I dati mensili sull’occupazione sono soggetti a continue revisioni. Solo variazioni congiunturali superiori a circa 30mila unità si mantengono stabili nel tempo. Al di sotto della soglia, occorre essere cauti nel trarre conclusioni su aumenti o diminuzioni degli occupati. I primi due mesi del 2016.
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Un’indagine Ocse permette di delineare un quadro della qualità del lavoro nei vari paesi. L’Italia è vicina alla media nelle remunerazioni, debole nelle condizioni dell’ambiente lavorativo e agli ultimi posti per la protezione nel mercato del lavoro. Miglioramenti possibili.
C’è stata molta fretta nell’archiviare la Garanzia giovani. Dettata più da un approccio emotivo che da una cultura del monitoraggio e della valutazione. Il bilancio del primo biennio del programma e l’opportunità di un cambiamento di prospettiva. Mentre il numero delle adesioni supera il milione.
Alla fine del 2015 si è registrato un aumento significativo dell’occupazione dipendente a tempo indeterminato. Nuovi incentivi potranno solo affinare gli strumenti di politica attiva e passiva del lavoro. Ma sarà inutile aspettarsi risultati immediati o cercarne le tracce nei dati di breve periodo.
La disoccupazione giovanile è un problema di tutta Europa. In Italia si assesta tra il 40 e il 50 per cento. Su quali servizi investire per aiutare i giovani a trovare lavoro? Vantaggi e svantaggi di programmi di accompagnamento, formazione, incentivi occupazionali e posti finanziati dallo Stato.
La presenza di donne in posizioni di vertice contribuisce a ridurre il pregiudizio di genere in modo diretto e indiretto. Mentre le politiche di pari opportunità dovrebbero intervenire sui differenziali retributivi, ma anche sulle modalità di organizzazione del lavoro. I risultati di uno studio.
Nel 2015 l’occupazione in Italia è cresciuta. Soprattutto sono aumentate le posizioni a tempo indeterminato. Merito anche della decontribuzione. Per il 2016 logico attendersi un consolidamento del livello raggiunto. Ma cosa succederà quando gli incentivi termineranno? Quattro possibili scenari.
Uno degli obiettivi del governo era ridurre la precarietà. E i dati dell’Inps ci dicono che nel 2015 è in effetti diminuita. In ogni caso, un aumento dell’occupazione dello 0,5 per cento con una crescita economica dello 0,7 non è da buttare. Perché il male italiano resta sempre la ripresa debole.
Col Jobs act i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti in modo netto, senza però un analogo aumento dei posti di lavoro. Questo dovrebbe comportare benefici su produttività e crescita. L’incognita è il comportamento dei datori di lavoro alla scadenza dei tre anni di decontribuzione.
Si estendono ai dipendenti pubblici gli effetti della riforma Fornero sull’articolo 18. Allora non resta che adottare una legge che modifichi il testo unico sul pubblico impiego. La questione si ripropone per le previsioni del Jobs act. Eventuali norme ad hoc e legittimità costituzionale.