro subordinato, superabile con prova contraria. Mentre restano le contraddizioni, una riforma annunciata come radicale evapora in modo sostanziale alla prova dei fatti. Segno che qualcosa non va nella capacità del legislatore di calibrare obiettivi, strumenti e tecniche dei suoi interventi.

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