La diminuzione dell’offerta di lavoro e della disoccupazione evidenziata dai dati sulle tendenze del mercato del lavoro è pressoché tutta dovuta al calo del tasso di attività, in particolare delle donne e in particolare nel Mezzogiorno. Continua così a indebolirsi il fattore che dal 1998 aveva maggiormente contribuito all’innalzamento del tasso di occupazione. In generale, aumenta di poco e con differenze territoriali l’occupazione maschile a tempo pieno e indeterminato. L’occupazione femminile, là dove non diminuisce, rimane più facilmente in contratti temporanei o a tempo parziale.
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La responsabilità sociale d’impresa non è la bacchetta magica che spengerà tutti i conflitti. Né può aspirare a prendere il posto, almeno nellimmediato, delle tecniche tradizionali di regolazione. Ma sarebbe un grave errore sottovalutarne il potenziale innovativo. E’ un segnale positivo lanciato da un capitalismo capace di farsi “riflessivo”. Ed è importante che si sia tornati a predicare una convivenza pacifica e fruttuosa di tutti gli stakeholder, alla ricerca di un’equità sociale economicamente sostenibile.
La dottrina sociale della Chiesa non interessa solo i credenti, ma offre una visione d’insieme dei problemi che rinvia a una dimensione fondativa di carattere teologico e antropologico-etico. I suoi cardini possono essere identificati nei principi della dignità della persona e della destinazione universale dei beni. Il “diritto del lavoro” non è riducibile al diritto della concorrenza e nemmeno al “diritto sociale”: è il diritto che tutela la dignità delle persone che lavorano, e solo in quanto tale promuove la giustizia sociale e l’eguaglianza nel mondo del lavoro.
La dottrina della responsabilità sociale d’impresa ha pro e contro. Sicuramente non vanno ostacolate le iniziative che il mercato produce spontaneamente. Ma i fautori di un intervento legislativo che ne favorisca l’adozione devono porsi due domande: è vero che le attività imprenditoriali coerenti con la Rsi e generate spontaneamente dalle aziende sono socialmente insufficienti? Ed è vero che i benefici sociali legati allaumento di queste attività superano i costi? Qualche dubbio anche sull’efficacia di norme nazionali in un’economia globalizzata.
La riforma dello stato giuridico dei docenti universitari, con l’introduzione di contratti a tempo determinato, farà crescere la presenza delle donne nelle università. Ma continuerà a escluderle dal sistema di produzione della conoscenza. Si rafforzerà infatti il doppio binario professionale: una base flessibile e prevalentemente femminile di ricercatori, disposta ad accettare basse retribuzioni e scarse possibilità di carriera. E un vertice, prevalentemente maschile e spesso formatosi all’estero, in grado di accedere alle reti e ai fondi di ricerca internazionali.
E’ un “public use file” e mette a disposizione dei ricercatori la gran mole di informazioni raccolte dalla rete dei Centri per l’impiego del Veneto a partire da metà Anni Novanta. Nel rispetto del codice di deontologia per il trattamento di dati personali per scopi scientifici, permette un uso intenso e differenziato della base di dati, assecondando la pluralità di esigenze e di linee conoscitive. Se altri osservatori regionali sul mercato del lavoro seguiranno questo esempio, sarà poi possibile studiare e comparare diverse realtà locali.
Un anno fa è entrata in vigore in Germania una mini-riforma in materia di licenziamento, nell’ambito di un pacchetto di misure legislative che per altro verso presentano notevolissime analogie con quelle recate in Italia dalla cosiddetta legge Biagi. Una riforma dello stesso segno di quella voluta dal nostro Governo di centrodestra, ma per alcuni aspetti più incisiva, lì è varata da un esecutivo socialdemocratico. I dati disponibili mostrano, peraltro, come la nuova legge tedesca si innesti in un sistema complessivamente meno rigido rispetto a quelli dell’Europa meridionale e a quello italiano in particolare.
In tutta Europa si fa molta retorica sui regimi di protezione del lavoro, ma la questione della loro organizzazione è poco discussa. La necessità di incentivare il disoccupato a cercare una nuova attività, la possibilità di rinegoziare le retribuzioni ex post, i vincoli di liquidità sull’impresa, modificano il tasso contributivo di equilibrio e il livello ottimale di protezione dell’impiego, ma non la validità del principio generale secondo cui l’impresa deve internalizzare i costi sociali della disoccupazione. Così, il costo complessivo del licenziamento per l’azienda dovrebbe sostituire il controllo giudiziale o amministrativo.
Secondo un’indagine sono le “small caps” quotate e le Pmi ad aver risentito maggiormente del clima di sfiducia creatosi dopo gli scandali finanziari degli ultimi due anni. Per esempio perché si sono allungati i tempi per ottenere finanziamenti dalle banche. Per la maggior parte delle aziende sono aumentati i controlli di Bankitalia e Consob, ma soltanto la metà degli intervistati li ritiene efficaci. E solo il 37 per cento considera possibile entro il 2005 la riapertura del segmento retail del mercato dei corporate bond.
In Italia difficile da sempre, la transizione scuolalavoro ha oggi aspetti nuovi. Con i cambiamenti demografici e della struttura produttiva, più che l’ingresso nel mondo del lavoro, sono problematici i percorsi di valorizzazione e stabilizzazione. Anche perché mancano gli incentivi ad hoc. Gli effetti della nuova regolazione del mercato del lavoro sono per il momento marginali. E la difficoltà di adattamento dellofferta alla domanda sembra quasi “scontata” in anticipo, al momento della scelta del percorso di studio.